Siena: complementari e numerose le voci al convegno Migrantes

Siena – “Nel mondo globale l’Italia è il terzo paese europeo per flusso di immigrati e mai come in questo momento le lingue sono entrate in contatto”. Lo ha detto intervenendo al convegno promosso a Siena dalla Migrantes Toscana, Centro Internazionale Studenti e Università per Stranieri di Siena, Massimo Vedovelli, linguista e rettore emerito dell’ateneo. “Con l’altro, inizialmente ‘straniero’, si entra in contatto attraverso le lingue: nel mondo globale non possiamo rispondere annullando la diversità; la lingua inglese è certo utile, ma la capacità di relazione con ogni unicità – ha precisato – non può tralasciare la cura delle specifiche lingue corrispondenti a diverse identità. “La Carta di oggi si riferisce a Siena – ha affermato Vedovelli – perché la città assume caratteristiche emblematiche dell’intero panorama nazionale: non potremo forse guidare il problema dell’integrazione ma potremo provare ad orientarlo. Paradossalmente gli italiani solo sono al penultimo posto in Europa per conoscenza di lingue straniere, sono ultimi secondo l’OCSE per capacità di leggere, far di conto, stare al computer. E’ necessaria una svolta – ha sottolineato – per uno sviluppo culturale e linguistico dell’intera popolazione italiana. Finché il Paese dimenticherà questa attenzione alla prima formazione, così come tanti imprenditori continueranno a intendere queste persone come merci o come braccia, si continuerà a sbagliare e ad alimentare un processo fallimentare. Ma non c’è alternativa – ha concluso – ad una reale svolta rispetto alle logiche di integrazione”. Considerazioni rafforzare dal Rettore dell’Università per stranieri di Siena, Monica Barni, la quale ha puntualizzato come “lo Stato non sia ancora ipreparato per consentire una prima formazione ai migranti: in questo senso la lingua non è considerata quale dialogo, ma quale filtro per l’accesso; succede negli altri paesi europei ma particolarmente all’Italia. Se si parla di integrazione – ha affermato Barni – potere stabilire rapporti sociali richiede conoscenze linguistiche adeguate, per una società che deve creare opportunità per istruirsi.
Molto intenso sul piano normativo l’intervento di Ugo De Siervo, presidente Emerito della Corto Costituzionale, il quale ha tenuto innanzitutto a chiarire come “non si neghi che l’immigrazione sia accompagnata talvolta da degrado sociale”, ma anche come non si possa dimenticare che secondo la nostra Costituzione sia dovere della Repubblica rimuovere ostacoli che impediscano un’integrazione umana e civile. “Dinanzi alle condizioni vergognose di abbandono di molti immigrati – ha affermato De Siervo – occorre rimediare subito, mentre a prescindere dal colore politico sono molteplici le mancanze di amministrazioni nazionali e locali non riesco a dimenticare l’insonne attivismo di Giorgio La Pira a Firenze nei confronti di quella che lui chiamava “povera gente”. Sull’esempio di La Pira, che si inventò come amministratore pressando furiosamente il sistema politico nazionale, siamo altrettanto chiamati a denunciare l’inadeguatezza della normativa e le sue evidenti carenze”. Una via da esprimere quotidianamente, in particolare negli ambienti di richiamo educativo e pedagogico: “l’intercultura è autentica emergenza” ha affermato Giuseppe Milan, pedagogista all’Università di Padova. “Allude chiaramente ad un processo in atto, complesso e difficile: l’intercultura chiama in causa un paradigma antropologico per molti versi nuovo e che stenta molto a farsi strada nella nostra cultura e, in linea di massima, nella concezione dell’essere umano: è il paradigma dialogico che vede l’essere umano come persona relazionale, come identità interculturale” ha affermato. Citando il “Libro Bianco sul dialogo interculturale”, lanciato a Strasburgo il 7 maggio 2008 dai Ministri degli Affari Esteri del Consiglio d’Europa, ed “il Libro Verde-Migrazione e mobilità: le sfide e le opportunità per i sistemi d’istruzione europei”, presentato a Bruxelles il 3 luglio 2008, Milan ha espresso alcune linee interpretative rispetto all’analisi della migrazione e delle sue conseguenze, alle strategie culturali e pedagogico-didattiche da attuare negli ambiti scolastici. 
In particolare, ha sottolineato Milan, “La via italiana per la scuola interculturale individua quattro principi generali: l’ universalismo, la scuola comune, la centralità della persona in relazione e l’ intercultura”. Il primo si fonda sul rispetto dei principi esposti dalla Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia (ONU 1989), concependo l’istruzione come diritto di ogni bambino e gli adulti come vincolati al dovere di rispettare e tutelare l’istruzione scolastica, in un contesto in cui a tutti devono essere offerte pari opportunità. Il secondo principio generale, sulla scuola comune, evidenzia l’importante e specifica scelta del nostro Paese: “inserire gli alunni di cittadinanza non italiana nella scuola comune, all’interno delle normali classi scolastiche ed evitando la costruzione di luoghi di apprendimento separati”. Il terzo principio si fonda sul rispetto della persona umana, sul riconoscimento del suo carattere relazionale e della sua “unicità biografica e relazionale”; il quarto principio si fonda sulla necessità di promuovere “il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano”.