Roma – In Italia i complessi circensi sono 140 mentre i Luna Park, tra mobili e fissi sono oltre 300. Il dato è stato fornito ieri pomeriggio da mons. Piergiorgio Saviola, già direttore generale Migrantes, intervenuto al corso di formazione per operatori Migrantes in corso a Roma. Parlando sul tema “ I circensi e i lunaparkisti, cittadini e cristiani di seconda categoria?” ha sottolineato che tutti i componenti il mondo del circo e del luna park, esattamente come i sedentari, sono, “a tutti gli effetti veri e propri cittadini e godono degli stessi diritti civili e politici stabiliti dalla Costituzione e dalle leggi”. Anche se poi incontrano, nel loro cammino, diversi problemi che creano difficoltà. Tra queste la difficoltà a reperire aree per la sosta inverale, quando in moti casi, si registrano momenti di inattività o la delocalizzazone delle aree per esercitare il proprio mestiere. Spesso, infatti, il divertimento popolare viene spostato dai centi abitati – ha sttolineato mons. Saviola – ad aree estremamente periferiche “snaturamdo il millenario carattere di feste di piazza di tali attività e scoraggiando l’afflusso del pubblico”.
La Chiesa prevede – ha aggiunto mons. Saviola – una pastorale specifica per gli artisti di strada e “si mostra interessata alla loro presenza nella comunità cristiana, alle loro esigenze, alla loro particolare cultura, tanto che, anche loro sono componenti della pastorale nazionale della Migrantes, incaricati regionali, incaricati diocesani, volontari laici, suore, dediti al loro cammino di fedeli a pieno titolo”. Il servizio pastorale è, di norma, affidato alla Chiesa locale “visitata” dall’attività del Circo e del Luna Park e degli artisti di strada in genere. Di fronte al fenomeno della “mobilità” umana, è chiesto alle Chiese locali di “attrezzarsi” per offrire un servizio pastorale alle famiglie e alle persone che “attraversano” il loro territorio attraverso la Migrantes con l’incaricato della pastorale specifico per i Circhi e Luna Park. Occorre “far crescere e far vivere la Chiesa in questa realtà ‘mobile’ che non ha la possibilità di contatti vitali con le nostre comunità ‘ferme’”; formare in particolare gli artisti ad essere “loro stessi evangelizzatori della loro gente, protagonisti della pastorale nel loro ambiente: la famiglia da oggetto a soggetto di pastorale”. (R.Iaria)