“Effata”, la piccola parola: il Papa ne ha ricordato “il significato storico, letterale”

Castel Galdolfo – La parola “effatà – apriti” riassume in sé “tutta la missione di Cristo” perché Gesù ci rende “capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri”. Lo ha detto, ieri mattina, Papa Benedetto XVI alla recita dell’Angelus da Castel Gandolfo. Non è mancato, poi, un pensiero al prossimo viaggio apostolico in Libano. “Al centro del Vangelo di oggi – ha sostenuto il Papa – c’è una piccola parola, molto importante. Una parola che – nel suo senso profondo – riassume tutto il messaggio e tutta l’opera di Cristo”. Commentando l’episodio del Vangelo di Marco in cui Gesù guarisce un sordomuto, pronunciando appunto la parola “effatà”, il Pontefice ha sottolineato “il significato storico, letterale di questa parola: quel sordomuto, grazie all’intervento di Gesù, ‘si aprì’; prima era chiuso, isolato, per lui era molto difficile comunicare; la guarigione fu per lui un’‘apertura’ agli altri e al mondo, un’apertura che, partendo dagli organi dell’udito e della parola, coinvolgeva tutta la sua persona e la sua vita: finalmente poteva comunicare e quindi relazionarsi in modo nuovo”. “Ma tutti sappiamo – ha proseguito il Papa – che la chiusura dell’uomo, il suo isolamento, non dipende solo dagli organi di senso. C’è una chiusura interiore, che riguarda il nucleo profondo della persona, quello che la Bibbia chiama il ‘cuore’. È questo che Gesù è venuto ad ‘aprire’, a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri”. Ecco perché, ha chiarito Benedetto XVI, “dicevo che questa piccola parola, ‘effatà – apriti’, riassume in sé tutta la missione di Cristo. Egli si è fatto uomo perché l’uomo, reso interiormente sordo e muto dal peccato, diventi capace di ascoltare la voce di Dio, la voce dell’Amore che parla al suo cuore, e così impari a parlare a sua volta il linguaggio dell’amore, a comunicare con Dio e con gli altri”. Per questo motivo “la parola e il gesto dell’‘effatà’ sono stati inseriti nel rito del battesimo, come uno dei segni che ne spiegano il significato: il sacerdote, toccando la bocca e le orecchie del neo-battezzato dice: ‘Effatà’, pregando che possa presto ascoltare la Parola di Dio e professare la fede. Mediante il Battesimo, la persona umana inizia, per così dire, a ‘respirare’ lo Spirito Santo, quello che Gesù aveva invocato dal Padre con quel profondo sospiro, per guarire il sordomuto”. Benedetto XVI poi ha ricordato il suo prossimo viaggio in Libano per firmare l’esortazione apostolica post-sinodale, frutto dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, svoltosi nell’ottobre 2010. “Avrò la felice occasione – ha detto – di incontrare il popolo libanese e le sue autorità, oltre ai cristiani di questo caro Paese e a quelli dei Paesi limitrofi”. “Io non ignoro la situazione spesso drammatica vissuta dalle popolazioni di questa regione da troppo tempo straziata da incessanti conflitti – ha continuato -. Comprendo l’angoscia di molti mediorientali quotidianamente immersi in sofferenze di ogni tipo che interessano purtroppo, a volte mortalmente, la loro vita personale e familiare. Il mio preoccupato pensiero va a coloro, che alla ricerca di un luogo di pace, abbandonano la loro vita familiare e professionale e sperimentano la precarietà degli esuli”. Anche “se sembra difficile trovare soluzioni ai vari problemi che toccano la regione”, per Benedetto XVI “non ci si può rassegnare alla violenza e all’esasperazione delle tensioni. L’impegno per il dialogo e la riconciliazione deve essere una priorità per tutte le parti coinvolte, e deve essere sostenuto dalla comunità internazionale, oggi sempre più cosciente dell’importanza per il mondo intero di una pace stabile e duratura in tutta la regione”. “Il mio viaggio apostolico in Libano, e per estensione a tutto il Medio Oriente, si pone sotto il segno della pace facendo riferimento alle parole di Cristo : “Vi do la mia pace”. Che Dio benedica il Libano e il Medio Oriente”, ha affermato.