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Papa Francesco: “non ci lasciare indifferenti di fronte al dramma dei migranti, dei profughi e dei rifugiati”

27 Dicembre 2021 - Città del Vaticano - "Bambino di Betlemme, consenti di fare presto ritorno a casa ai tanti prigionieri di guerra, civili e militari, dei recenti conflitti, e a quanti sono incarcerati per ragioni politiche". Lo ha chiesto Papa Francesco il giorno di Natale nel suo Messaggio natalizio 'Urbi et Orbi'. Il Pontefice ha chiesto di lasciarci "indifferenti di fronte al dramma dei migranti, dei profughi e dei rifugiati. I loro occhi ci chiedono di non girarci dall'altra parte, di non rinnegare l'umanità che ci accomuna, di fare nostre le loro storie e di non dimenticare i loro drammi". Un appello forte, l'ennesimo, del Pontefice mentre le cronache ci pongono davanti agli occhi altri drammatici sbarchi, naufragi o tentativi di approdo in terre più sicure. Nel suo messaggio Papa Francesco ha toccato le varie situazioni del mondo: i numerosi conflitti, le crisi internazionali, le guerre che costellano il pianeta, cui solo avendo "la forza di aprirci al dialogo" si possono dare soluzioni. Ma anche l'inasprirsi incalzante della pandemia, per cui occorre trovare al più presto le risposte "più idonee", non ultime le vaccinazioni per le "popolazioni più bisognose". E poi il pensiero va al popolo siriano che vive da "oltre un decennio una guerra che ha provocato molte vittime e un numero incalcolabile di profughi". All'Iraq, "che fatica ancora a rialzarsi dopo un lungo conflitto". Al grido dei bambini dello Yemen, "dove un'immane tragedia, dimenticata da tutti, da anni si sta consumando in silenzio, provocando morti ogni giorno". Bergoglio non dimentica "le continue tensioni tra israeliani e palestinesi, che si trascinano senza soluzione, con sempre maggiori conseguenze sociali e politiche", la Terra Santa, il Libano. E l'Afghanistan e la sua popolazione "che da oltre quarant'anni è messo a dura prova da conflitti che hanno spinto molti a lasciare il Paese". E ancora il Myanmar, l'Ucraina, i conflitti in Africa, come quelli in Etiopia, nel Sahel, in Sudan e Sud Sudan.  “Verbo eterno che ti sei fatto carne, rendici premurosi - ha pregato - verso la nostra casa comune, anch’essa sofferente per l’incuria con cui spesso la trattiamo, e sprona le autorità politiche a trovare accordi efficaci perché le prossime generazioni possano vivere in un ambiente rispettoso della vita”, ha proseguito: "tante sono le difficoltà del nostro tempo, ma più forte è la speranza, perché un bambino è nato per noi. Lui è la Parola di Dio e si è fatto infante, capace solo di vagire e bisognoso di tutto. Ha voluto imparare a parlare, come ogni bambino, perché noi imparassimo ad ascoltare Dio, nostro Padre, ad ascoltarci tra noi e a dialogare come fratelli e sorelle. O Cristo, nato per noi, insegnaci a camminare con te sui sentieri della pace”. (Raffaele Iaria)