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Mons. Nosiglia: “passare dall’affermazione dei principi di fratellanza e solidarietà a compiere gesti e fatti concreti di accoglienza”

6 Gennaio 2022 -
Torino - "Il divino bambino di Betlemme è nato per tutti, nessuno escluso, e l’episodio dei Magi lo conferma con tutta la sua carica di novità sconvolgente". Lo ha detto questa mattina l'arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia celebrando, nella Chiesa del santo Volto, la Festa dei Popoli promossa dall'Ufficio Migrantes nella solennità dell'Epifania del Signore.  Il Vangelo dice che quando i Magi annunciano che è nato il Messia tutta la città di Gerusalemme si turba e in particolare Erode: "È proprio questa la novità che sconvolge e turba Erode e i religiosi di quel tempo e continua a inquietare i potenti di sempre. Sembra assurdo ma è così: sono i poveri che spaventano, per cui vanno aiutati ma a restare poveri, altrimenti se alzano la testa e diventano attivi protagonisti del loro futuro, cambiano la storia del mondo, perchè - ha detto mons. Nosiglia - dalla loro parte si schiera Dio stesso che si fa uno di loro  e  che abbatte i potenti dai troni ed esalta gli umili. Questa è la sfida che interpella anche la nostra città  e invita a lasciarci provocare dalla presenza e dalle richieste espresse o inespresse, ma sempre reali e concrete, dei poveri, degli immigrati, dei senza  dimora, dei lavoratori e le loro famiglie che  soffrono per l’abbandono in cui sono costretti  e rischiano  di perdere il posto di lavoro come i miei amici del ex Embraco". Non bisogna dimenticare - ha quindi aggiunto mons. Nosiglia - che i Magi sono di altri Paesi e anche di religione diversa rispetto a quella del popolo di Israele. A noi oggi capita - ha detto l'arcivescovo di Torino - che "tante persone  bisognose di accoglienza e di solidarietà ci interroghino con la loro presenza, e le loro necessità: Voi che dite di credere in Cristo difensore degli ultimi, sapete indicarci la strada che ci permette di riconoscerlo ed incontrarlo qui e ora nella vostre comunità e nella città? Se la nostra risposta resta estranea ai loro bisogni esistenziali, spirituali ed umani, facciamo come Erode, i sacerdoti e gli scribi, non ci interessiamo delle loro richieste e pensiamo solo a noi stessi. Se invece comprendiamo che la loro provocazione ci stimola ad uscire dalle nostre paure, dal nostro perbenismo e paternalismo, dal nostro dare buoni consigli senza impegnarci in prima persona a farci carico di assumere le loro necessità, allora  il nostro agire diventerà forza di cambiamento anche per la nostra realtà sociale e la renderà più sicura, e concreta" . Torino è "certamente una delle città  più aperte alla accoglienza e integrazione e per questo molti sono gli immigrati e rifugiati che cercano di venire tra noi, anche se la fatica  per riconoscerli come cittadini a tutti gli effetti, soggetti  di uguali diritti e doveri, è ancora grande", ha detto ancora il presule spiegando che "siamo stati un popolo, e in parte lo stiamo ridiventando in questo periodo, di emigranti in tutte le nazioni del mondo e conosciamo bene i pregiudizi e rifiuti di cui sono stati oggetto tanti nostri connazionali, per cui  dovremmo aver imparato a operare perché oggi nel nostro Paese nessuno soffra le stesse situazioni. È un compito di tutte le componenti della popolazione". Da qui l'invito "a passare dalla  pur lodevole  affermazione dei principi di fratellanza e solidarietà a compiere gesti e fatti concreti di accoglienza e di  difesa e promozione dei diritti umani  e civili di immigrati e rifugiati. Apriamo inoltre  le nostre chiese e strutture  alle comunità etniche che necessitano di luoghi di incontro  e  di formazione alla fede e alla vita cristiana". E ancora le istituzioni "che pur impegnandosi  su diversi fronti rischiano di apparire sorde e con risorse sempre più scarse  rispetto ai problemi che loro si presentano. Il loro compito è anche quello di  far sì che gli immigrati possano contribuire  a promuovere la democrazia nel nostro Paese, una comunità  più solidale  e   aperta all’incontro e alla loro valorizzazione sia nel mondo del lavoro che nella partecipazione alla vita civile.." E poi "il  volontariato, che è molto attivo e presente ma spesso chiuso dentro il suo specifico servizio o ambito di intervento e poco collaborativo difronte ad altre iniziative non proprie. Solo l’unità e la sinergia di un lavoro fatto insieme  permetterà di affrontare  con qualche speranza di soluzione i problemi e le attese delle persone e famiglie. Dei mass-media,  che dovrebbero assumersi il compito di educare la gente allo spirito di accoglienza fraterna e  alla comunione  non accentuando una visione troppo  negativa o problematica di fronte  al fenomeno immigratorio". La città nel suo complesso: "occorre sradicare l’individualismo dai cuori e favorire la mutua conoscenza  e relazioni interpersonali e familiari improntate al rispetto e collaborazione, promuovere un’azione di insieme  dei vari organismi cittadini, coinvolgere  le persone   ascoltando e aiutando a inserirsi nel tessuto della società, condividendo la nostra lingua, la cittadinanza in particolare ai minori nati nel nostro Paese, le leggi e i valori,  per offrire così  il loro contributo al suo progresso morale e civile". Occorre - ha concluso l'arcivescovo di Torino - vedere  in ogni  immigrato o rifugiato "non un problema ma una risorsa anche economica e sociale  oltre che  un fratello e una sorella da rispettare e amare come ogni altra persona del nostro Paese. Occorre dunque passare dalla cultura dello scarto a quella dell’incontro". In questo giorno dell’Epifania mons. Nosiglia ha salutato e rivolto un augurio "ai fratelli e sorelle delle comunità di immigrati cattolici  e cristiani che vivono e lavorano tra noi .Per i nostri fratelli e sorelle ortodossi in particolare, oggi è una grande festa, come è per noi cattolici latini, il Natale. Voglia Cristo Signore e la madre di Dio Maria Santissima accogliere le loro preghiere e far risplendere su di essi, le loro famiglie e comunità la luce del suo volto. Anche ai credenti di altre religioni rivolgo il mio saluto e invoco  Dio Santo, giusto e misericordioso perché ci aiuti a promuovere il dialogo interreligioso, la conoscenza e il rispetto delle reciproche tradizioni, la collaborazione per costruire una società, più giusta e pacifica per tutti, dove ogni persona possa trovare accoglienza, integrazione e amore". (Raffaele Iaria)

Rom e sinti: oggi mons. Nosiglia visita il campo rom

4 Gennaio 2022 -
Torino -L' arcivescovo di Torino,  mons. Cesare Nosiglia,  visiterà oggi pomeriggio alle 15.00  il campo Rom di strada dell'Aeroporto 235/25  a Torino.
Come ogni anno l'arcivescovo fa visita a un campo Rom  per incontrare il mondo delle periferie non solo fisiche ma anche esistenziali,  dove si trova grande povertà di relazioni  anche a causa delle discriminazioni che si continuano a subire, fa sapere una nota della diocesi piemontese. Mons. Nosiglia incontrerà le singole famiglie nella sua visita al campo,  evitando assembramenti vista l'emergenza COVID-19.  Ad accompagnare il presule il direttore Migrantes della diocesi Sergio Durando e Carla Osella, presidente di AIZO.

Afghanistan: Afghanistan: appello all’accoglienza dell’arcivescovo di Torino

23 Agosto 2021 - Torino – “Ieri, nelle celebrazioni comunitarie dell’Eucaristia abbiamo pregato per chiedere a Dio il dono della pace e la volontà ferma di cercare, nel dialogo, quanto unisce più che quello che divide. Siamo coinvolti anche noi, come Chiese di Torino e di Susa, nell'impegno ad aiutare quelle persone e quelle famiglie che, per diversi motivi, stanno lasciando il loro Paese. Una parte di queste persone è attesa in Italia e un gruppo è già stato temporaneamente accolto in Piemonte. Occorre, adesso, provare a dare stabilità e qualità all’accoglienza”. Lo dice oggi l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia che rivolge un appello “proprio perché so di poter contare sulla risposta pronta e generosa di comunità e famiglie. Per noi credenti non si tratta solamente di collaborare a una ‘azione umanitaria’, ma di mettere in pratica quel richiamo all'accoglienza e al servizio del prossimo che ci vengono direttamente dall'adesione al Vangelo di Gesù Cristo”. Mons. Nosiglia chiede “un ulteriore sforzo per mettere a disposizione di questi fratelli qualche opportunità di accoglienza abitativa e di primo accompagnamento ai bisogni personali. Comunità parrocchiali – singolarmente o congiuntamente nell’ambito delle Unità Pastorali - comunità e fraternità religiose, gruppi di famiglie o gruppi di impegno religioso valutino come sia loro possibile accogliere una o più persone tra questi nuovi ospiti, in locali comunitari o privati; attraverso il sostegno delle Caritas Parrocchiali e dei gruppi di volontariato provino ad ipotizzare una strategia operativa locale per ben gestire questo segno di prossimità e per animare adeguatamente tutta la comunità e il territorio” La disponibilità va comunicata all’Ufficio Migrantes che potrà, così, indirizzare e coordinare in base alle necessità che verranno segnalate. “La nostra disponibilità – aggiunge l’arcivescovo di Torino - non è supplenza, ma si integra nel percorso che Prefetture ed Enti Locali stanno costruendo e con essi le azioni saranno coordinate e definite”. (R.I.)

Mons. Nosiglia: i senza dimora trovino la forza di una nuova speranza

28 Gennaio 2021 -
Torino - «Non è una società perfetta che stiamo inseguendo, ma una comunità più umana. Credo che sulla questione delle elemosine ai clochard emersa ancora una volta sui giornali dobbiamo, prima di tutto, aggiornare o cambiare i nostri punti di vista. Più avanziamo nella crisi più siamo circondati da notizie inquietanti: perché "dietro" i clochard ci sono, ormai, gli anziani soli, le famiglie monoreddito prive di sussistenza, le persone che da un giorno all'altro hanno perso il lavoro. E ogni giorno veniamo sollecitati da altre notizie di altre persone in difficoltà, da "categorie" che sono state dimenticate dai provvedimenti e aiuti». Lo dice oggi l'arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia sulla questione delle elemosine ai clochard al centro di un dibattito sui giornali Per il presule c'è una "lezione di solidarietà" che «dobbiamo tutti ancora apprendere e studiare: perché ogni gesto di vicinanza a chi ha bisogno è un "segnale" che lanciamo alla città intera. Ma solidarietà non è la moneta buttata là mentre si prosegue il cammino sotto i portici: se nessuno può mettere in discussione il valore e il significato dell'elemosina, è anche vero che quel gesto da solo non basta, non "mette a posto" nessuna coscienza individuale e nessuna responsabilità civica. La sofferenza che ci accomuna davvero e nel profondo è la solitudine; e il male contagioso a cui siamo esposti è l'indifferenza, il pensare che "non ci riguarda". Il "decoro della città" - ha aggiunto il presule - di cui è anche giusto preoccuparsi, va confrontato con le obiettive condizioni di disagio e insicurezza delle persone e non sempre le soluzioni pensate a tavolino sono anche quelle che aiutano realmente a integrare e non discriminare i cittadini, garantendo a tutti – clochard e no – quella libertà che continua a rimanere il nostro patrimonio prezioso". La tradizione di fraternità e solidarietà della città di Torino e dei santi sociali può «esserci maestra anche nell’affrontare questa questione. È legittimo e opportuno che ciascuno di noi, nelle varie responsabilità che gli competono, accetti di lasciarsi interpellare da una presenza che è fondamentalmente una domanda. Ed è bene provare a costruire soluzioni che mettano in campo tutte le forze sane della città. Ma la soluzione- ha detto ancora mons. Nosiglia -  non può essere trovata solo nelle strutture organizzative. Il fratello che pernotta nei cartoni di via Roma ha anzitutto la necessità di essere considerato un fratello o una sorella, e quindi di ricevere l’attenzione del cuore che si rende disponibile a promuovere percorsi prima che imporre soluzioni dall’alto. Le persone più fragili hanno bisogno di essere accompagnate a maturare scelte, ad intravvedere quale sia il proprio vero bene e sentirsi parte della città e non osservati speciali. Certo Torino non ritrarrà la mano silenziosa dell’aiuto fraterno, ma è necessario che questa mano si muova con un cuore intelligente aiutando le persone a liberarsi dalla impossibilità di risolvere i loro problemi mediante vie di emancipazione».
Per l'arcivescovo di Torino occorre «l’impegno comune per creare le condizioni necessarie perché questi nostri fratelli e sorelle sappiano cogliere le opportunità che la nostra comunità mette a loro disposizione e dall’altra trovino la forza di una nuova speranza capace di mettere in campo le loro resilienze. La qualità del nostro stare davanti a loro per parlare, ascoltare, avviare anche una piccola ma efficace relazione, la libertà dai falsi pregiudizi, la verità del farsi prossimo invece che nel delegare gli altri, sono gli impegni su cui dobbiamo insistere nel rapportarsi con loro. Questo sarebbe un grande investimento di futuro, per evitare di ritrovarci di tanto in tanto a discutere di soluzioni che lasciano in ombra le persone».
L'arcivescovo di Torino l prossimo 23 febbraio alle 18, nella Cattedrale, presiederà la Messa con i senza dimora. Tra questi tanti migranti.(R.Iaria)