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3 Ottobre, Sant’Egidio: nel Mediterraneo si continua a morire

3 Ottobre 2022 - Roma - Nella Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, la Comunità di Sant’Egidio rende omaggio alle 368 vittime del naufragio che avvenne davanti alle coste di Lampedusa il 3 ottobre 2013 e ricorda che nelle acque del Mediterraneo "si continua a morire. Un bilancio che con gli anni diviene sempre più drammatico, se si pensa che dal 1990 ad oggi sono morte oltre 61mila persone nel tentativo di raggiungere l’Europa", si legge in una nota: "negli anni sono cambiate le rotte, ma non le tragedie: è di pochi giorni fa la notizia della morte di 80 cittadini libanesi e siriani, morti nel naufragio di una barca a largo del porto di Tartus. Di fronte a questa immane tragedia si può e si deve fare molto di più: continuare il soccorso in mare e facilitare l’ingresso regolare di migranti per motivi di lavoro, di cui l’Italia, in piena crisi demografica, ha estremo bisogno, oltre a favorire i ricongiungimenti familiari". Occorre inoltre incentivare i Corridoi Umanitari. Attraverso questo progetto "totalmente autofinanziato, nato proprio dallo sdegno per la strage di Lampedusa", la Comunità di Sant’Egidio – insieme alle Chiese protestanti, alla Cei e ad altre realtà – è riuscita a portare in Europa oltre 5.100 profughi "sottraendoli ai trafficanti di esseri umani e avviandoli verso l’integrazione, al punto che chi anni fa è stato accolto, ora è una risorsa per il nostro Paese. E sulla base di questo modello, le Comunità di Sant’Egidio in diversi Paesi europei hanno offerto ospitalità a oltre 1.800 profughi ucraini".

Giornata genocidio Rom: Sant’Egidio, occasione per riflettere “sul male generato”

2 Agosto 2021 - Roma - Da alcuni anni, è stato istituito il Roma Genocide Remembrance Day, la giornata in ricordo del genocidio dei Rom e Sinti durante la seconda guerra mondiale, definito in lingua romanì Porrajmos (divoramento) o Samudaripé (sterminio) che provocò mezzo milione di vittime di questa popolazione. Così Piero Terracina, sopravvissuto ad Auschwitz e testimone diretto della liquidazione dello Zigeunerlager, ricorda la notte del 2 agosto 1944. "Ero rinchiuso ed era notte e c’era il coprifuoco, però ho sentito tutto. In piena notte sentimmo urlare in tedesco e l’abbaiare dei cani, dettero l’ordine di aprire le baracche del campo degli zingari, da lì grida, pianti e qualche colpo di arma da fuoco. All’improvviso, dopo più di due ore, solo silenzio e dalle nostre finestre, poco dopo, il bagliore delle fiamme altissime del crematorio. La mattina, il primo pensiero fu quello di volgere lo sguardo verso lo Zigeunerlager che era completamente vuoto, c’era solo silenzio e le finestre delle baracche che sbattevano”. Furono 4000, in maggioranza donne e bambini, le persone uccise in quell'occasione nelle camere a gas; facevano parte dei 23 mila Rom e Sinti (Zigeuner, come venivano definiti nei documenti) deportati ad Auschwitz. La memoria del Porrajmos - evidenzia oggi la Comunità di Sant'Egidio - è occasione di riflessione "sul male generato dalle ideologie razziste, che hanno preparato il terreno alla discriminazione e all’annientamento nei campi di concentramento e sterminio. È una storia di disprezzo e persecuzioni della minoranza più numerosa d’Europa. Una ferita - conclude - del continente europeo, che interroga le coscienze su quante parole e atteggiamenti violenti siano ancora rivolti al popolo Rom e quanto ancora sia lontana una piena integrazione scolastica, sanitaria e abitativa di una minoranza giovanissima, composta ancora oggi soprattutto di minori"  

Sant’Egidio: cordoglio per le vittime del naufragio

23 Aprile 2021 -

Roma Al largo della Libia si è consumato l’ennesimo dramma dell’immigrazione con un bilancio di vittime che alcune Ong stimano ad oltre cento. La Comunità di Sant’Egidio esprime innanzitutto il suo "cordoglio alle famiglie dei migranti, che nel loro viaggio hanno patito sofferenze e soprusi dalla partenza dal loro paese fino alla tragica sorte nelle acque del Mediterraneo. Un sentimento di pietà che occorre riaffermare di fronte ad una notizia che rischia di passare in secondo piano in questo amaro tempo di pandemia". Sant’Egidio lancia un appello alle autorità che "avrebbero potuto provare - si legge in una nota - a soccorrere il battello di fortuna andato alla deriva, a fronte di segnalazioni già arrivate nella giornata di mercoledì, perché vengano garantiti i salvataggi in mare di chi è in pericolo di vita". Per questo è "urgente rispondere al più presto alla domanda di aiuto proveniente dai migranti in transito verso l’Europa, in particolare di quelli attualmente in Libia, con progetti a lungo respiro che puntino a svuotare i luoghi di detenzione, a esaminare le situazioni delle singole persone e a consentire vie di salvezza legali come i corridoi umanitari. Al tempo stesso occorre costruire un futuro vivibile nei paesi di origine, soprattutto per i giovani, con il sostegno dell’Unione europea".

Comunità di Sant’Egidio: “accogliere e integrare per non buttare in mare il futuro dell’Europa”

17 Settembre 2019 - Roma - “Senza una visione ancorata ai dati veri e non alle paure dei fenomeni migratori, l’Europa rischia di buttare in mare il proprio futuro”, ha detto Daniela Pompei, responsabile del servizio ai migranti di Sant'Egidio nel suo intervento all'incontro “Pace senza frontiere” in corso a Madrid. In Italia l’invecchiamento demografico e il declino della natalità hanno raggiunto soglie preoccupanti. La penisola, inoltre, rischia di non essere più attrattiva. Sono 157mila, infatti, gli italiani che hanno lasciato il nostro paese, ma “circa 33mila, poco meno del 30%, è costituto da cittadini italiani di origine straniera che non sentono più l’Italia come il luogo del loro futuro”. C’è una presenza giovane che “non può essere considerata solo un problema e sta producendo una trasformazione positiva”. “Paradossale è che il fenomeno epocale delle migrazioni si possa ancora affrontare con l’arma anacronistica, dimostratasi inefficace, dei muri”: erano 5 al termine della seconda guerra mondiale e ben 72 nel 2016. E invece è “il momento opportuno per l’Europa di superare le paure, per modificare leggi e crearne di nuove: è quello che già è avvenuto in questi ultimi tre anni con l’apertura di Corridoi Umanitari da Italia, Francia, Belgio e Andorra. Sono già 2666 le persone giunte in condizioni di sicurezza, sottratte al traffico di esseri umani e a rischio della morte in mare. Non bisogna avere paura di accogliere e occorre investire sull'integrazione”, ha concluso Pompei.  

Riccardi: “il problema non è l’esistenza dei confini, ma l’odio che fa a pezzi il mondo”

16 Settembre 2019 - Madrid -  “Il problema non è l’esistenza dei confini. E’ invece come vivere le frontiere in un mondo, grande e talvolta terribile. Spesso confini respingenti o impregnati di odio fanno a pezzi il mondo, creano un insidioso clima conflittuale”. Lo ha detto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, aprendo ieri pomeriggio a Madrid l’Incontro internazionale nello “Spirito di Assisi” che quest’anno ha per tema “Pace senza confini”. Riccardi ha sottolineato nel suo discorso come in un mondo globalizzato “nessuno è garantito, se non da una pace più grande. Le mie frontiere non mi preservano!”. Il pensiero va subito alle questioni ecologiche. “Quando l’Amazzonia brucia, anche noi bruciamo con la grande foresta! La terra rivela che tutti siamo concretamente legati. Le religioni lo insegnano da millenni: l’umanità, le persone, i popoli, hanno tutti un comune destino”. L’incontro promosso dalla Comunità di Sant’Egidio cade quest’anno a 30 anni dalla caduta del muro di Berlino, nel 1989. In questo periodo, purtroppo, “sono sorti nuovi confini”. “Alcuni non sono frontiere, ma muri”, ha detto Riccardi. Costruiti “per ragioni militari, difensive, per frenare i migranti, per proteggere lo spazio nazionale”. Ciò che più preoccupa è “una ripresa di prospettive nazionali antagoniste o nazionaliste, reazioni semplificate a una globalizzazione che appare minacciosa, semplificazione che sembra proteggere da problemi complessi. Non mi voglio abbandonare ad allarmismi”, ha ribadito Riccardi. “Ma non si può vivere l’oggi con le sue sfide complesse senza il respiro umanesimo planetario”. E ha concluso: “I confini esistono, ma non possono diventare muri né disegnare il futuro. I credenti li superano con lo sguardo del cuore e con la parola del dialogo”.

Papa Francesco: la casa comune “non sopporta muri che separano”

16 Settembre 2019 - Madrid – “In questi primi due decenni del XXI secolo abbiamo, purtroppo, assistito, con enorme tristezza, allo spreco di quel dono di Dio che è la pace, dilapidato con nuove guerre e con la costruzione di nuovi muri e nuove barriere”. Lo ha scritto ieri Papa Francesco in un messaggio ai partecipanti all’incontro di preghiera per la Pace sul tema “Pace senza confini” in corso a Madrid (fino a domani) e su iniziativa della diocesi di Madri e della Comunità di Sant’Egidio. Per il papa la pace va “continuamente incrementata di generazione in generazione con il dialogo, l’incontro e la trattativa. È insensato, nella prospettiva del bene dei popoli e del mondo, chiudere gli spazi, separare i popoli, anzi contrapporre gli uni agli altri, negare ospitalità a chi ne ha bisogno e alle loro famiglie”. In questo modo si fa “a pezzi” il mondo, “usando la stessa violenza con cui si rovina l’ambiente e si danneggia la casa comune, che chiede invece amore, cura, rispetto, così come l’umanità invoca pace e fraternità. La casa comune – ha scritto ancora - non sopporta muri che separano e, ancor meno, che contrappongono coloro che la abitano. Ha bisogno piuttosto di porte aperte che aiutino a comunicare, a incontrarsi, a cooperare per vivere assieme nella pace, rispettando le diversità e stringendo vincoli di responsabilità”. La pace è “come una casa dalle molte dimore che tutti siamo chiamati ad abitare”. “Quello che stiamo vivendo è un momento grave per il mondo. Tutti dobbiamo stringerci – vorrei dire con un solo cuore e una sola voce – per gridare che la pace è senza confini, senza frontiere”, ha scritto ancora Papa Francesco: “un grido che sale dal nostro cuore. È lì, infatti, dai cuori, che bisogna sradicare le frontiere che dividono e contrappongono. Ed è nei cuori che vanno seminati i sentimenti di pace e di fraternità”. All’incontro di Madrid partecipano oltre 300 leader delle grandi religioni mondiali insieme a rappresentanti del mondo della cultura e delle istituzioni. Nella capitale spagnola sono arrivati, da tutta Europa, migliaia di persone pronte per vivere quello che risulta uno dei più grandi eventi popolari dell’anno all’insegna della pace e del dialogo; tra loro, centinaia di giovani, che nella giornata di sabato si sono riuniti in assemblea con l’intenzione di dar vita a un grande movimento di pace in Europa in un tempo attraversato da troppa violenza, aggressività e razzismo. Ieri l’apertura del meeting con gli interventi del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, del card. Carlos Osoro Sierra, del presidente della Repubblica Centrafricana, Faustin-Archange Touadéra, dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, dell’economista statunitense Jeffrey Sachs, del rabbino capo di Tel Aviv Meir Lau, del metropolita ortodosso russo Hilarion e del cancelliere dell’università di Al-Azhar, Mohammad Al-Mahrasawi. Tra le altre personalità di rilievo, che interverranno fino a domani alle 27 tavole rotonde in programma, il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, l’ambientalista indiana Vandana Shiva, padre Solalinde, che in Messico difende i migranti, il beninese Grégoire Ahongbonon, che si batte per la dignità e la cura dei malati di mente in Africa, l'europarlamentare Pietro Bartolo e l'arcivescovo di Bologna mons. Matteo Zuppi, che il prossimo 5 ottobre sarà creato cardinale da papa Francesco che nel suo messaggio ha evidenziato come la preghiera è “alla radice della pace” e “la preghiera per la pace, in questo tempo segnato da troppi conflitti e violenze, unisce ancor più tutti noi, al di là delle differenze, nel comune impegno per un mondo più fraterno”. (Raffaele Iaria)