Augusta – Penso ad un viaggio, in cui si possono conoscere nuovi luoghi, incontrare nuove persone e affacciarsi ad altre culture distanti dalla nostra; il mio pensiero corre verso orizzonti sconfinati, spazi infiniti, avventure da raccontare. Vediamo… dove potrei andare? in Asia? in America? o forse in Africa? Mi guardo intorno e mi accorgo che è da mesi, ormai, che vedo girare per le vie di Augusta volti nuovi, visi sconosciuti, occhi tristi, ma a volte anche brillanti; tanti colori, alcuni portano il colore della sabbia, altri quello della terra, molti i “segni” del mare. Chiedo in giro se qualcuno li conosce, ma sembra che nessuno sappia “chi siano”, mi sanno dire solo che il loro numero cresce di giorno in giorno e che prima o poi occuperanno tutti gli spazi della nostra città. Forse ho trovato la meta del mio viaggio e senza preparare molto, armato di spirito di buona volontà e con tanta voglia di vivere questo viaggio, mi metto in cammino. Giunto a destinazione, mi sento molti occhi puntati addosso, sono tutti insospettiti da questa nuova presenza, un “bianco” che si avvicina spesso fa paura. Ma uno ad uno cominciano a spuntare e ad avvicinarsi, mi presento per rompere il ghiaccio e chiedo di cosa abbiano bisogno, cosa vogliano fare, li sento confabulare tra di loro e ad un tratto uno dei tanti in inglese dice che avrebbero piacere di imparare l’italiano. Si siedono tutti intorno e di lì a poco divento il loro “teacher” e sono sommerso da mille domande, talmente tante che non riesco a rispondere a tutti, qualcuno le fa in inglese, altri in francese, pochi in arabo. Il mio viaggio prende forma, comincia a delinearsi. Torno da loro nei giorni successivi, quegli occhi e quei volti adesso si chiamano Iakuba, Peter, Paul, Ibrahim, Simon e ognuno di loro ora si racconta. Mi parlano della loro terra, della loro famiglia, della povertà, della guerra, del loro essere piccoli ma grandi; si, perché in Africa a 13 anni già devi lavorare, a 18 dovresti già sposarti e mettere su famiglia Uno di loro mi dice: “noi non siamo poveri, l’Africa è uno dei continenti più ricchi, ma non viene valorizzato, perché i potenti ci vogliono solo sfruttare”. Dopo tre settimane, loro sono ormai i miei amici, non hanno parole per ringraziarmi per quello che ho fatto per loro, per avergli insegnato qualche parola di italiano, per aver ballato e cantato con loro, per averli fatti aprire, per averli fatti sentire al sicuro. Si avvicina Lamin e mi dice: “teacher oggi non riesco a parlarti perché sono troppo felice”. Mi godo la bellezza di questo viaggio, l’aver incontrato persone molto vicine a me, ma che pensavo distanti, averlo compiuto a casa mia, nella mia città, essermi riempito di belle esperienze fatte con persone speciali, non aver fatto tanti chilometri, ma aver vissuto ogni singolo passo con loro ed essere accompagnato da loro nelle loro terre, tra le loro famiglie e tra le loro abitudini. Un altro giorno volge a termine, saluto Paul dandogli appuntamento al giorno successivo, ma tra le lacrime mi dà la notizia che non ci rivedremo più, perché l’indomani sarà trasferito in un altro centro; con un abbraccio il nostro viaggio si divide, prende due strade diverse, lui spera di incontrare altre persone come me, io prego per lui, per il suo futuro e cerco di condividere questo breve ma intenso viaggio con altre persone, affinchè ognuno conosca l’Africa che c’è fuori la nostra porta. Ringrazio i ragazzi scout di San Giuseppe Innografo e tutti gli operatori che hanno compiuto questo viaggio insieme a me, lasciandosi trasportare dalla voglia di scoprire, di conoscere e di amare coloro che ci stanno accanto. Buona Strada…(Giovanni Purgino – Gruppo Agesci “Augusta 3”)