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Migranti: l’Europa accelera

15 Giugno 2021 - Bruxelles – Il Patto migratorio non può più attendere. La Commissione Europea aumenta il pressing per sbloccare un dossier arenato da anni soprattutto sul fronte della solidarietà. «Trovare un accordo al più presto sul Patto per la migrazione e l’asilo – ha dichiarato ieri il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas – dovrebbe essere una priorità». Per Schinas «la mancanza d’intesa non fa che alimentare il business dei trafficanti, causando un grave bilancio di vite umane». «Dobbiamo superare il sistema di Dublino (sull’asilo, ndr) – ha aggiunto il presidente del Parlamento europeo David Sassoli – per un’autentica cooperazione tra Paesi basata su un meccanismo permanente di solidarietà, ripartizione (di migranti, ndr) e responsabilità». Ma è proprio su questo punto che tutto resta bloccato; non è decollata neppure l’idea di un meccanismo provvisorio di ridistribuzione volontaria in soccorso a Paesi di prima linea come l’Italia. La Germania (in campagna elettorale) si mostra perplessa, sostenendo di essere più sotto pressione di noi: a fine aprile aveva ricevuto 38.000 domande di asilo contro i 13.000 migranti sbarcati nella Penisola. Anche la Francia, con le presidenziali del 2022, punta i piedi. Tant’è che al pranzo dei ministri degli Interni l’8 giugno a Lussemburgo il tema ridistribuzione praticamente non è stato toccato, né figura nelle prime bozze di conclusioni del Consiglio Europeo del 24-25 giugno, dove pure la migrazione – per insistenza dell’Italia – sarà un piatto forte. Non parliamo poi del meccanismo permanente di ridistribuzione previsto dal Patto proposto dalla Commissione: il no di molte nazioni, non solo dell’Est, è ferreo. Roma intanto vede grandi squilibri nel Patto: solidarietà insufficiente a fronte di troppi oneri per i Paesi di prima linea. Il Nord Europa, come dimostra una recente lettera a Bruxelles firmata dai ministri di Germania, Francia, Belgio e Olanda, lamenta invece i movimenti secondari di migranti dal Sud (anzitutto dalla Grecia). Inoltre Berlino e Parigi puntano il dito contro l’Italia, accusata di bloccare il negoziato. «E poi ci chiedono pure un aiuto» inveisce un diplomatico del Nord. Roma, insieme agli altri mediterranei, insiste sul concetto di «pacchetto»: il Patto va approvato nel suo complesso e non, come vogliono Parigi e Berlino, «a rate», cominciando dai dossier su cui c’è consenso. Consenso già assodato sulla dimensione esterna (cooperazione con i Paesi di transito e d’origine, rimpatri, rafforzamento delle frontiere esterne). E soprattutto, sulla riforma dell’Easo (l’ufficio Ue per l’asilo): è ormai concluso a livello tecnico l’accordo per trasformarlo in una vera Agenzia Ue per l’asilo (Euaa), ma non si è potuto formalizzarlo per la logica del pacchetto. Un movimento c’è: la ministra Lamorgese insieme ai colleghi di Grecia, Cipro e Malta l’8 giugno ha offerto alla Commissione una soluzione pragmatica: siglare l’accordo sull’Euaa, ma attenderne l’attuazione fino a un’intesa complessiva. Potrebbe servire a migliorare il clima. Ma il cammino è ancora lungo. (Giovanni Maria Del Re - Avvenire)    

Centro Astalli: venerdì il “Colloquio sulle migrazioni”

15 Giugno 2021 - Roma - In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il Centro Astalli organizza il colloquio sulle migrazioni "Rifugiati: riscopriamo il volto dell'ospitalità", venerdì 18 giugno alle ore 18.00 dal Giardino della Basilica di San Saba all'Aventino a Roma. All'incontro interverranno il Card.  Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena - Colle di Val d'Elsa - Montalcino, Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica "Limes" e padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli moderati da Maria Cuffaro, giornalista Rai. Seguirà alle ore 20.15 un concerto di Ilaria Pilar Patassini, cantautrice e interprete, con musiche di Federico Ferrandina alla chitarra e Andrea Colella al contrabbasso. Gli eventi saranno trasmessi in diretta sul canale YouTube del Centro Astalli https://www.youtube.com/user/centroastallitv  

Sant’Egidio: presentate proposte per “una ripartenza migliore e una giusta e legale immigrazione”

14 Giugno 2021 - Roma - Ripristinare flussi di ingressi regolari nei settori che hanno più bisogno di lavoratori, come la sanità, il turismo e l’agricoltura; reintrodurre il sistema di sponsorship private e “prestazione di garanzia” per far entrare lavoratori dall’estero; ampliare i corridoi umanitari ed estenderli ad altri Paesi europei; superare il Regolamento di Dublino prevedendo la possibilità, per chi si sposta per i 3 mesi consentiti, di accettare un impiego in un Paese diverso da quello di arrivo e possibilità di sponsor privati che possano richiedere l’autorizzazione all’ingresso per ricerca di lavoro per un anno. Sono queste le principali proposte in materia immigrazione che la Comunità di Sant’Egidio rivolge oggi al Governo italiano e a tutti i governi in vista del prossimo Consiglio europeo “per una giusta e legale immigrazione”. A partire da una esperienza di 40 anni, la Comunità di Sant’Egidio invita la politica italiana ed europea ad affrontare la fase della ripartenza dopo la pandemia tenendo conto anche dell’inverno demografico in corso e della mancanza di lavoratori in alcuni settori, per far incontrare domanda ed offerta, i bisogni delle famiglie italiane e di chi emigra e “per garantire legalità e sicurezza per tutti”. “Il tema della ripartenza può essere una occasione per cambiare in meglio – ha detto oggi Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio in conferenza stampa –, per creare un mercato del lavoro sano e non tenere nessuno in situazione di irregolarità”. Ci sono infatti 600.000 persone in Italia “che se regolarizzate sarebbero una grande ricchezza per il gettito fiscale dello Stato, le pensioni e il welfare”. Il problema di fondo è che l’Italia è a saldo zero tra emigrazione e immigrazione: “Gli italiani all’estero sono aumentati del 60% in 10 anni, passando da 3.100.000 a quasi 5 milioni. Nel 2019 sono emigrate 180.000 persone, di cui il 75% italiani, un numero pari alle persone arrivate in Italia. Perdiamo giovani, competenze e attrattività nel mercato del lavoro. Potremmo andare a cercare lavoratori qualificati nei Paesi extra-Ue”. Gli esempi concreti non mancano, anche dalla cronaca recente. “C’è una carenza del 20/30% di personale nel turismo e nella ristorazione – ha ricordato Impagliazzo –. Mancano 50.000 lavoratori in agricoltura e 60.000 infermieri nella sanità. Le famiglie soffrono per le carenze nell’assistenza degli anziani. Ci sono Paesi come il Perù, l’Argentina e la Romania che hanno scuole infermieristiche con livelli molto elevati ma manca l’equipollenza dei diplomi. Chiediamo al Governo italiano di riconoscere i titoli e impiegare immediatamente questo personale”. Impagliazzo ha chiesto anche di velocizzare le 220.000 domande di emersione dal lavoro nero del governo Conte: “Ne sono state accolte pochissime perché le pratiche non vengono lavorate”. Tutte le proposte, ha concluso Impagliazzo, “sono nell’aria da tempo ma non si ha il coraggio politico di fare scelte semplici e di buon senso , che potrebbero essere messe in pratica nell’immediato”. (P.C. – Sir)  

Acli: Festa della Repubblica sia festa di tutti, anche di chi non ha ancora la cittadinanza italiana

2 Giugno 2021 -

Roma - In occasione della Festa della Repubblica che si celebra oggi, le Acli hanno lanciato lo slogan “Cittadino italiano è anche chi sogna di esserlo”, con un esplicito richiamo al Parlamento affinché riprenda la discussione sulla riforma della cittadinanza che, complice anche la crisi dovuta alla pandemia, è rimasta su "un binario morto".

Sono ormai quasi 30 anni dalla legge 91 del 1992 ed è "chiaro - si legge in una nota - a tutti che la mobilità delle persone durante questi decenni si è profondamente trasformata e ha cambiato anche il volto del nostro paese". Le Acli chiedono con "forza che la norma che regola il diritto di cittadinanza, ancora legata allo ius sanguinis, vale a dire ad un impianto legislativo che risale addirittura al 1912, venga modificata e si arrivi presto ad uno ius soli".

Al via collaborazione UEFA-UNHCR per sostenere i rifugiati

28 Maggio 2021 - Siamo certi che, chiudendo gli occhi, molti rivedranno le emozionanti immagini della partita immaginaria di calcio (senza il pallone!) del film Timbuktu (capolavoro di A. Sissako del 2014), poiché esse hanno saputo trasmetterci la passione per questo incredibile gioco di quei ragazzi del Ciad, amore per uno sport che nemmeno le imposizioni e le minacce degli jihadisti di Boko Haram riescono a porre fine:  forse il più bel manifesto della universalità di questo gioco. Questa considerazione pensiamo che sia una di quelle che hanno hanno fatto sì che la UEFA, Unione Europea delle Federazioni Calcistiche, e l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, abbiano sottoscritto un Protocollo di Cooperazione per sostenere l’accesso dei rifugiati allo sport e favorire l’inclusione sociale. Il Protocollo impegna le due organizzazioni a sviluppare iniziative a lungo termine per sostenere i rifugiati, e tutti coloro che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case, sfruttando il potere di trasformazione del calcio per promuovere i loro diritti e sostenere la loro integrazione nelle comunità che li ospitano. La partnership incoraggerà anche una stretta collaborazione sul campo tra le federazioni affiliate alla UEFA e gli uffici dell’UNHCR in tutta Europa. “In qualsiasi parte del mondo io viaggi per l’UNHCR, nei campi per rifugiati, negli insediamenti, nei paesi e nelle città, vedo che il calcio ha la capacità di unire le persone intorno a una passione comune. Attraverso la nostra partnership con l’UEFA speriamo di utilizzare il potere del calcio per far incontrare le persone che sono state costrette a fuggire e le comunità che li accolgono,” ha detto l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi. “Lo sport rappresenta un’opportunità di inclusione per i bambini e per i giovani rifugiati – ha anche il potere di aiutarli a ricostruire le loro vite e ispirare a valori positivi,” ha aggiunto. Per il presidente della UEFA Aleksander Čeferin, il Protocollo di Cooperazione “è un modo efficace per rafforzare ulteriormente il calcio come potente strumento per favorire l’inclusione sociale sostenibile dei rifugiati e promuovere la coesione sociale. La partnership con l’UNHCR si basa sul già ampio lavoro della UEFA in questo settore, anche attraverso le iniziative e i programmi della Fondazione UEFA per i Bambini. La cosa più importante è che le nostre attività congiunte avranno un impatto reale sulla vita quotidiana dei rifugiati e di tutte le altre persone costrette alla fuga”. “La partnership istituzionale con l’UNHCR sottolinea l’impegno della UEFA in linea con il nuovo pilastro sulla Responsabilità della Strategia UEFA e le sue politiche specifiche di Supporto ai Rifugiati e di Inclusione, che riflettono la nostra volontà di assicurare il sostegno del calcio europeo su temi cosi importanti per la società civile”, ha aggiunto Il direttore dell’area Calcio e Responsabilità Sociale della UEFA, Michele Uva. L’accordo è stato firmato dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, e dal Direttore dell’area Calcio e Responsabilità Sociale della UEFA, Michele Uva, presso la sede dell’UNHCR a Ginevra. (www.migrantitorino.it)  

Parlamento Ue “creare vie legali per l’ingresso di lavoratori nell’Unione”

21 Maggio 2021 - Roma - “Dal 2015 la migrazione legale figura a malapena nello sviluppo della politica migratoria dell’Ue”, mentre il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo non include alcuna proposta specifica in questo settore”. È la posizione decisa dall’Europarlamento, in chiusura di plenaria, con una risoluzione non legislativa adottata con 495 voti favorevoli, 163 contrari e 32 astensioni. Una legislazione Ue sulla migrazione legale “attirerebbe i lavoratori, indebolirebbe i trafficanti di esseri umani, faciliterebbe l’integrazione e incoraggerebbe una migrazione più ordinata”, sostiene il testo approvato. Secondo i deputati, “le politiche dell’Ue e nazionali in materia di migrazione legale dovrebbero concentrarsi sul fornire una risposta alle carenze dei mercati del lavoro e delle competenze”, tenendo presente l’invecchiamento della popolazione e la contrazione della forza lavoro. Per una risposta più efficiente ai bisogni o alle carenze di manodopera sui mercati nazionali, i deputati propongono di sviluppare un “bacino di talenti” e una piattaforma di corrispondenza a livello europeo, che possa coprire tutti i settori e i livelli di occupazione e che funga da sportello unico per i lavoratori non Ue, i datori di lavoro e le amministrazioni nazionali.  In un’altra risoluzione non legislativa adottata con 602 voti favorevoli, 35 contrari e 56 astensioni, i deputati hanno ribadito che, in linea con i contenuti del Regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility), il Parlamento “ha il diritto di ricevere le informazioni pertinenti sullo stato di attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza”. “Per garantire una maggiore trasparenza e la responsabilità democratica dei Pnrr”, i deputati si aspettano di ricevere dalla Commissione le informazioni di base necessarie, nonché una sintesi delle riforme e degli investimenti dei piani nazionali ricevuti (18 Paesi Ue hanno già presentato i loro piani). In una terza risoluzione approvata con 599 voti favorevoli, 30 contrari e 58 astensioni, il Parlamento condanna con la massima fermezza le sanzioni “immotivate e arbitrarie” recentemente imposte dalle autorità cinesi a diversi individui ed entità europee, tra cui cinque deputati, affermando che la mossa di Pechino rappresenta un attacco alle libertà fondamentali ed esortando le autorità cinesi a revocare queste misure restrittive. (sir)  

Usa: primi ricongiungimenti di minori migranti

5 Maggio 2021 -

Roma - Quattro madri scelte per passare il confine fra Usa e Messico per riabbracciare, dopo anni, i bambini dai quali furono separate dalla polizia di frontiera a partire dal 2018. Le prime di centinaia, forse migliaia, che attendono la restituzione dei figli. Le immagini dei piccoli prigionieri in lacrime e, letteralmente, in gabbia come cuccioli, sfuggirono da quei centri di punizione, grazie ad uno smartphone, scrive l'Osservatore Romano. Anche un audio di piccole voci imploranti («Mami, papa»), stremate, dal fondo dei reticolati riuscirono a raggiungere l’opinione pubblica. Il mondo, reso testimone, ne fu sopraffatto. Provvedimenti della magistratura ordinarono all’amministrazione in carica i ricongiungimenti avvenuti in parte e con grande difficoltà. Oggi gli Stati Uniti annunciano la volontà di risanare una ferita nazionale che, nonostante pietà ed appelli, era rimasta aperta. Una ferita fatta di mille bambini — molti, all’epoca, non ancora in grado di camminare da soli — ai quali se ne sono aggiunti altri ventimila che le autorità statunitensi hanno trovato nell’ultimo anno a vagare in stato di abbandono. Spersi nei canneti del Rio Grande. Oppure trovati per mano dietro «all’adulto» dodicenne della carovana di piccoli migranti. Il presidente Biden, in campagna elettorale, aveva promesso una soluzione per i circa mille bambini divisi alla frontiera prima del 2020. Alejandro Mayorkas, responsabile del dipartimento per la sicurezza interna, ha ora annunciato che le prime quattro madri rimpatriate senza figli alla frontiera degli orfani, saranno fatte entrare con un permesso umanitario da domani. Ne resta un piccolo esercito, al quale si provvederà. L’amministrazione sta cercando di sciogliere l’ingorgo umanitario generato dall’inevitabile arrivo dei migranti esploso in questi mesi. Biden ha dunque firmato un ordine presidenziale alzando a 65.000 il numero dei rifugiati che potranno avere accoglienza entro il 2021.

 

Vescovi Costa D’Avorio: “si creino posti di lavoro per i giovani per evitare il fenomeno dell’immigrazione clandestina”

4 Maggio 2021 - Abidjan - “Oggi dobbiamo pensare a creare imprese familiari, imprese private, questo darà lavoro a giovani che non penseranno più di attraversare il Mediterraneo”. Lo afferma P. Emmanuel Wohi Nin, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Ivoriana, suggerendo alle autorità ivoriane una possibile soluzione per risolvere parzialmente il fenomeno dell'immigrazione illegale. “Perché - dice all’agenzia Fides - se i giovani ivoriani si abbandonano a tali pratiche, è solo perché fuggono dalla disoccupazione nel loro Paese”. Più volte i vescovi ivoriani nei loro vari messaggi hanno richiamato l'attenzione delle autorità sulla necessità di una migliore distribuzione della ricchezza del Paese e di mettere in atto meccanismi che possano risolvere il problema della disoccupazione nazionale. P. Wohi Nin in occasione della festa del 1 ° maggio, esorta i lavoratori cristiani a dare il meglio di sé nel lavoro che svolgono. “Quando il Signore ci ha permesso di avere un lavoro stabile è perché possiamo dare il massimo e il meglio. Questo fa piacere a noi stessi, poi a Dio”. Il Segretario Generale della Conferenza Episcopale della Costa d'Avorio ha colto infine questa occasione per lanciare un appello a tutti coloro che hanno la possibilità di offrire degli impieghi, affinché la speranza della popolazione e dei giovani ivoriani non sia rivolta esclusivamente allo Stato ma anche al mondo dell’imprenditoria. Secondo gli ultimi dati di Afrobarometer nel 2020 più della metà (52%) dei cittadini ivoriani si considera disoccupata, una percentuale che erano intorno al 47% nel 2014. Afrobarometer inoltre nota “che la classe lavoratrice, che dovrebbe essere il pilastro dell'economia (impiegati in aziende agricole, pescatori, silvicoltori e piccoli agricoltori) è tra gli strati più poveri e paradossalmente è rimasta più indietro nella scala sociale rispetto ai cittadini che non hanno mai avuto un lavoro”. La pandemia Covid-19 ha aggravato la situazione con aziende che hanno chiuso i battenti e la classe insegnante colpita dalle restrizioni nelle scuole specie quelle private.    

DL130: quando prassi e circolari scavalcano le leggi e bloccano le vite. Una petizione del Forum “Cambiamo insieme l’ordine delle cose”

29 Aprile 2021 - Roma - Lo scorso dicembre il Senato ha definitivamente approvato il decreto legge 130, convertito in legge n. 173/20. Sono stati così modificati i cosiddetti “decreti sicurezza”. Ma le modifiche per essere tali devono ripercuotersi sulla realtà e trovare effettiva applicazione, altrimenti restano carta morta. Per questo GREI250, Refugees Welcome  Italia, Fondazione Migrantes, Rete EuropAsilo, e decine di associazioni che fanno parte del Forum “Cambiamo insieme l’ordine delle cose” (qui la mappatura in continuo aggiornamento), hanno realizzato un monitoraggio sul campo. Quindici le città coinvolte - Reggio Calabria, Lecce, Brindisi, Bari, Foggia, Termoli, Napoli, Caserta, Roma, Firenze, Bologna,  Ancona, Parma, Trieste, Bolzano – dove “abbiamo verificato le prassi degli uffici immigrazione delle Questure locali e delle Commissione territoriali per la protezione internazionale, oltre che le posizioni assunte dai tribunali ordinari, concentrandoci in particolare sull’accesso alla protezione speciale prevista dal DL130. Il risultato è allarmante: centinaia di persone che avevano già subito le conseguenze dei decreti sicurezza continuano a essere intrappolati in un pericoloso limbo giuridico e di irregolarità”, si legge in una nota diffusa oggi. “Come Forum, insieme a molte altre realtà attive nella tutela dei diritti abbiamo – proseguono - atteso a lungo una modifica dei ‘decreti sicurezza’ che, a dispetto del nome, avevano avuto l’effetto di aumentare l’insicurezza per oltre centomila persone, escluse dai percorsi di accoglienza e rese maggiormente vulnerabili a causa dell’eliminazione della protezione internazionale”. Lo scorso dicembre l’approvazione in Senato del DL130 ha “finalmente modificato tali decreti. Nonostante auspicassimo l’abrogazione, abbiamo salutato con soddisfazione la modifica, anche a fronte del denso percorso di advocacy e pressione politica promosso insieme a una rete di associazioni e attivisti. È quindi con grande delusione che costatiamo come ad oggi la modifica normativa sia di fatto schiacciata e scavalcata da prassi illegittime e circolari.  Le richieste di protezione speciale – sostengono i firmatari - sono bloccate, come i casi pendenti e i rinnovi dei permessi di soggiorno. Il motivo di questo stop al cambiamento, pur promosso dalla normativa recentemente approvata, è da rintracciare nell’assenza di indicazioni pratiche da parte dell’amministrazione centrale: una mancanza che lascia spazio a prassi illegittime da parte delle Questure e delle Commissioni territoriali. Istanze non ricevute, o ricevute ma non prese in esame; documentazioni integrative che non vengono prese in considerazione, nonostante così sancisca la legge 173/2020; richiesta, da parte delle Questure, di requisiti previsti dai ‘decreti sicurezza’ ma eliminati dalla legge attuale, sono solo alcune delle prassi che mantengono migliaia di persone in un limbo burocratico e giuridico”. Il Forum, insieme ad altre associazioni, ha scritto una lettera al Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgeseai sottosegretari agli Interniai capo dipartimenti della Pubblica sicurezza, per le Libertà Civili e l’immigrazione e al presidente della Commissione Nazionale Asilo ma “per ora non abbiamo ricevuto alcuna risposta”. Il DL130 era stato pensato per “sanare una situazione che aveva escluso e marginalizzato migliaia di cittadini stranieri. Nonostante la sua approvazione, la situazione di queste persone è rimasta la stessa. È urgente – è la richiesta - di un cambiamento reale, al passo con la legge. Per questo come Forum per cambiare l’ordine ci facciamo promotori di una campagna di sensibilizzazione e pressione politica. Dopo aver constatato la disapplicazione della legge, vogliamo informare e formare i/le migranti – le prime persone colpite da questa situazione – così come chiunque voglia capire meglio la normativa, anche per contrastare le prassi illegittime. Sosterremo concretamente operatori e operatrici, che invitiamo a rivolgersi a noi per un sostegno nella presentazione delle istanze. Vogliamo essere spazio di aggiornamento sulla situazione, di denuncia per chi vuole segnalare criticità e problematiche sul proprio territorio, e di sintesi di quanto osservato sul campo, attraverso la diffusione di un report di analisi delle criticità”. I firmatari chiedono alle realtà impegnate sul campo di aderire alla campagna: è “importante che chi ogni giorno è impegnato sui territori svolga un lavoro di monitoraggio del reale affinché si applichi, finalmente, la legge”.    

Asilo: domande in calo in Europa

23 Aprile 2021 - Roma - Nel 2020 gli Stati membri dell’Ue hanno dato asilo a 281mila persone, il 5% in meno rispetto all’anno precedente. Lo ha rilevato Eurostat, secondo cui la Germania è il Paese che in Europa ha accordato maggiore protezione ai richiedenti asilo, dando esito positivo a 98mila richieste, pari al 35% delle domande accolte in Ue. A seguire Spagna (51.200, il 18%), Grecia (35.800, il 13%) e Francia (29.400, il 10%). Quinta l’Italia che ha dato asilo a 21.300 persone, pari all’8% delle richieste di protezione accolte in Europa. Questi cinque Stati membri rappresentano insieme oltre l’80% di tutte le domande di protezione concesse in Ue nel 2020.