Roma – La presentazione del Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia, importante strumento pubblicato dal Ministero dell’Interno, mentre sottolinea un cammino crescente in Italia verso la strutturazione territoriale del sistema asilo, privilegiando un’accoglienza diffusa, non trascura di individuare problemi.
Alla luce del Rapporto ministeriale e delle indicazioni della Commissione europea sull’immigrazione, come Fondazione Migrantes esprimiamo forti perplessità sul funzionamento degli Hotspots (Centri di prima accoglienza ai porti di arrivo), che dovrebbero essere aperti sperimentalmente solo in Italia e Grecia. Gli Hotspots sarebbero “semplicemente” dei centri di prima accoglienza allo sbarco, dove accanto alla polizia italiana lavorerebbero anche funzionari dell’Unione Europea di Frontex, di Easo.
Si può uscire dagli Hotspots con quattro esiti:
– essere di una delle quattro nazionalità ricollocabili (siriani, eritrei iracheni e persone della Repubblica Centrafricana);
– essere di una nazionalità diversa, ma dare le impronte digitali e fare domanda d’asilo e finire poi in un HUB regionale e di seguito o in un CAS o in uno SPRAR;
– non voler dare le impronte digitali e, quindi, essere espulsi o collocati in un CIE (che ritornerebbero, purtroppo, ad avere un ruolo significativo, quando il desiderio comune era di arrivare alla loro chiusura);
– essere di nazionalità di uno dei Paesi che per l’Unione Europea è considerato sicuro e quindi ottenere un foglio di rimpatrio (la lista dei Paesi sicuri verrà approvata a breve e anche l’Italia dovrà seguirla).
Il nuovo sistema creerebbe, anzitutto, rifugiati di serie A ricollocabili in 26 paesi dell’Unione Europea, mentre in Italia e in Grecia rimarrebbero quelli di serie B non ricollocabili, che sono anche le nazionalità con un tasso di riconoscimento più basso. Di conseguenza, aumenterebbe il numero di coloro che rimarrebbero in Italia senza un documento di soggiorno.
In secondo luogo, in questo processo non sembra si abbia alcuna considerazione per le relazioni e i familiari dei potenziali richiedenti asilo ricollocati in altri Paesi europei.
In altre parole, gli Hotspots diventerebbero il luogo di sommarie pre-commissioni territoriali. In questo modo si minerebbe il diritto d’asilo, per non parlare delle forti perplessità sulla legalità dei respingimenti che avverrebbe al loro interno.
Le gravi perplessità che avevamo come Fondazione Migrantes sul funzionamento e la legalità delle procedure all’interno degli Hotspots si sono rafforzate dopo la visita, nei giorni scorsi, di operatori della Fondazione Migrantes a Siracusa.
Oltre a Lampedusa, l’Hotspot è già in funzione anche a Pozzallo. Il sindaco di Pozzallo ha dichiarato, infatti, che ci sono state negli ultimi giorni persone uscite dal Centro con fogli di via entro sette giorni, persone appena sbarcate che sono state fatte uscire in ciabatte e senza cambi di abito, dopo 30 ore di permanenza all’interno dell’Hotspot. Il sindaco, inoltre, si chiedeva, e con lui anche la Fondazione Migrantes, come sia possibile che in un colloquio di pochi minuti si possa decidere:
– chi sia un richiedente asilo che abbia diritto al ricollocamento;
– chi sia un potenziale richiedente asilo per l’Italia e a chi dare un foglio di via entro sette giorni, considerato che ovviamente le persone che lo ottengono non hanno risorse economiche e sono appena scampate alla traversata. Come è immaginabile che alcune persone, entro sette giorni, possano da sole tornare da dove sono scappate?
Come Fondazione Migrantes esprimiamo anche grande preoccupazione rispetto alla pratica inaffidabile, da lungo tempo criticata, e che dovrebbe essere definitivamente archiviata, di stabilire la maggiore età di minori stranieri non accompagnati attraverso l’esame dei raggi X del polso. Sempre a Siracusa, l’associazione “Accoglierete” ha condiviso con la Fondazione Migrantes la preoccupazione che sempre più spesso chi si dichiara minore straniero non accompagnato e viene messo nei centri di prima accoglienza per minori, prima di avere un tutore, a gruppi, viene accompagnato in Ospedale per essere sottoposto all’esame dei raggi X e dichiarato maggiorenne.
Alla luce del Rapporto ministeriale e delle indicazioni della Commissione europea sull’immigrazione, come Fondazione Migrantes esprimiamo forti perplessità sul funzionamento degli Hotspots (Centri di prima accoglienza ai porti di arrivo), che dovrebbero essere aperti sperimentalmente solo in Italia e Grecia. Gli Hotspots sarebbero “semplicemente” dei centri di prima accoglienza allo sbarco, dove accanto alla polizia italiana lavorerebbero anche funzionari dell’Unione Europea di Frontex, di Easo.
Si può uscire dagli Hotspots con quattro esiti:
– essere di una delle quattro nazionalità ricollocabili (siriani, eritrei iracheni e persone della Repubblica Centrafricana);
– essere di una nazionalità diversa, ma dare le impronte digitali e fare domanda d’asilo e finire poi in un HUB regionale e di seguito o in un CAS o in uno SPRAR;
– non voler dare le impronte digitali e, quindi, essere espulsi o collocati in un CIE (che ritornerebbero, purtroppo, ad avere un ruolo significativo, quando il desiderio comune era di arrivare alla loro chiusura);
– essere di nazionalità di uno dei Paesi che per l’Unione Europea è considerato sicuro e quindi ottenere un foglio di rimpatrio (la lista dei Paesi sicuri verrà approvata a breve e anche l’Italia dovrà seguirla).
Il nuovo sistema creerebbe, anzitutto, rifugiati di serie A ricollocabili in 26 paesi dell’Unione Europea, mentre in Italia e in Grecia rimarrebbero quelli di serie B non ricollocabili, che sono anche le nazionalità con un tasso di riconoscimento più basso. Di conseguenza, aumenterebbe il numero di coloro che rimarrebbero in Italia senza un documento di soggiorno.
In secondo luogo, in questo processo non sembra si abbia alcuna considerazione per le relazioni e i familiari dei potenziali richiedenti asilo ricollocati in altri Paesi europei.
In altre parole, gli Hotspots diventerebbero il luogo di sommarie pre-commissioni territoriali. In questo modo si minerebbe il diritto d’asilo, per non parlare delle forti perplessità sulla legalità dei respingimenti che avverrebbe al loro interno.
Le gravi perplessità che avevamo come Fondazione Migrantes sul funzionamento e la legalità delle procedure all’interno degli Hotspots si sono rafforzate dopo la visita, nei giorni scorsi, di operatori della Fondazione Migrantes a Siracusa.
Oltre a Lampedusa, l’Hotspot è già in funzione anche a Pozzallo. Il sindaco di Pozzallo ha dichiarato, infatti, che ci sono state negli ultimi giorni persone uscite dal Centro con fogli di via entro sette giorni, persone appena sbarcate che sono state fatte uscire in ciabatte e senza cambi di abito, dopo 30 ore di permanenza all’interno dell’Hotspot. Il sindaco, inoltre, si chiedeva, e con lui anche la Fondazione Migrantes, come sia possibile che in un colloquio di pochi minuti si possa decidere:
– chi sia un richiedente asilo che abbia diritto al ricollocamento;
– chi sia un potenziale richiedente asilo per l’Italia e a chi dare un foglio di via entro sette giorni, considerato che ovviamente le persone che lo ottengono non hanno risorse economiche e sono appena scampate alla traversata. Come è immaginabile che alcune persone, entro sette giorni, possano da sole tornare da dove sono scappate?
Come Fondazione Migrantes esprimiamo anche grande preoccupazione rispetto alla pratica inaffidabile, da lungo tempo criticata, e che dovrebbe essere definitivamente archiviata, di stabilire la maggiore età di minori stranieri non accompagnati attraverso l’esame dei raggi X del polso. Sempre a Siracusa, l’associazione “Accoglierete” ha condiviso con la Fondazione Migrantes la preoccupazione che sempre più spesso chi si dichiara minore straniero non accompagnato e viene messo nei centri di prima accoglienza per minori, prima di avere un tutore, a gruppi, viene accompagnato in Ospedale per essere sottoposto all’esame dei raggi X e dichiarato maggiorenne.