Washington – La crisi non ferma la crescita delle rimesse degli immigrati, che si confermano un elemento cruciale dell’economia globale. Secondo i dati diffusi dalla Banca mondiale, nel 2014 i soldi inviati in patria dai lavoratori residenti all’ estero saliranno a 581 miliardi di dollari. Nel 2016, inoltre, questo totale dovrebbe toccare i 681 miliardi di dollari con una crescita del 25 per cento sul 2013. La parte più consistente di un tale flusso di denaro – dice la Banca mondiale – è diretta soprattutto verso i Paesi in via di sviluppo, che quest’anno vedranno un aumento delle rimesse del 7,8 per cento, toccando quota 436 miliardi. Una somma che – sottolinea l’istituto di Washington – supera di gran lunga il totale degli aiuti allo sviluppo stanziati da Paesi e istituzioni internazionali, e che inoltre rappresenta un flusso di capitale ben più stabile rispetto agli investimenti esteri. In molti Paesi le rimesse di chi vive all’estero rappresentano una percentuale consistente rispetto alla quota di ricavi dell’export di beni e servizi: in Nepal, ad esempio, il dato è quasi il doppio, mentre nelle Filippine copre il 38 per cento. I Paesi che beneficiano maggiormente delle rimesse degli immigrati sono l’India (settanta miliardi nel 2013) e la Cina (sessanta miliardi), seguite dalle Filippine (25 miliardi). In rapporto al pil (prodotto interno lordo) l’apporto delle rimesse è più forte in Tadjikistan (52 per cento), in Kyrgyzstan (31), Nepal e Moldavia (25 per cento). La Banca Mondiale pone anche l’accento sulle riserve di capitale che gli immigrati mantengono nei Paesi in cui si trovano. Si tratta di fondi pari a circa 500 miliardi di risparmi che rappresentano “una risorsa alla quale i Paesi in via di sviluppo potrebbero attingere”, come testimonia l’idea della Nigeria di emettere obbligazioni mirate ai propri cittadini all’estero. A incidere negativamente sulle rimesse è invece il fenomeno dei rimpatri forzati. Come riporta la Banca mondiale, tra novembre 2013 e marzo 2014, ad esempio, la sola Arabia Saudita avrebbe costretto al rimpatrio più di 370.000 lavoratori stranieri. E proprio queste politiche – ha aggiunto l’organizzazione internazionale – hanno comportato un brusco calo delle rimesse rispettivamente verso Egitto e Messico. Le conseguenze a livello regionale di questi fenomeni emergono dall’ analisi dei dati 2013: la regione mediorientale – nordafricana è l’unica a segnare una contrazione del due per cento, mentre la crescita in America Latina – Caraibi si attesta solo all’1,9 per cento. (Osservatore Romano)