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Migrantes e Inps: oggi il convegno sui pensionati migranti di ieri e di oggi

10 Ottobre 2023 - Roma - “Italia delle partenze e di ritorni – i pensionati migranti di ieri e di oggi”. Questo il tema del convegno che si è svolto oggi, 10 ottobre, presso Palazzo Wedekind (Piazza Colonna, n. 366).  L’incontro, voluto da Inps e Fondazione Migrantes, moderato dal giornalista Fabio Insenga, ha offerto l’occasione per un confronto sul tema dei pensionati italiani all’estero. Ad introdurre i lavori il Direttore Generale dell’INPS, Dr. Vincenzo Caridi, che ha ricordato le celebrazioni dei 125 anni dell’Inps. Questi 125 anni hanno rappresentato un lungo periodo storico caratterizzato da cambiamenti a livello politico - sociale che hanno toccato un po' tutti gli aspetti che riguardano il nostro vivere in comunità. La storia dell’INPS ha sempre coinciso con la storia dello Stato sociale in Italia, da applicarsi anche fuori dai nostri confini, rappresentando un indicatore delle importanti trasformazioni del mondo del lavoro e delle famiglie. In questi 125 anni, il sistema di protezione sociale nel nostro Paese è progressivamente diventato più articolato e complesso per offrire copertura assicurativa in relazione non solo alle necessità emergenti, ma anche alle ipotesi di rischio. L’Inps ha lavorato in questi anni per rafforzare i legami con le altre amministrazioni previdenziali estere per garantire l’attuazione dei diritti umani legati alla persona, di quelli economici, sociali e culturali, includendo il diritto alla salute, alla sicurezza sociale, alle condizioni di lavoro giuste e, conseguentemente, alla tutela previdenziale e pensionistica. Chi emigra, infatti, deve poter contare sulla possibilità di valorizzare tutti i periodi contributivi accumulati in qualsiasi parte del mondo e senza preclusioni derivanti da barriere territoriali. L’Inps ha adeguato i propri sistemi e la propria organizzazione per attuare i regolamenti europei cui l’Italia ha aderito e le convenzioni bilaterali con Paesi extraeuropei che sono state stipulate, per assicurare la tutela dei propri assicurati/pensionati anche all’estero, anche nelle circostanze eccezionali, non programmate e imprevedibili, come nel caso di una pandemia o di un conflitto. L’obiettivo prioritario, per l’Inps, è quindi di consentire al lavoratore migrante di affrontare con maggiore tranquillità il trasferimento e l’inizio di una nuova attività lavorativa altrove, con tutte le garanzie tipiche previste in Italia, e di evitare che possa sentirsi, o sia, lavoratore di “serie b” rispetto ai lavoratori originari del paese ospitante. Ecco perché la portabilità dei diritti previdenziali rappresenta un elemento di giustizia sociale irrinunciabile. Per la Dott.ssa Delfina Licata, della Fondazione Migrantes, in un’Italia sempre più spopolata e longeva, la mobilità continua ad essere abitata sia come elemento strutturale che lega a dinamiche nazionali tradizionali, sia come elemento nuovo che porta sempre più giovani annualmente a partire (il 42% delle partenze annuali per la sola motivazione espatrio riguarda giovani tra i 18 e i 34 anni). Eppure gli anziani, tra gli italiani e le italiane in mobilità, continuano ad avere un ruolo da protagonisti: il 21,2% dei 6 milioni di connazionali residenti stabilmente e ufficialmente all’estero ha più di 65 anni. Le donne sono il 52,2%. L’analisi degli anziani italiani iscritti all’AIRE porta a fare un salto all’indietro di circa venti anni: è evidente, ad esempio, il protagonismo del continente americano, soprattutto dell’America Latina, con Argentina e Brasile che sono i paesi con il numero maggiore di anziani residenti. Il 52,2%  proviene dal Meridione, più esattamente da Sicilia, Campania, Calabria. La nostra attuale mobilità è, invece, euroamericana e le regioni più dinamiche risultano Lombardia e Veneto. Il Dr. Vito La Monica, Direttore centrale Pensioni Inps, ha approfondito il tema delle pensioni pagate all’estero.  L’insieme dei pagamenti delle pensioni all’estero - a gennaio 2022 oltre 317.000 - includono non solo quelli riferiti alle prestazioni in regime di totalizzazione internazionale, ma anche a quelle liquidate sulla base di sola contribuzione italiana. Complessivamente questo aggregato rappresenta il 2,3% del totale delle pensioni erogate dall’Istituto e si distribuisce su circa 160 Paesi. Con riferimento al trend quinquennale, si registra un decremento di oltre il 6%, dovuto essenzialmente alla riduzione dei pagamenti pensionistici in Aree continentali di “antica migrazione”, quali: Nord e sud America e Oceania. Ma nelle altre Aree il trend è costantemente in crescita. Da un punto di vista tendenziale, i dati interessanti sono quelli che riguardano l’incremento del numero dei pagamenti di pensioni in Europa (+4,3%), e la forte crescita di quelle pagate in America centrale, in Asia e in Africa (rispettivamente + 38,9%, + 34,9% e +30,3%). Oggi l’Inps sta provvedendo a liquidare soprattutto le pensioni della generazione di coloro che sono emigrati dopo il secondo dopoguerra. Molte di queste sono diventate pensioni di reversibilità, destinate a ridursi nel tempo, come, ad esempio avviene soprattutto per quelle destinate in America meridionale, dove le pensioni di vecchiaia rappresentano solo il 37% e quelle ai superstiti sono oltre il 60%, con un’età media molto elevata. Pertanto, nei Paesi che, in passato, hanno rappresentato le mete di milioni di italiani, le comunità di pensionati connazionali registrano un trend in forte decremento, mentre è iniziata la liquidazione di pensioni di “nuova generazione” in nuove località. Le pensioni all’estero sono destinate sia a italiani che a stranieri che in Italia hanno maturato una pensione o una quota parte di questa che viene liquidata in regime di totalizzazione.
Le pensioni pagate all'estero - dettaglio nazionalità
Area continentale Totale Italiani Stranieri % stranieri su totale
Europa 183.795 125.529 58.266 31,7%
Africa 4.055 3.194 861 21,2%
Asia 2.163 690 1.473 68,1%
Oceania 32.921 30.754 2.167 6,6%
America settentrionale 69.768 65.978 3.790 5,4%
America centrale 1.570 909 661 42,1%
America meridionale 22.982 13.670 9.312 40,5%
Totale 317.254 240.724 76.530 24,1%
  Agli stranieri è destinato il 24,1% del totale delle pensioni pagate all’estero, percentuale che sale in America meridionale e in America centrale, ma soprattutto in Asia. Il trend è in crescita, pari a un generale incremento del 17,4%, e con un picco in America centrale (+72,6%) e in Asia (+44,6%). Diminuiscono invece in America meridionale e settentrionale e in Africa. Quello dei pensionati che decidono di emigrare all’estero è un tema di grande attualità. Questi – ha sottolineato la Dr.ssa Susanna Thomas, della Direzione Centrale Pensioni Inps – che ne ha analizzato le motivazioni che li spingono a lasciare il nostro paese sulla base dei dati raccolti. L’Inps ha iniziato ad analizzare in maniera più puntuale e sistematica l’argomento da 12 anni, da quando il fenomeno è diventato più significativo. In questo lasso di tempo il trend è stato assolutamente incostante, alternando periodi di forte crescita ad altri di decremento. Sicuramente ha inciso la pandemia: fino al 2019 i numeri di chi decideva di trasferirsi altrove si attestavano a circa 5.600 – 5.700 partenze, nel 2020 e nel 2021 si è scesi ad una media di circa 3.600 pensionati, per poi risalire, nel 2022 a oltre 4.600 partenze. L’argomento è stato affrontato partendo dalla distinzione tra pensionati italiani e pensionati stranieri. Questi ultimi hanno avuto un forte trend in crescita e nel 2022 hanno rappresentato il 40% del totale dei pensionati che hanno lasciato il nostro paese. Per quanto concerne i soli pensionati italiani, la prima motivazione analizzata, quella della ricerca di Paesi esotici, non ha avuto alcun riscontro significativo a livello statistico. La seconda motivazione, relativa alla ricerca di paesi che offrono vantaggi economico-  fiscali non è del tutto soddisfacente perché, a parte la Spagna, le altre destinazioni registrano arrivi poco consistenti dal punto di vista statistico e soprattutto è basso il numero delle donne che vi si sono trasferite. Queste in particolare scelgono come mete la Svizzera, la Germania, la Spagna, gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Francia, il Belgio e in parte la Gran Bretagna. Conteggiando anche gli uomini, questi sono i Paesi che insieme risultano i più significativi dal punto di vista statistico. La caratteristica di questi paesi è quella di aver accolto i giovani lavoratori italiani. I pensionati italiani che vi si sono trasferiti sono i genitori di coloro i quali hanno trovato lavoro e si sono stabilizzati in questi paesi numeri peraltro sottostimati, in quanto non tutti trasferiscono la residenza dall’Italia, volendo mantenere l’assistenza sanitaria italiana. Segnala, infine, che la Spagna non attira solo pensionati attratti dai vantaggi delle isole Canarie, ma anche molti genitori perché è un paese che ha accolto e continua ad accogliere numerosi giovani lavoratori italiani. Conclude, pertanto, che per contenere il fenomeno delle migrazioni di pensionati la soluzione migliore è far rientrare i giovani lavoratori in Italia. Lo storico delle migrazioni, Prof. Toni Ricciardi, si è soffermato sul dimostrare come le direttrici mi-gratorie di ieri spieghino le pensioni di oggi. L’analisi è partita dal ricordare la stagione degli accordi in emigrazione che l’Italia siglò con molto paesi all’epoca e principalmente con Stati europei, a partire dal 1946 con il Belgio, 1947 con la Francia, fino a toccare i due accordi che ne segnarono la storia migratoria del secondo dopoguerra, Svizzera nel 1948 e Repubblica federale tedesca nel 1955. Questa fase della storia dell’emigrazione italiana è stata caratterizzata dagli accordi, dalla stagionalità della permanenza, dai progetti migratori che ne mutarono la durata e l’essenza della Provincia italiana dalla quale i flussi principali provennero. Il rapporto con i luoghi d’origine, con i luoghi della partenza, non fu solo testimoniato durante gli anni dell’emigrazione attraverso le rimesse che, in molte realtà territoriali, rappresentarono i primi momenti di modernità e cambiamento. Infine, è stato affrontato il case studies della Svizzera, primo paese erogatore di pensioni in Italia, quasi 2 miliardi l’anno dal quale sono rientrate quasi 300 mila persone. Da questo punto di vista è stato interessante notare come la presenza nella Confederazione, dove ancora oggi vive la terza comunità italiana nel mondo (700mila), abbia interessato significativamente la provincia italiana. Infatti, in province come Avellino, Bergamo, Catania, Catanzaro, Como e Lecce, la percentuale sul totale delle pensioni erogate da Inps, non scende mai al di sotto del 54%, a testimonianza dell’impatto che la migrazione ha avuto ieri, con le partenze, e oggi con i ritorni che contribuiscono in molti casi a mantenere in vita minuscoli comuni della penisola. Gli emigrati italiani sono stati e sono una risorsa per il nostro Paese? L’erogazione delle pensioni all’estero produce la dispersione di consistenti mezzi finanziari che, anziché entrare nel ciclo economico del nostro Paese e contribuire a produrre nuova ricchezza, sostengono il sistema economico dei Paesi di residenza dei pensionati? Oppure i nostri emigranti, che hanno conseguito all’estero trattamenti previdenziali per importi di gran lunga superiori alle pensioni italiane pagate all’estero, garantiscono un afflusso nel nostro sistema economico di consistenti erogazioni dall’estero? È quanto ha analizzato il Dr. Daniele Russo, dirigente della Direzione Centrale Pensioni Inps, avvalendosi di una survey elaborata dall’Inps ed inoltrata alle Istituzioni previdenziali estere per conoscere il numero e gli importi delle pensioni che erogano in Italia. Operando il confronto con alcuni Paesi sul numero di pensioni che questi erogano nel nostro territorio e che al contrario l’Inps paga nel loro si è rilevato che i paesi che storicamente hanno rappresentato le mete privilegiate dei migranti italiani e che sono vicini ai luoghi di origine, come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, ma anche Olanda e Austria, sono quelli che pagano un rilevante numero di pensioni in Italia, a coloro, cioè, che, conclusa l’esperienza lavorativa all’estero, hanno deciso di far rientro nei nostri confini. Al contrario, in quelli più lontani, come Australia, Stati Uniti e Canada, dove gli italiani migrati hanno preferito rimanere perché la lontananza ha contribuito a ridurre i legami con il nostro Paese, l’Inps registra un consistente numero di pensioni da pagarvi. Le conclusioni sono state affidate a Mons. Giancarlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Cei per le Migrazioni che ha sottolineato come la migrazione è ormai un fenomeno strutturale che la Fondazione Migrantes studia da anni attraverso alcune ricerche come il Rapporto Immigrazione (realizzato con Caritas Italiana), il Rapporto Italiani nel Mondo sul fenomeno dell’emigrazione italiana e il Rapporto Asilo. Il tema migratorio è sempre al centro del dibattito pubblico spesso con una narrazione non conforme alla realtà e che porta a farlo diventare  capro espiatorio del disagio sociale che si avverte nelle nostre città. Si registra una certa stanchezza soprattutto nelle fasce più bisognose imputando le cause ad una immigrazione irregolare. Tra la Fondazione Migrantes e l’INPS si è istaurata, da anni, una collaborazione che porta, con studi ed eventi come questi, a incidere nel dibattito culturale di oggi. Non servono, comunque, solo le statistiche e gli studi che rimangono nascosti nei cassetti delle scrivanie. Questi studi e ricerche, devono arrivare sulle scrivanie dei decisori politici e soprattutto è necessario che affianchino le istituzioni, le indirizzino per giusti e nuovi percorsi di lavoro per e con i migranti. Il passaggio dallo studio all’azione è fondamentale, ma di difficile realizzazione se non si conviene a uno sforzo collettivo nell’interesse del benessere comune. Ed è quello che proponiamo di fare ancora una volta oggi riconfermando la collaborazione tra Migrantes e Fondazione Migrantes. È seguita poi una Tavola Rotonda su pandemia, guerra e movimenti migratori alla quale hanno partecipato Micaela Gelera, Commissario straordinario dell’INPS, mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, e Luigi Maria Vignali, Direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del MAECI.          

Inps-Migrantes: domani convegno “L’Italia delle partenze e dei ritorni. Pensionati migranti di ieri e oggi”

9 Ottobre 2023 - Roma - “L’Italia delle partenze e dei ritorni. Pensionati migranti di ieri e oggi”. Sarà questo il titolo del convegno promosso dall’INPS  e dalla Fondazione Migrantes che si svolgerà domani, martedì 10 ottobre, dalle 9,30, a Roma (Palazzo Wedekind, piazza Colonna 366). Sono previsti interventi sull’andamento dei trasferimenti all’estero e degli anziani che emigrano, sulle pensioni pagate all’estero, sul rientro in Italia da pensionati dei nostri emigranti oltre ad una tavola rotonda su “Quale futuro per le italiane e gli italiani che invecchiano? Tra pensione e mobilità”. Interverranno Delfina Licata della Fondazione Migrantes; Vito La Monica, Direttore centrale pensioni dell’INPS; Susanna Thomas, Direzione centrale Pensioni dell’INPS, Toni Ricciardi, deputato e storico delle migrazioni all’ Université de Genève, Daniele Russo, Dirigente Direzione centrale Pensioni dell’INPS e mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes al quale sono affidare le conclusioni prima della tavola rotonda alla quale interverranno, moderati da Fabio Insenga, vice direttore Adn Kronos, Micaela Gelera, Commissario Straordinario dell’INPS, mons. Gian Carlo Perego, Presidente Fondazione Migrantes e Luigi Maria Vignali, Direttore Generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale.

L’Italia delle partenze e dei ritorni. Pensionati migranti di ieri e oggi: Un convegno INPS e Fondazione Migrantes

5 Ottobre 2023 - Roma - “L’Italia delle partenze e dei ritorni. Pensionati migranti di ieri e oggi”. Sarà questo il titolo del convegno promosso dall’INPS  e dalla Fondazione Migrantes che si svolgerà martedì 10 ottobre, dalle 9,30, a Roma (Palazzo Wedekind, piazza Colonna 366). Sono previsti interventi sull’andamento dei trasferimenti all’estero e degli anziani che emigrano, sulle pensioni pagate all’estero, sul rientro in Italia da pensionati dei nostri emigranti oltre ad una tavola rotonda su “Quale futuro per le italiane e gli italiani che invecchiano? Tra pensione e mobilità”. Interverranno, nell'ordine, Delfina Licata della Fondazione Migrantes; Vito La Monica, Direttore centrale pensioni dell’INPS; Susanna Thomas, Direzione centrale Pensioni dell’INPS; Toni Ricciardi, storico delle migrazioni all’Università di Ginevra; Daniele Russo, Dirigente Direzione centrale Pensioni dell’INPS e Mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes al quale sono affidate le conclusioni prima della tavola rotonda. A quest'ultima interverranno, moderati da Fabio Insenga, vice direttore Adn Kronos, Micaela Gelera, Commissario Straordinario dell’INPS, Mons. Gian Carlo Perego, Presidente Fondazione Migrantes e Luigi Maria Vignali, Direttore Generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale.  

Inps-Migrantes: Italia, Pensioni e Mobilità, Storie di partenze e di ritorni

4 Luglio 2022 - Roma - “Italia, pensioni e mobilità: storie di partenze e di ritorni”. Questo il tema del convegno che si è svolto oggi, lunedì 4 luglio, presso Palazzo Wedekind, organizzato da Inps e Fondazione Migrantes  con un confronto sul tema dei pensionati italiani all’estero. A introdurre i lavori è stato il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che ha ricordato come i flussi migratori interessino ogni parte del mondo, incluso il nostro Paese, e che la scelta di emigrare non è più necessariamente legata alla necessità o al bisogno, ma può anche essere un’opzione derivante dal perseguire un interesse, un miglioramento della qualità di vita. L’Italia, ha sottolineato Tridico, oltre a disporre politiche di accoglienza, assiste alla partenza di lavoratori giovani e meno giovani, nonché di pensionati che spendono altrove il proprio trattamento pensionistico. Pertanto, dall’analisi dei pagamenti delle pensioni all’estero si possono trarre interessanti spunti di analisi sulle evoluzioni socioeconomiche nel nostro Paese. Rispetto ai fenomeni migratori rilevati, si evidenzia che il mondo delle pensioni Inps in questo momento si trova in una fase di transizione. I trattamenti corrisposti ai protagonisti dei flussi migratori del secolo scorso sono infatti in fase di diminuzione, specie in alcuni Paesi verso cui il flusso migratorio si è esaurito o fortemente limitato in epoca recente. Appare verosimile che tale situazione sia destinata a cambiare nei prossimi anni quando – man mano che i nuovi migranti raggiungeranno i requisiti di legge per l’accesso al pensionamento – anche da un punto di vista numerico le pensioni in regime internazionale e quelle in generale in pagamento all’estero aumenteranno in modo consistente. In prospettiva tali prestazioni non si potranno più considerare una categoria eccezionale o residuale rispetto alla pensione nazionale: si porranno semmai come una componente rilevante dell’universo pensionistico italiano. “Eravamo soliti dire – ha detto Delfina Licata, della Fondazione Migrantes, – che l’Italia contava uguale numero di immigrati soggiornanti nel Paese ed emigrati italiani all’estero. Questa affermazione, stando alle statistiche di oggi, non è più vera: oggi il numero di connazionali che hanno scelto l’estero come luogo di residenza è superiore a quello degli immigrati che risiedono regolarmente nella Penisola. L’unica Italia a crescere è, oggi, quella che mette radici all’estero. L’Italia è uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata - complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente - non cresce più”. Al 1° gennaio 2021, la comunità dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato ISTAT), ha registrato un aumento del 3% nell’ultimo anno di coloro che risiedono stabilmente all’estero. La mobilità degli italiani con la pandemia non si è arrestata, ma ha sicuramente subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all’estero da cittadini italiani, ma piuttosto le vere e proprie partenze: il numero dei connazionali che hanno materialmente lasciato il Paese recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, -21.408 persone rispetto all’anno precedente. Nonostante la generale riduzione, le caratteristiche complessive restano invariate rispetto al 2020: si tratta, cioè, di una mobilità prevalentemente maschile, giovane (il 42,8% ha tra i 18 e i 34 anni, percentuale in rialzo di 2 punti rispetto all’anno precedente) e giovane adulta (il 23,1% ha tra i 35 e i 49 anni). I minori si attestano al 20,2%, confermando i dati delle rilevazioni passate. Degli oltre 109 mila connazionali che hanno spostato la loro residenza dall’Italia all’estero lungo il corso del 2020, il 78,7% lo ha fatto scegliendo l’Europa come continente. Lo scegliere una meta di destinazione vicina risponde a una “strategia di contenimento dei rischi”: non solo per prevenire la possibilità di contrarre il virus, ma per le condizioni del sistema sanitario del luogo prescelto e delle prescrizioni ivi adottate. Nel generale calo registrato nel numero delle partenze, pari a -16,3%, le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-28,7% nella classe di età 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%): nell’anno della pandemia, il “rischio” di uno spostamento è stato volutamente evitato dai profili più fragili. Se nell’ultimo anno l’aumento della popolazione AIRE è stato del 3%, questo dato diventa il 6,9% dal 2019, il 13,6% negli ultimi cinque anni, ben l’82% dal 2006, anno della prima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo edito dalla Fondazione Migrantes. A inizio 2021 è ancora più evidente il processo di assottigliamento della differenza di genere iniziato già sedici anni fa quando le connazionali iscritte all’AIRE erano il 46,2% (1.435.150 in valore assoluto), per poi arrivare al 47,8% dieci anni fa nel 2011 (1.967.563 in valore assoluto). Attualmente si registrano 2.718.678 iscrizioni, il 48,1% del totale AIRE. Se i cittadini italiani residenti oltre confine negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, le donne in particolare lo hanno fatto dell’89,4%. Un processo che è, allo stesso tempo, di femminilizzazione e di familiarizzazione. A partire, infatti, sono sicuramente tante donne alla ricerca di realizzazione personale e professionale, ma vi sono anche tanti nuclei familiari con figli al seguito, legati o meno da matrimonio. Le donne italiane in mobilità si distinguono essenzialmente in tre profili: le vedove, che a volte rientrano per medio-lunghi periodi prima di fare ritorno all’estero (solitamente nello stesso paese in cui sono state emigrate per diversi anni oppure in nuovi paesi dove sono residenti figli e nipoti); le nonne, che raggiungo figlie, figli e nipoti; e le giovani/giovani adulte che partono da altamente qualificate o con titoli di studio medio-alti. Gabrieli Uselli, Direttore centrale Pensioni Inps, ha approfondito il tema delle pensioni liquidate alle donne, analizzando come si sia evoluta, nel tempo, la domanda di tutela previdenziale della migrante. Le donne, infatti, sono passate dall’essere, nella maggioranza dei casi, prive di forme di assicurazione, destinatarie solo di pensioni ai superstiti, al diventare un soggetto autonomo e indipendente che dà il via a vere e proprie catene migratorie al femminile. Le motivazioni sono principalmente quelle che spingono anche un uomo a partire: la prospettiva di una vita indipendente, un maggior benessere economico e una carriera professionale più gratificante. Oggi le donne emigrano quasi quanto gli uomini. Lo sviluppo di questo fenomeno si traduce nell’aumento delle pensioni di vecchiaia percepite dalle donne, rispetto al trend negativo di quelle ai superstiti. Secondo la Fondazione Migrantes, l’attuale fotografia della popolazione italiana residente all’estero è così costituita: su 5,6 milioni di iscritti il 45,5% ha tra i 18 e i 49 anni d’età (oltre 2,5 milioni), il 15% è minore (848 mila circa di cui il 6,8% ha meno di 10 anni) e il 20,3% ha più di 65 anni (oltre 1,1 milioni e di questi, il 10,7% cioè circa 600 mila, ha più di 75 anni). La longevità femminile appare in tutta la sua evidenza. Su 1.148.612 residenti italiani all’estero di età superiore ai 65 anni, il 52,2% sono donne; il 47,2% hanno 65-74 anni, il 31,6% si colloca nella fascia 75-84 anni. Il 21,2% supera gli 85. Dal 2006 al 2021 la presenza degli anziani italiani in mobilità è cresciuta del 91,5%. Le comunità più numerose si trovano in Argentina, Brasile, Svizzera e Germania. La storia dell’emigrazione italiana, unita al processo di longevità delle donne, porta a rintracciare alcuni paesi in cui il numero delle italiane è superiore a quello degli italiani. Questi paesi sono tutti collocati, e non è un caso, in America Latina: Argentina, Uruguay, Cile, Perù a cui segue il Sudafrica. La narrazione della recente mobilità condiziona anche il tema degli anziani, a volte resi ingiustamente protagonisti di un trend che ha avuto il suo culmine nel 2008 con oltre 9 mila partenze e che si è poi assestato sulle 6 mila unità. “Quello dei pensionati che decidono di emigrare all’estero è un tema di grande attualità. Questi – ha sottolineato Susanna Thomas, della Direzione Centrale Pensioni Inps – si possono suddividere in tre grandi categorie: gli immigrati che, conseguito il diritto a pensione, decidono di far ritorno nel loro Paese; i genitori di persone emigrate, che decidono di raggiungere i figli per aiutarli nella gestione dei nipoti o, più semplicemente, per evitare il senso di solitudine; infine chi lo fa per conseguire vantaggi economico–fiscali previsti da alcuni Paesi. A questi vanno poi aggiunti quei casi sporadici di cittadini che emigrano semplicemente perché cercano luoghi più esotici o maggiormente confortevoli rispetto alle personali esigenze. In questa sede, vengono analizzati i trend delle principali direttrici di emigrazione dei pensionati anche alla luce dell’introduzione di particolari elementi di favore nel trattamento fiscale della pensione”. Lo storico delle migrazioni, Toni Ricciardi, si è quindi soffermato sui principali paesi meta dei flussi migratori, confrontando le pensioni pagate dall’estero in Italia e le pensioni liquidate dall’Italia all’estero. I numeri delle pensioni e le somme di denaro erogate dall’estero in Italia – sebbene le cifre siano da ritenersi ben più alte di quelle ufficiali– confermano il processo migratorio che storicamente ha interessato la penisola. Non è un caso che i principali contributori esteri siano i paesi più attrattivi del secondo dopoguerra. In questa fase si sperimenta la cosiddetta emigrazione assistita e disciplinata dallo Stato, che trova nella stagione d’oro degli accordi di emigrazione la sua consacrazione massima. Cronologicamente, all’accordo con il Belgio del 1946, seguono quello con la Francia nel 1947 e quello con la Svizzera nel 1948, il più significativo del periodo, fino all’accordo del 1955 con l’allora Repubblica federale tedesca, che si inserisce nell’ampio ed articolato processo di integrazione europea. Non è un caso che le direttrici dell’epoca siano anche le stesse che oggi contribuiscono, in una sorta di rimborso postumo, ad accrescere il monte delle pensioni erogate dall’estero a cittadini e cittadine che hanno scelto di rientrare al momento della pensione (Belgio 97 milioni di euro, Francia 279 milioni, Germania 1,1 miliardi di euro, Svizzera 2 miliardi). Inoltre, in paesi specifici ritroviamo fasce sociali che, una volta maturato il diritto alla pensione, scelgono il rientro in Italia per numerose ragioni, tra le quali il differenziale del potere di acquisto (Svizzera e Germania). Se Germania e Svizzera sono i primi contributori in termini di erogazioni, nel caso svizzero, considerato il sistema pensionistico in vigore a partire dal 1986 (secondo pilastro contributivo), la cifra complessiva, con ogni probabilità, è almeno 2-3 volte superiore al monte complessivo. Infine, anche le pensioni erogate dall’Italia all’estero, in termini di monte complessivo, mostrano una mobilità in linea con un processo che si sta stratificando. “Operando un confronto con alcuni Paesi sul numero di pensioni che questi erogano nel nostro territorio e che al contrario l’Inps paga nel loro – ha evidenziato Daniele Russo, dirigente della Direzione Centrale Pensioni Inps – si è rilevato che i paesi che storicamente hanno rappresentato le mete privilegiate dei migranti italiani e che sono vicini ai luoghi di origine - come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, ma anche Olanda e Austria - sono quelli che pagano un rilevante numero di pensioni in Italia, a coloro che conclusa l’esperienza lavorativa all’estero hanno deciso di far rientro nei nostri confini. Al contrario, nei paesi più lontani, come Australia, Stati Uniti e Canada, dove gli italiani migrati hanno preferito rimanere perché la lontananza ha contribuito a ridurre i legami con il nostro Paese, l’Inps registra un consistente numero di pensioni da pagare”. Le conclusioni sono state affidate al Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, l’arcivescovo Mons. Gian Carlo Perego che ha ribadito come siano importanti le occasioni di riflessione e di collaborazione tra enti che hanno il compito di accompagnare le persone. “Il nostro paese vive un momento molto delicato e saranno decisivi i passi che saranno compiuti alla luce della dinamica demografica che ci sta condizionando sempre di più e della strutturalità della mobilità, in uscita e in entrata, che condiziona i nostri territori. Per questo diventa essenziale l’analisi e la lettura di questo legame, rendendo ancora più marcata e ufficiale la collaborazione tra l’Inps e la Fondazione Migrantes attraverso una ricerca nazionale che viene annunciata oggi, aprendosi anche ad altre eventuali realtà nazionali ed estere. L’obiettivo è far emergere quanto il contributo dato, ieri come oggi, dalle lavoratrici e dai lavoratori italiani all’estero e dalle attuali pensionate e pensionati rientrati in Italia sia da sempre ricchezza fondamentale in alcune aree del nostro paese, a maggior ragione nel quadro socio-demografico di cui si è parlato. Così come ricchezza inestimabile è il lavoro oggi di cittadini di altre nazionalità che diventano o potrebbero diventare italiani in futuro, restando in Italia o ritornando nei loro luoghi di origine. Una nuova Italia non potrà che essere figlia della mobilità: giovani che scelgono l’Europa non solo per il lavoro, ma per scrivere una nuova storia familiare, una nuova partecipazione alla vita delle città, una democrazia da costruire e sperimentare”. È seguita poi una tavola rotonda su pandemia, guerra e movimenti migratori alla quale hanno partecipato Pasquale Tridico, presidente INPS, mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, Giovanni Maria De Vita, consigliere del MAECI, e Gabrieli Uselli, Direttore centrale Pensioni Inps. Il convegno è stato moderato da Federico Luperi, giornalista ADNKronos.

Tornano le videochiamate dellʼInps per i pensionati che vivono allʼestero

1 Febbraio 2022 -

Milano - L’accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero riveste per l’Inps una particolare importanza. Sono oltre 350.000 i titolari di pensioni della nostra previdenza diversamente localizzati in oltre 160 Paesi. Tuttavia la difficoltà di acquisire notizie aggiornate e tempestive sulle condizioni del titolare (decesso ecc.) espone l’Istituto al continuo rischio di pagare importi di pensione non dovuti.

Riprende pertanto quest’anno la periodica operazione di accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati all’estero in carico all’Inps. L’accertamento viene effettuato da Citibank NA, l’istituto di credito vincitore per bando pubblico, incaricato di eseguire i pagamenti al di fuori del territorio nazionale per conto dell’Inps. La vastità dell’operazione obbliga tuttavia Citibank a frazionare le comunicazioni con i pensionati per aree geografiche, e nell’arco di diversi mesi, dovendo tener conto anche delle condizioni climatiche o sociali dei Paesi interessati.

A partire dal 7 febbraio 2022, i primi a ricevere da Citibank il modulo per l’esisten-za in vita sono i pensionati residenti nel Continente americano, nei Paesi scandinavi, negli Stati dell’Europa dell’est, in Asia, Medio ed Estremo Oriente.

I moduli devono essere restituiti alla banca entro il 7 giugno 2022. Qualora l’attestazione non sia prodotta, il pagamento della pensione di luglio 2022 avverrà in contanti presso le Agenzie di Western Union e, in caso di mancata riscossione personale oppure di mancata attestazione entro il 19 luglio 2022, il pagamento della pensione sarà sospeso dalla rata di agosto 2022.

Nella necessità di evitare assembramenti stante l’emergenza sanitaria in corso, l’Istituto ha previsto un periodo di quattro mesi durante i quali attestare l’esistenza in vita. I pensionati, come in passato, potranno recarsi presso gli uffici consolari, i patronati o le autorità locali. In questa occasione l’Inps ha previsto anche, in aggiunta e per maggiore comodità degli interessati, l’opportunità di rapportarsi con gli uffici consolari con una videochiamata attraverso gli applicativi più diffusi, ad esempio Skipe, Zoom, Microsoft Teams, Webex, WhatsApp. Nelle comunicazioni di Citibank sono contenute le modalità di connessione, da osservare a garanzia dell’identità del pensionato e del suo recapito digitale. (Vittorio Spinelli - Avvenire)

Tridico: reddito di cittadinanza anche per gli immigrati

26 Marzo 2021 - Roma – Oggi «sono necessarie risorse aggiuntive soprattutto per le famiglie numerose e gli immigrati. Il reddito di cittadinanza prevede un requisito di residenza in Italia di dieci anni, mi sembra eccessivo e non esiste in nessun Paese europeo». Lo dice oggi il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in una lunga intervista al quotidiano “La Stampa”. Tridico dice di fare «una valutazione tecnica: per formazione culturale mi occupo di sistemi economici comparati, faccio confronti con le migliori esperienze nei Paesi avanzati. Le decisioni e le legittime riflessioni politiche non spettano a me».

Inps: i dati dell’Osservatorio sugli stranieri

26 Novembre 2020 - Roma - Per la prima volta l’Inps pubblica un osservatorio sugli stranieri distinti tra non comunitari, se in possesso di regolare permesso di soggiorno, e comunitari se nati in un Paese estero dell’UE. Nell’anno 2019 sono 3.816.354 i cittadini stranieri, comunitari e non, rilevati nella banca dati dell’Inps, di cui 3.304.583 (86,6%) sono lavoratori attivi, 252.276 (6,6%) pensionati e 259.495 (6,8%) percettori di prestazioni a sostegno del reddito. Il 67,7%, pari a 2.583.886 stranieri, proviene da Paesi extra UE, 305.875 (8,0%) da Paesi UE15 e 926.593 (24,3%) da altri Paesi UE evidenza l'Istituto di Previdenza. L’analisi dei dati per Paese di provenienza rileva, in proporzione, la presenza di 756.217 Romeni, che rappresentano il 19,8% di tutti gli stranieri regolarmente presenti in Italia; seguono  Albanesi (343.923, 9,0%), Marocchini (286.835, 7,5%), Cinesi (217.945, 5,7%), Ucraini (175.997, 4,6%) e Filippini (124.411, 3,3%). Tra i cittadini stranieri prevale il genere maschile (55,2%), soprattutto tra pakistani (95,2%), bengalesi (94,4%), egiziani (93,2%), senegalesi (85,9%) e indiani (82,6%). Le donne prevalgono invece tra i cittadini provenienti da Ucraina (81,1%), Moldova (68,1%), Perù (60,2%) e Filippine (58,2%). Per quanto riguarda l’età i non comunitari sono generalmente più giovani: il 46,5% ha meno di 39 anni contro il 36,9% degli stranieri UE; il 44,7% ha tra i 40 e i 59 anni (50,3% UE) e solo l’8,7% ha più di 60 anni (12,8% UE). Il 60,8% degli stranieri in Italia nel 2019 risiede o lavora in Italia settentrionale, il 24,1% in Italia centrale e il 15,1% in Italia meridionale e Isole. Al nord e al centro prevalgono gli stranieri provenienti da Paesi extra UE rispetto agli stranieri provenienti dai Paesi UE (rispettivamente 70,8% e 65,6%), al sud il divario tra le due aree di provenienza è meno marcato con gli stranieri extra UE regolari sotto il 60% (58,6%). Rispetto alla popolazione residente, al nord l’incidenza straniera regolare è di 8,7 su 100 residenti, al centro 7,7, al sud e isole 2,8. Tra i lavoratori stranieri, secondo i dati Inps, i lavoratori dipendenti sono 2.836.998, con una retribuzione media annua di 13.770,93 €., di questi 2.002.034 lavorano nel settore privato non agricolo, 300.555 nel settore agricolo mentre i domestici sono 534.409. I pensionati sono 252.276, con un importo medio annuo pari a 10.278,02 €: il 49,9% (125.820) ha una prestazione assistenziale, mentre coloro che percepiscono una pensione di tipo previdenziale sono 89.306 (il 35,4%); 15.471 (6,1%) sono i titolari di pensioni indennitarie e 21.679 (8,6%) titolari di due o più pensioni.

Rapporto Italiani nel Mondo: le migrazioni italiane attraverso l’analisi dei dati INPS

27 Ottobre 2020 - Roma - Oggi il mondo delle pensioni INPS si trova in una fase di transizione in cui i  trattamenti corrisposti ai protagonisti dei flussi migratori del secolo scorso stanno diminuendo, soprattutto in alcuni paesi verso cui il flusso si è esaurito o è fortemente in diminuzione, e solo recentemente incominciano ad essere liquidate le pensioni ai nuovi migranti in un panorama in cui cambiano i paesi interessati e le caratteristiche delle pensioni in regime internazionale o, più in generale, pagate all’estero. Appare plausibile ritenere che tale situazione sia destinata a cambiare rapidamente nei prossimi anni quando, man mano che i nuovi migranti raggiungeranno i requisiti di legge per l’accesso al pensionamento, le pensioni pagate all’estero aumenteranno in modo consistente divenendo una componente sempre più presente nell’universo pensionistico italiano. Le pensioni pagate all’estero rappresentano solo il 2,4% del totale delle pensioni pagate dall’INPS, sottolinea il rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes presentato questa mattina a Roma. Il trend degli importi di pensioni pagate all’estero nelle diverse aree continentali dal 2015 al 2019 è positivo: in generale, infatti, nel quinquennio, gli importi sono cresciuti del 19,4%, nonostante la riduzione di importi pagati in alcune aree. Più in dettaglio, si conferma il trend negativo di alcune aree continentali che rappresentano le “vecchie” mete di emigrazione, mentre crescono gli importi di pensione erogati nelle “nuove” destinazioni come, ad esempio, il continente africano, dove si regista un incremento del 165%. Merita di essere sottolineato il dato europeo, in considerazione del fatto che in quest’area viene erogato il 60,3% del totale delle pensioni pagate all’estero: qui si registra un incremento del 50,2% a fronte del decremento numerico del 2,8%. L’incremento complessivo degli importi pagati del 19,4% trova la sua motivazione nell’andamento delle tipologie di pensione: quelle di vecchiaia/anzianità rappresentano il 65,4% del totale, mentre quelle ai superstiti sono il 31,3% e le restanti di inabilità/invalidità. In Europa, in particolare, le pensioni di vecchiaia sono il 69,2% del totale e in Africa il 70,1%, in aumento, rispetto al 2018, rispettivamente del 2,3% e dell’8,3%. La Germania è il paese dove si è registrato il più alto incremento numerico di pensionati INPS (+3.208), seguita dalla Romania (+2.258), dal Portogallo (+1.786), dalla Spagna (+1.569). È evidente che alcuni di questi paesi sono quelli da cui provengono molti degli immigrati arrivati in Italia a partire dagli anni Ottanta, che poi, maturata la pensione italiana, sono rientrati nel loro paese. Altre realtà, invece, come Portogallo e Spagna, hanno avuto un’escalation negli ultimi anni per essere diventate mete attrattive in ragione delle agevolazioni fiscali e del costo della vita più basso.