Tag: Rapporto Italiani nel mondo 2020
Migrantes Torino: domani a presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo
Migrantes: la presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo
Di Tora: camminare accanto agli immigrati e seguire i nostri connazionali fino ad ogni luogo in cui decidono di risiedere
Tridico: “3,5 miliardi di euro di pensioni pagate dall’estero”
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Migrantes: 131 mila le partenze per espatrio nell’ultimo anno
Migrantes: 2006-2020, quindici anni di impegno e narrazione della mobilità italiana nel Rapporto Italiani nel Mondo
Roma - Nel 2005 mentre la Chiesa italiana era particolarmente attenta alla mobilità in ingresso nel nostro Paese, la Fondazione Migrantes, guidata da mons. Luigi Petris, ebbe l’idea di realizzare un volume che raccontasse dell’Italia protagonista della mobilità in uscita. Iniziò così la storia del Rapporto Italiani nel mondo (RIM), la prima edizione del quale fu presentata a maggio del 2006 e purtroppo mons. Petris non riuscì a parteciparvi, stroncato da un brutto male soltanto pochi mesi prima. Una storia che è continuata fino ad oggi e per la quale quest’anno è stato raggiunto un traguardo ragguardevole. Quindici anni di studi, analisi, di narrazione di un Paese e del suo popolo, dei cambiamenti e delle involuzioni. Quindici anni di costante coinvolgimento della Chiesa italiana, attraverso la Fondazione Migrantes, nell’accompagnamento e nel sostegno culturale e pastorale dei migranti italiani sia di quelli residenti da più tempo all’estero o nati oltreconfine, sia di coloro che hanno una esperienza migratoria recente. Quando nel 2006 è iniziata l’avventura del RIM non si immaginava alla nascita di un annuario, ma si era certi della portata di un tema che aveva scritto pagine importanti della storia di un Paese, l’Italia, e di un popolo, gli italiani, dando vita a quella che si è sempre definita l’Italia fuori dell’Italia, la ventunesima regione. In quindici anni questo strumento editoriale della Fondazione Migrantes è diventato un progetto culturale e ha registrato un vero e proprio cambiamento d’epoca, l’ennesimo, per un Paese fondato sulla emigrazione. Si potrebbe dire, utilizzando la prospettiva più negativa possibile che pure incontra innumerevoli seguaci, condannato alla emigrazione, ma non è questa la prospettiva che ci ha accompagnato e ci accompagna dal 2006. Stiamo assistendo in questi ultimi venti anni circa a un passaggio epocale: la mobilità umana è divenuta a livello globale “segno dei tempi”, apertura a un mondo che non conosce confini se non quelli costruiti artificiosamente, ma che vengono superati continuamente dall’innata curiosità dell’uomo di conoscere, ma anche dall’istinto di sopravvivenza e dalla ricerca di una esistenza felice. In questo quadro di complessità di una umanità in movimento anche l’Italia ha fatto la sua parte sia nel ricevere migranti di altri paesi sia nell’essere, essa stessa, nuovamente protagonista di partenze e, raramente, di ritorni.
Migrantes: gli italiani residenti fuori dei confini nazionali e il covid
Migrantes: lo Speciale dedicato alle Province d’Italia 2020
Roma – Nell’edizione 2020 del Rapporto Italiani nel Mondo – presentato questa mattina - la Fondazione Migrantes, supportata dalla Commissione Scientifica del RIM, ha spronato la redazione ad approfondire il contesto territoriale con un inedito dettaglio: l’analisi provinciale.
Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia e al lockdown che ha determinato le chiusure di archivi, biblioteche e accademie, 46 studiosi (su 57 autori totali dell’edizione 2020) hanno raccolto la sfida consegnando 40 saggi di altrettanti contesti provinciali italiani: Aosta, Avellino, Belluno, Bergamo, Bolzano, Campobasso, Catania, Chieti, Como, Cosenza, Crotone, Cuneo, Foggia, Frosinone, Genova, Latina, Lecce, Livorno, Lucca, Macerata, Massa Carrara, Messina, Modena, Napoli, Oristano, Pordenone, Potenza, Ragusa, Reggio Calabria, Salerno, Savona, Sondrio, Sulcis-Iglesiente, Teramo, Terni, Trento, Udine, Verbano Cusio Ossola, Verona, Vicenza.
Questo lavoro sulle province ha consentito di evidenziare un secondo errore di narrazione della mobilità italiana odierna. È vero che la prima regione da cui si parte per l’estero oggi in Italia è la Lombardia (seguita dal Veneto), ma l’attuale mobilità non è una questione del Nord Italia. Che tra il Settentrione e il Meridione di Italia vi siano divari profondi è storia conosciuta, quanto questi squilibri abbiano a che fare con la mobilità spesso lo si ignora, così come si è poco consapevoli che la narrazione di una nuova mobilità, soprattutto dal Nord Italia, spesso urta con la realtà. Il vero divario non è tra Nord e Sud, ma tra città e aree interne. Sono luoghi che si trovano al Sud e al Nord, ma che al Sud diventano doppia perdita: verso il Settentrione e verso l’estero. A svuotarsi sono i territori già provati da spopolamento, senilizzazione, eventi calamitosi o sfortunate congiunture economiche. Un esempio valga su tutti: il 23 novembre 2020 cadrà il 40° anniversario del terremoto più catastrofico della storia repubblicana, quello che colpì Campania e Basilicata. Ancora oggi queste aree sono provate nelle loro zone interne da numerose partenze, ma contemporaneamente mantengono all’estero il grande valore di comunità numerose con tradizioni e peculiarità specifiche. Si tratta di migranti che guardano ai luoghi di origine con nostalgia, interesse e voglia di cambiare le cose. Sono spesso italiani che già partecipano attivamente alla vita dei luoghi di origine, pur restando nella loro posizione di migranti stabilmente in mobilità tra l’Italia e l’estero, tra migrazioni interne e migrazioni internazionali, in Europa o oltreoceano.
Emerge, in modo evidente, la necessità che lo studio e l’analisi della mobilità sia sempre più centrata sui microcontesti e che il territorio venga letto mettendo in crisi i modelli dati per acquisiti a cominciare dall’egemonia del centro, e quindi delle metropoli, rispetto ai piccoli centri, ai borghi, a quei pezzi di territorio spesso abbandonati del tutto o quasi abbandonati che diventano luoghi dove, invece, è possibile intervenire per ridare loro vita.
Si tratta, in altre parole, di territori che oggi hanno bisogno di trovare uno sguardo di prossimità che sappia esaltare la persona e le sue relazioni, uno sguardo che vada oltre la tradizione e abbia imparato dalla pandemia cosa significhi essere prossimi nella distanza.
L’analisi dei contesti provinciali ci conferma nuove modalità di vivere il territorio abitando il mondo essendo diversamente presenti.