Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo: il commento al Vangelo di oggi

Roma – Sono parole di dura condanna quelle che il Giudice rivolge ai dannati: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli”. Parlano di fuoco che distrugge. È il fuoco dell’Inferno. Il fuoco nella Bibbia indica realtà assai diverse: l’inferno, il giudizio divino, il purgatorio, ma anche Dio stesso; in molte religioni è simbolo della presenza di Dio. Anche nell’Antico Testamento si dice che “Dio è fuoco divorante”, si manifesta nel Roveto ardente, nella colonna di fuoco, nei bagliori del Sinai. Nel Vangelo il fuoco esprime il Regno di Dio, la sua presenza salvifica, introdotta da Gesù. “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso!”. Fuoco è anche il dono dello Spirito a Pentecoste.

 
Dio è il fuoco che illumina, fa risplendere i santi, purifica i giusti dai difetti, è tormento per i peccatori. Dio è paradiso ma anche purgatorio e inferno. Dio è giudizio e risurrezione; è purificazione perché completa la nostra conversione e ci rende degni di sé; è inferno perché chi lo rifiuta definitivamente rimane lacerato in se stesso; è paradiso perché chi lo accoglie totalmente trova la pienezza della vita e della gioia.
Dio è anche purgatorio (purificazione, non luogo) per i giusti che al termine della vita terrena non sono in piena sintonia con lui. Noi sottovalutiamo la gravità del peccato, ci adagiamo nella mediocrità. Il nostro pentimento è debole, la nostra conversione fragile. I Santi, invece, soffrono terribilmente anche per colpe che a noi sembrano trascurabili.
Il Santo Curato d’Ars afferma: “Non chiedete a Dio la conoscenza completa della vostra miseria. Io l’ho domandata una volta e l’ho ottenuta”. “Sono stato così spaventato nel conoscere la mia miseria che ho implorato immediatamente la grazia di dimenticarla”. La sofferenza del Purgatorio nasce dalla conoscenza della nostra difformità rispetto alla santità di Dio; è un dolore che nasce dall’amore per Dio. La sofferenza dell’inferno invece nasce dal rifiuto e dall’odio verso Dio e verso tutte le sue creature.
La Chiesa ha sempre coltivato con pietà la memoria dei defunti, offrendo per loro i suoi suffragi. Fa parte del Credo cristiano la fede nella comunione dei Santi, ossia il rapporto – spirituale, ma non per questo meno vero – fra quanti sono ancora pellegrini sulla terra, coloro che, già morti, si purificano dinanzi al Signore e quanti già godono della gloria del paradiso. Questo il senso autentico del nostro recarci nei cimiteri e dell’offerta di fiori, lumi e preghiere per i defunti.
Più che il dolore e la miseria, ci minaccia il pensiero e l’esperienza della morte. Sappiamo di morire. Anche Gesù non si è sottratto a questa consapevolezza, ma anche nella sua morte non vi è altro che l’amore di Dio. La beata Angela da Foligno sentì dirsi da Dio queste parole: “Guarda se trovi in me altro che amore”. L’amore spiega la morte perché le cambia il volto. Il Vangelo di oggi dice cosa bisogna fare in questa “ora” in vista dell’ultima. L’essere “alla destra” o “alla sinistra” del Re, la salvezza o la perdizione è nelle nostre mani; il giudizio di Dio nei nostri confronti dipende da quello che noi emettiamo nei confronti degli altri. In realtà, sembra dirci Gesù, siamo noi che lo giudichiamo, durante la vita, decidendo di accoglierlo o di ripudiarlo. È quello che Giovanni condensa in una parola: alla fine della vita saremo giudicati sull’amore.
Angelo Sceppacerca