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Papa: al termine del viaggio a Cipro e in Grecia incontra un gruppo di giovani rifugiati cristiani siriani

6 Dicembre 2021 - Atene – Papa Francesco, prima della partenza per far rientro in Vaticano, questa mattina, a conclusione al suo 35 viaggio internazionale a Cipro e Grecia,  ha voluto incontrare un gruppo di giovani rifugiati. Il papa, infatti, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato e ricevuto la visita del Presidente del Parlamento Ellenico, Konstantinos Tasoulas, nel salone di rappresentanza della Nunziatura Apostolica di Atene, ha incontrato un gruppo di giovani rifugiati cristiani siriani, ospitati attualmente presso l’Ordinariato Armeno Cattolico di Atene. I nove giovani siriani indossavano una maglietta che riportava la scritta in italiano: “Gesù io credo in te. La mano del Signore ci ha salvati. Grazie, Santo Padre, tu sei la mano del Signore - Athena 06 dicembre 2021”. L’incontro all’indomani della visita del papa all’Isola di Lesbo dove ha incontrato i rifugiati che vivono lì e da dove ha rivolto parole accorate: “il Mediterraneo sta diventando un cimitero senza lapidi. Fermiamo questo naufragio di civiltà”, ha detto con forza: “Quante madri incinte hanno trovato in fretta e in viaggio la morte mentre portavano in grembo la vita!”, ha detto rivolgendo una preghiera alla Madonna “perché ci apra gli occhi alle sofferenze dei fratelli. Ella si mise in fretta in viaggio verso la cugina Elisabetta che era incinta”. “La Madre di Dio ci aiuti ad avere uno sguardo materno, che vede negli uomini dei figli di Dio, delle sorelle e dei fratelli da accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. E ancora l’invito a superare le paure: “È facile trascinare l’opinione pubblica istillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio?”. Per papa Francesco “vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica!”. Per rimuovere le cause profonde – ha quindi aggiunto – “non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. Occorre approcciare i cambiamenti epocali con grandezza di visione. Perché non ci sono risposte facili a problemi complessi; c’è invece la necessità di accompagnare i processi dal di dentro, per superare le ghettizzazioni e favorire una lenta e indispensabile integrazione, per accogliere in modo fraterno e responsabile le culture e le tradizioni altrui”. Il Papa ha quindi visitato alcune abitazioni del “Reception and Identication center”, camminando a piedi tra i container bianchi che ospitano migliaia di persone, nell’area  attrezzata per l’accoglienza. Uomini e donne “volti di una umanità ferita” come aveva detto prima del viaggio invitando a guardare i volti e ascoltare le storie di queste persone. La visita in Grecia, dopo quella a Cipro dove vivono i 12 rifugiati che “prima di Natale” arriveranno in Italia con un volo di linea grazie all’aiuto di Papa Francesco e al sostegno finanziario e diplomatico della Santa Sede. “Un segno della sollecitudine del Santo Padre verso famiglie e persone migranti”, spiega la Sala stampa della Santa Sede che lo definisce “gesto umanitario di accoglienza”, voluto dal Papa al termine del suo viaggio apostolico a Cipro. I 12 rifugiati – la maggioranza sono cristiani – costituirebbero solo la prima tranche del ricollocamento, mentre altre ne seguiranno tra gennaio e febbraio fino a un totale di 50 persone. (Raffaele Iaria)  

Papa a Cipro e in Grecia: visita anche a Lesbo dove vivono circa 1.700 persone

2 Dicembre 2021 - Roma - "Ci piacerebbe che Papa Francesco facesse un gesto inaspettato come la volta scorsa, facendo salire sul suo aereo qualche profugo di Lesbo. Ma non sappiamo se questo succederà. Però ogni visita del Papa è sempre simbolica. Speriamo possa dare impulso alle relocation (i trasferimenti) dei richiedenti asilo in altri Paesi europei. Non si possono trascorrere tre anni di sofferenza nel campo, l'isola deve essere solo di passaggio". A parlare al Sir è Monica Attias, responsabile dei corridoi umanitari da Grecia e Afghanistan della Comunità di Sant'Egidio. Il Papa si recherà nell'isola di Lesbo domenica 5 dicembre - nell'ambito della visita apostolica a Cipro e in Grecia dal 2 al 6 dicembre - per incontrare 45/50 richiedenti asilo, in maggioranza africani e afghani cattolici, accolti nel campo profughi di Mavrovouni (meglio conosciuto come Kara Tepe), nato dopo gli incendi e lo smantellamento del famigerato campo di Mòria, definito "l'inferno dei profughi". Sarà un incontro breve, di circa un'ora, con le testimonianze dei migranti e la presenza dei rappresentanti della parrocchia di Mitilene (la cittadina vicina al campo), impegnati nelle attività di sostegno e solidarietà. In questi ultimi anni la maggior parte dei migranti sono stati trasferiti dalle autorità greche - con i finanziamenti dell'Unione europea - in campi sulla terraferma. "Lesbo non è più una emergenza ma è ancora terra di primo approdo e annegamenti - spiega Attias -. Il problema è che i profughi rimangono qui mesi e anni in attesa delle pratiche burocratiche per la richiesta di asilo". Ora nel nuovo campo di Mavrovouni (o Kara Tepe) ci sono circa 1.200 persone, ci sono container e tende esposte alle intemperie. L'elettricità è razionata, in questo periodo non viene distribuito il pocket money. Il cibo è poco e di scarso gradimento. La violenza nel campo e le tensioni causate dai gruppi di estrema destra sono diminuite perché il campo è recintato e controllato dall'esercito greco. Però il sabato e la domenica non si può uscire. E ogni tanto ci sono incendi e continui rischi per donne, bambini e persone vulnerabili, a causa della promiscuità e della precarietà. Un fatto grave è che "tante persone in carrozzina dormono ancora in tenda in una zona del campo" e "solo 40 bambini possono andare a scuola regolarmente". Inoltre ci sono intere famiglie che vivono fuori dal campo, in case abbandonate o appartamenti presi in affitto da Ong o Chiese. In totale circa 500 persone sparse tra Mitilene e altri villaggi.