Mosul – «Abbiamo bisogno di un piano d’emergenza. Ed è di questo che discuteremo durante il sinodo». È quanto ha monsignor Saad Syroub. Il vescovo ausiliare caldeo era appena giunto ad Erbil per partecipare all’annuale assise della Chiesa caldea, iniziato ieri nonostante l’avanzata dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis).
«L’attacco dell’Isis si tradurrà nella partenza di altri cristiani – ha dichiarato il presule – già in tanti hanno lasciato l’Iraq». Monsignor Syroub ha riferito che negli ultimi anni Bagdad ha perso oltre il 75% dei propri cristiani «e con la paura dell’ingresso dei miliziani in città, nelle scorse domeniche il numero dei fedeli a messa è ulteriormente diminuito». L’esodo non è ovviamente limitato alla sola capitale: se nel censimento del 1987, la minoranza cristiana contava circa un milione e 400mila fedeli, le stime odierne non superano le 300mila persone. Un numero che l’arrivo dei jihadisti ridurrà ulteriormente». Alcune fonti locali riferiscono all’Associazione Chiesa che Soffre di un doloroso sfogo di Bashar Matti Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, nel Kurdistan iracheno. «Per la prima volta in 1600 anni – avrebbe detto il presule – il 15 giugno a Mosul non è stata celebrata la messa domenicale.
Quasi l’intera comunità cristiana ha lasciato la seconda città dell’Iraq in seguito all’attacco dei miliziani dell’Isis. Nella notte tra il 9 e il 10 giugno oltre 500mila abitanti hanno cercato rifugio nella vicina piana delle Ninive, dove la Chiesa locale ha assistito prontamente i profughi, trovando loro alloggio nelle scuole e nelle case abbandonate. Stando a quanto dichiarato ad ACS dall’arcivescovo caldeo di Mosul, monsignor Emil Shimoun Nona, le famiglie di rifugiati nell’area sarebbero almeno mille.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha voluto sostenere l’opera dell’arcidiocesi caldea di Mosul in favore dei rifugiati con un contributo di 100mila euro. «Siamo molto vicini alla Chiesa irachena – ha affermato la responsabile internazionale della sezione progetti di ACS, Regina Lynch – della quale condividiamo le sofferenze e le preoccupazioni dal 1983». Tale aiuto permetterà di fornire viveri, medicine e beni di prima necessità. «Ora più che mai – continua la Lynch – i cristiani di questo paese hanno bisogno di sentire che il resto del mondo non li ha abbandonati e che li ricorda nelle preghiere e li sostiene. È questo il messaggio che il nostro aiuto porta con sé». Negli ultimi cinque anni la fondazione pontificia ha donato alla Chiesa irachena circa 2,4 milioni di euro.
«Ringrazio dal profondo del cuore i benefattori di ACS e quanti ci aiuteranno – ha detto monsignor Syroub – ogni sforzo contribuirà a salvare il nostro popolo dalla miseria».