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Richiesta di protezione in Italia, Tribunale Ancona, “Ai migranti risposte in 5 giorni”

19 Gennaio 2023 - Ancona - Questura e prefettura sono tenute a trovare soluzione per l’accoglienza in città entro 5 giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale e qualsiasi prassi dilatoria è da considerarsi illegittima. L’ordinanza, che segna un punto importante anche per il diritto d’asilo e il sistema dell’accoglienza italiano, è stata appena emessa dalla Prima Sezione civile del Tribunale di Ancona, dopo il ricorso promosso da un cittadino pachistano lo scorso 28 ottobre. L’uomo, 27 anni, dall’8 agosto stava cercando di ottenere il riconoscimento di richiedente protezione internazionale presso la questura del capoluogo, ma si è visto per mesi rinviare la formalizzazione, ogni volta con la stessa motivazione: la mancanza di posti di accoglienza nei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria gestiti dalla prefettura e negli analoghi progetti ex Sprar, oggi Sai, governati dal Comune. E così non ha potuto fare altro che dormire per strada o nei parchi urbani, cercando un pasto caldo alla mensa della Caritas. Ora, con l’ordinanza del Tribunale a favore, il suo destino potrà cambiare. La storia del giovane di 27 anni è emblematica perché comune a molti, in tutta Italia. «Ad Ancona, 100mila abitanti, sono almeno un centinaio le persone che negli scorsi mesi hanno provato a depositare richiesta di protezione ma si sono visti rimandati indietro con la motivazione che sul territorio non ci sono posti liberi per l’accoglienza. Pachistani, afghani, somali, egiziani, eritrei soprattutto, arrivati attraverso la rotta balcanica e spinti nel capoluogo dal passaparola secondo cui qui le procedure di accoglienza internazionale sarebbero state meno farraginose che altrove, per poi rimanere bloccati nel limbo. In questi mesi come più volte denunciato abbiamo raccolto decine di rinvii da parte della questura che superavano anche i sei mesi». A raccontarlo è Valentina Giuliodori dell’Ambasciata dei Diritti Marche, un’organizzazione che si batte per l’accoglienza dei migranti e che ha sostenuto il ricorso del cittadino pachistano, presentato dall’avvocato Paolo Cognini. Secondo il pronunciamento che ne è scaturito, emesso del giudice Alessandra Filoni, la prassi seguita della questura in questi mesi «ha completamente capovolto il percorso previsto dal legislatore », in quanto, prosegue il Tribunale di Ancona, «non può mai venirsi a creare l’opzione tra accoglienza e abbandono, tanto che sono state espressamente previste “strutture straordinarie” da attivare nel caso in cui l’afflusso massiccio di richiedenti porti a una saturazione dei posti disponibili nelle ordinarie strutture di prima accoglienza». L’ordinanza ha inoltre una particolare rilevanza per i casi analoghi, sia in sede amministrativa che giudiziaria, poiché mette assieme due aspetti finora trattati in modo separato, il tema della formalizzazione della richiesta di protezione e quello dell’accoglienza che, spiega l’avvocato Cognini, «sono parti integranti del medesimo dispositivo di tutela e di garanzia del richiedente e dell’istituto della protezione internazionale ». L’ordinanza assume ancora maggiore rilevanza preso atto del fatto che la situazione di Ancona è diffusa in tante altre città italiane, dove davanti alle questure sono lunghissime le file di persone che vorrebbero presentare richiesta di protezione internazionale, ma che vengono rimandate indietro, in attesa di nuovi posti d’accoglienza. Aumenta così il numero dei senza dimora e quindi delle situazioni di fragilità e marginalità, che parte dell’opinione pubblica finisce per percepire come un problema sociale. (Marco Benedettelli - Avvenire)