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Congresso Eucaristico: Migrantes Basilicata, dai braccianti il vino della Messa

24 Settembre 2022 - Matera - Si chiamano “opere segno”, sono l’eredità sociale che il Congresso eucaristico nazionale lascerà stabilmente sul territorio lucano. Una delle quattro che interessano l’arcidiocesi di Matera- Irsina, nasce da una storia di integrazione. «Dove gli sfruttati dei ghetti hanno oggi una vita dignitosa. E dove le vittime di caporalato sono diventate le vere protagoniste di un’impresa sociale, che presto sarà in grado di offrire il vino per le Messe a tutte le regioni». È un fiume in piena don Antonio Polidoro, responsabile Migrantes delle diocesi lucane e delegato arcivescovile per la Pastorale sociale e del lavoro in quella di Matera-Irsina. Perché mentre si occupa del disbrigo delle pratiche quotidiane per lavoratori stagionali migranti nella “Casa Betania” di Serramarina di Bernalda (Matera), si affretta a mostrare quanto di buono «è stato fatto qui, e nell’arco del Metapontino, da tre anni a questa parte». Da quando, cioè, per volontà dell’arcidiocesi materana è stata creata, a Scanzano Jonico (Matera), la “Cooperativa 25 marzo” «che si è fatta carico di donne e uomini trattati quasi come schiavi» nei campi della vicina ex zona industriale “La Felandina” all’interno della quale, nel 2019, un incendio divampò in un capannone industriale che faceva da “casa” ai migranti, uccidendo una giovane donna nigeriana. Da allora «la Chiesa di Matera – spiega don Polidoro – ha donato un alloggio confortevole a tanti braccianti, Casa Betania appunto, e pretendendo dagli imprenditori del posto che fossero stipulati solo contratti regolari per questi nostri fratelli». Risultato? «Dopo un anno di lavoro, in cui abbiamo offerto anche corsi di italiano, informatica e tirocini formativi, molti sono diventati autonomi e vivono in una casa “vera”; abbiamo inoltre allargato la cooperativa, che sta per diventare impresa sociale, coltivando fichi nell’ambito della campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare”, trovando alcuni ettari per produrre vino, e stipulando le prime collaborazioni con viticoltori del posto che ci aiuteranno nella fase iniziale». Nell’impresa sociale i lavoratori stagionali non saranno collaboratori «ma a pieno titolo corresponsabili, insomma veri protagonisti – racconta il sacerdote –. Pianteremo un vitigno specifico per produrre il vino per le Messe in agro di Scanzano. Partiamo, in questo autunno, con pochi ettari ma abbiamo già un cronoprogramma di lavori che prevede un secondo step per allargarci. Abbiamo già cantina, manodopera e imprese partner affidabili». Per don Polidoro «con questo progetto, “frutto della terra e del nostro lavoro”, si vuole donare dignità ai nostri ospiti e all’équipe che si prende cura di loro. È un sogno che accarezzo da anni e che mette insieme integrazione, solidarietà e rispetto di un territorio, il Metapontino, a forte vocazione agricola». L’idea è che «questi fratelli prima di tutto acquisiscano competenze – specifica don Polidoro –: imparino a studiare attentamente il terreno, e quindi le piante adatte, la potatura, l’irrigazione, i vari trattamenti, passando anche per l’utilizzo del trattore». In un secondo momento, chi lo vorrà potrà tornare nei Paesi d’origine e «replicare in loco le competenze acquisite da noi». (V.Salinaro)