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Raccontare le migrazioni: un convegno ieri a Oristano

4 Febbraio 2020 - Oristano - Una buona comunicazione sulla mobilità umana al centro dell’incontro promosso dalla Caritas e dalla Migrantes della Sardegna, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti e con l’Ucsi Sardegna, ieri nell’Istituto di Scienze religiose a Oristano.  A introdurre i lavori, i vescovi Mons. Roberto Carboni e Mons. Giovanni Paolo Zedda, rispettivamente delegati della Conferenza episcopale sarda per Migrantes e per la Carità, che hanno sottolineato la necessità di affrontare il tema nella sua complessità, per evitare rischi di banalizzazioni e di distanza tra realtà e percezione. Sullo sfondo, la ricerca una narrazione che sappia cogliere la “significatività di ogni storia, come dice Papa Francesco”, ha detto padre Stefano Messina, direttore regionale Migrantes. Si parte dall’attenzione al linguaggio, quel “parlare civile” che “deve evitare strumentalizzazioni e favorire la riflessione”, ha ricordato Raffaele Callia, delegato regionale Caritas. “L’informazione non può essere ridotta ad approccio emergenziale che si limita a raccontare la prima accoglienza materiale o gli sbarchi -   ha spiegato Simone Varisco della Fondazione Migrantes -. Spesso non si dà spazio alla realtà legata agli immigrati regolarmente residenti in Italia (oltre 5 milioni), ben più numerosi rispetto ai circa 200mila richiedenti asilo e profughi”.  Inoltre, “occorre partire dal dato reale, non dall’ideologia: facciamo ricerca per promuovere informazione, formazione e sensibilizzazione”.  Come spiegato dal relatore, sono oltre 257 milioni le persone che, nel mondo, vivono fuori dai loro paesi di origine; gli spostamenti più numerosi avvengono all’interno del continente asiatico (63 milioni) e in Europa (41 milioni). I circa 5 milioni di cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia (l’8,7% del totale) costituiscono una cifra ben lontana da quel rischio di “invasione” di cui spesso parlano i media; in Sardegna, 55.900 gli stranieri regolarmente residenti (3,4% del totale). In Italia, circa il 60% degli immigrati regolari in età lavorativa sono occupati, con una differenza di retribuzione di -322 euro in rapporto agli italiani; spesso svolgono mansioni dequalificate rispetto ai loro titoli di studio. Nel 2017, circa 374mila le aziende di cittadini nati in paesi extra Ue; 7029 nell’Isola (7% del totale). Il 53,6% dei cittadini stranieri sono cristiani, il 30,1% musulmani. I matrimoni con almeno un coniuge straniero, sono 27.744 (14,5% del totale): gli unici in aumento nel Paese. I figli nati da entrambi i genitori stranieri sono circa 65mila (il 15% del totale, in calo del 3,7% rispetto al 2017); 9,7% gli alunni con cittadinanza non italiana nel 2017-2018,  di cui il 63% sono nati in Italia. La povertà accomuna italiani e stranieri: se a livello nazionale le persone assistite dalla Caritas sono per il 58% straniere, nel sud sono per il 68% italiane. Una giusta narrazione è necessaria per evitare la strumentalizzazione politica: a titolo esemplificativo, “sono state 787 le dichiarazioni offensive e discriminatorie durante la campagna elettorale del 2018, il 91% delle quali ha avuto come oggetto i migranti” I numeri reali, la completezza e l’ampiezza del fenomeno sono importanti anche nel comunicare l’emigrazione. “Contrariamente allo stereotipo che l’emigrazione sia legata al passato - ha spiegato Delfina Licata, curatrice del “Rapporto Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes  -  dall’Italia non si è mai smesso di emigrare, tanto da parlare di emigrazione strutturale”. Sono 128mila gli italiani partiti all’estero sia nel 2017 che nel 2018 (dati Aire), con una brusca diminuzione dell’età media nel 2018: oltre il 40% tra 18  - 34 anni e il 24 % tra i 35  - 49;  26 mila i minori (di cui 15mila hanno meno di 10 anni). Stessa tendenza nell’Isola, con un aumento del 15,3 % delle partenze nell’ultimo anno. Fondamentale “raccontare anche il passato migratorio che si deduce dalle fasce di età più mature e da più tempo presenti all’estero». Inoltre, l’attenzione al linguaggio: «L’espressione “fuga di cervelli”  non è rispettosa né di chi parte, né di chi resta”.  Per comunicare l’emigrazione “occorre conoscere, ascoltare, incontrare le persone e raccontare le loro storie,  tenendo conto non solo dei loro successi, ma anche dei fallimenti e delle fragilità”. (Maria Chiara Cugusi)

Sardegna: oggi pomeriggio ad Oristano il “racconto” della mobilità umana tra realtà e percezione

3 Febbraio 2020 - Oristano -  Oggi pomeriggio nell’Istituto di Scienze religiose, a Oristano si svolgerà il seminario “Non si tratta solo di migranti”. Il racconto della mobilità umana tra realtà e percezione, organizzato dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna, dalla Migrantes regionale, dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna e dall’Ucsi Sardegna. Un seminario che nasce dalla necessità di riflettere sul fenomeno della mobilità umana, “tema ghiotto per le campagne elettorali, foriero di paure ancestrali rispetto alla diversità e al diverso, che rischia di essere sempre più manipolato strumentalmente e non conosciuto per l’effettivo dato di realtà”, spiega il delegato regionale Caritas Sardegna Raffaele Callia: persone che vengono nel nostro Paese per ragioni diverse – migrazioni forzate, fuga dalla miseria, ricerca di libertà, ecc.  e che “continuano ad andar via dalle nostre comunità, fra cui gli stessi sardi, soprattutto per mancanza di alternative”. Il delegato Caritas sottolinea come oggi più che mai “si abbia il dovere di fornire un’informazione obiettiva che presenti il tema nella sua complessità, senza semplificazioni e banalizzazioni, senza mistificare la realtà. Un’informazione rigorosa dal punto di vista scientifico e rispettosa in ogni caso della dignità della persona umana, di ogni persona”.  Da qui, l’idea di  proporre un seminario di approfondimento per i giornalisti e per tutti gli operatori che si occupano di tali argomenti, “con l’obiettivo di fornire una narrazione diversa rispetto a quelle in circolazione, in particolare nel complesso mondo dei social network”. “Questa iniziativa inter-pastorale, frutto della collaborazione tra gli uffici regionali Caritas e Migrantes – spiega Padre Stefano Messina, incaricato regionale di Migrantes – intende riflettere su come raccontare l’aspetto della ricchezza umana e culturale di cui i migranti sono portatori: una buona comunicazione capace di favorire l’integrazione”. Ciò che manca nel nostro paese, continua p. Messina, “è proprio la capacità di promuovere un percorso di reale integrazione, con cui costruire progettualità concrete, a lungo termine, che non si fermino alla prima accoglienza”. Progettualità “che favoriscano una conoscenza reciproca, premessa indispensabile per costruire una società basata sullo sviluppo umano integrale e sulla giustizia sociale”. Dopo i saluti  di Mons. Roberto Carboni, arcivescovo di Oristano e Vescovo delegato per Migrantes della Conferenza Episcopale Sarda, di Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato per il servizio della carità della Conferenza Episcopale Sarda di Andrea Pala, presidente UCSI Sardegna, introdurranno i lavori Padre Stefano Messina e Raffaele Callia. A seguire, le relazioni di Simone Varisco e Delfina Licata che si soffermeranno su “Un quadro di riferimento dell’immigrazione oggi” e su “L’attualità dell’emigrazione italiana nel mondo”. Seguirà Nello Scavo, inviato di Avvenire  su “Comunicare la mobilità umana, oltre le percezioni”. A coordinare l’incontro Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna.    

Sardegna: il 3 febbraio il racconto della mobilità umana tra realtà e percezione in un convegno ad Oristano

23 Gennaio 2020 - Cagliari – Lunedì 3 febbraio 2020, dalle ore 14 alle 17, nell’Istituto di Scienze religiose, a Oristano si svolgerà il seminario “Non si tratta solo di migranti”. Il racconto della mobilità umana tra realtà e percezione, organizzato dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna, dalla Migrantes regionale, dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna e dall’Ucsi Sardegna. Un seminario che nasce dalla necessità di riflettere sul fenomeno della mobilità umana, “tema ghiotto per le campagne elettorali, foriero di paure ancestrali rispetto alla diversità e al diverso, che rischia di essere sempre più manipolato strumentalmente e non conosciuto per l’effettivo dato di realtà”, spiega il delegato regionale Caritas Sardegna Raffaele Callia: persone che vengono nel nostro Paese per ragioni diverse - migrazioni forzate, fuga dalla miseria, ricerca di libertà, ecc.  e che “continuano ad andar via dalle nostre comunità, fra cui gli stessi sardi, soprattutto per mancanza di alternative”. Il delegato Caritas sottolinea come oggi più che mai “si abbia il dovere di fornire un’informazione obiettiva che presenti il tema nella sua complessità, senza semplificazioni e banalizzazioni, senza mistificare la realtà. Un’informazione rigorosa dal punto di vista scientifico e rispettosa in ogni caso della dignità della persona umana, di ogni persona”.  Da qui, l’idea di  proporre un seminario di approfondimento per i giornalisti e per tutti gli operatori che si occupano di tali argomenti, “con l’obiettivo di fornire una narrazione diversa rispetto a quelle in circolazione, in particolare nel complesso mondo dei social network”. “Questa iniziativa inter-pastorale, frutto della collaborazione tra gli uffici regionali Caritas e Migrantes – spiega Padre Stefano Messina, incaricato regionale di Migrantes – intende riflettere su come raccontare l’aspetto della ricchezza umana e culturale di cui i migranti sono portatori: una buona comunicazione capace di favorire l’integrazione”. Ciò che manca nel nostro paese, continua p. Messina, “è proprio la capacità di promuovere un percorso di reale integrazione, con cui costruire progettualità concrete, a lungo termine, che non si fermino alla prima accoglienza”. Progettualità “che favoriscano una conoscenza reciproca, premessa indispensabile per costruire una società basata sullo sviluppo umano integrale e sulla giustizia sociale”. Dopo i saluti  di Mons. Roberto Carboni, arcivescovo di Oristano e Vescovo delegato per Migrantes della Conferenza Episcopale Sarda, di Mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo delegato per il servizio della carità della Conferenza Episcopale Sarda di Andrea Pala, presidente UCSI Sardegna, introdurranno i lavori Padre Stefano Messina e Raffaele Callia. A seguire, le relazioni di Simone Varisco e Delfina Licata che si soffermeranno su “Un quadro di riferimento dell’immigrazione oggi” e su “L’attualità dell’emigrazione italiana nel mondo”. Seguirà Nello Scavo, inviato di Avvenire  su “Comunicare la mobilità umana, oltre le percezioni”. A coordinare l’incontro Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna.  

Don Ferretti: “abbiamo vissuto la tenerezza del Papa” ieri in Mozambico

6 Settembre 2019 - Maputo - “Abbiamo vissuto la tenerezza del Papa, la felicità di essere stati visitati dal ‘pastore’. Quando è andato via la gente non finiva di ballare”: così don Giorgio Ferretti, parroco della cattedrale dell’Immacolata Concezione a Maputo, in Mozambico, descrive al Sir l’emozione di aver accolto nella sua parrocchia Papa Francesco, ieri pomeriggio, durante l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i catechisti e gli animatori. “C’erano tanti giovani, bambini, famiglie – racconta -. Il Papa si è voltato e ha salutato tutti. C’è stata una grande energia perché la gente ha capito che si stava rivolgendo a loro”. Un altro momento “molto commovente”, prosegue, “è stato l’incontro con l’anziano cardinale e alcuni anziani religiosi che hanno lavorato più di 50 anni in questo Paese. Abbiamo vissuto la tenerezza che lui predica”. Don Giorgio Ferretti, è fidei donum della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino dal 2017. Guida una parrocchia che comprende la gran parte della capitale del Mozambico. I circa 150 catechisti della parrocchia si occupano di 2000 bambini e adolescenti, tra cui molti ragazzi di strada. A Maputo lo chiamano “padre George”. “Il Papa ci esorta, come cristiani, a combattere un mondo materialista e una religione della prosperità con l’arma della compassione – commenta don Ferretti -. Ci parla di compassione e la vive insieme a noi. L’altro messaggio è evangelizzare e non fare proseliti. In un mondo plurireligioso dobbiamo testimoniare la bellezza di essere seguaci di Cristo. Essere testimoni veri e onesti e incontrare nelle altre religioni i semi di bene e di pace, perché Dio è Dio di tutta l’umanità”. Altro messaggio significativo è stato l’invito del Papa a “non correre dietro ai benefici personali” e alla “mondanità spirituale”. “In Mozambico siamo poveri – risponde il missionario -, lo stipendio medio di un parroco si aggira intorno agli 80/100 dollari. Tutti noi saremmo anche tentati di cercare di più. Ma il Papa ha ragione: prima il Signore, perché tanto non ci mancherà niente. Il denaro diventa un dio e non si possono servire due padroni. Questo purtroppo è vero ovunque. Il Papa l’ha detto in diverse occasioni e a diversi livelli della Chiesa. Il denaro è il diavolo, rovina la spiritualità della gente e la piega al materialismo. Noi dobbiamo cercare di restare più liberi possibili”.  

Papa Francesco in Romania: la comunità italiana

29 Maggio 2019 - Bucarest - Papa Francesco, a 20 anni esatti dalla visita storica di Papa Giovanni Paolo II, verrà in Romania per incontrare la popolazione romena in tutte le sue componenti religiose ed etniche. Il motto della visita “să mergem împreună” (camminiamo insieme) esprime bene l’intento del pastore che desidera camminare con il gregge e aiutare in questo modo i cristiani di Romania a fare un pezzo di strada insieme toccando diverse città e contesti religiosi: i romano-cattolici, che sono soprattutto di lingua romena e ungherese; i greco-cattolici, per lo più di lingua romena; i fedeli ortodossi, anch'essi soprattutto di lingua romena. Il papa arriverà a Bucarest il 31 maggio per poi recarsi, il giorno seguente a Șumuleu Ciuc e a Iași e concludere la sua visita a Blaj il 2 giugno. Molti già dicono che è per il nostro Papa l’occasione di completare la visita di Giovanni Paolo II che incontrò i fedeli solo a Bucarest. Questo “camminare insieme” è posto sotto il manto di Maria che fa da sfondo al logo scelto per la visita e che richiama un appellativo caro alla nazione romena che è appunto chiamata “il giardino della Madre di Dio”. Anche la comunità italiana di Romania, con le sue circa 15.000 presenze sparse su tutto il territorio romeno, si prepara ad accogliere il Vescovo di Roma e, ne sono certo, si sentirà echeggiare nelle varie città un insieme di voci che, in coro, grideranno l’italianissimo motto “Viva Il Papa!”. Questo sarà possibile anche perché, per una partecipazione organizzata, è stato proposto ai fedeli di iscriversi e questo ha dato la possibilità a noi Italiani di iscriverci usando un’unica sigla che ci permetterà appunto di stare insieme. La visita di Papa Francesco ha una connotazione soprattutto pastorale, ma anche ecumenica. Ciò è molto significativo per molti nostri connazionali. Infatti molti degli italiani cattolici presenti in Romania hanno contratto matrimonio, o si sono uniti, con un cittadino romeno per lo più appartenente al rito orientale ortodosso e questa visita va a nutrire in molti la speranza di un maggior avvicinamento, sintonia tra le due chiese. Tutti noi preghiamo affinché si ripeta l’accorata richiesta di tutti i presenti in piazza Izvor e in piazza Unirii a Bucarest, quando Giovanni Paolo II e il patriarca Teoctist si incontrarono e cioè: “Unitate, unitate!”. Un dato significativo è che molti italiani hanno iscritto anche parenti che, per l’occasione, verranno dall’Italia per incontrare il Papa. Molti nostri connazionali si sono offerti per aiutare come volontari e, tra questi, ci sono anche alcuni alpini appartenenti alla sezione Danubiana dell’ANA, che comprende appunto la Romania. Un po’ tutti stiamo pregando affinché la visita di papa Francesco dia un energico impulso al cammino ecumenico, ma soprattutto dia un forte impulso affinché aumenti la fede in Cristo in tutta la popolazione presente in Romania. (Don Valeriano Giacomelli – Coordinatore Missioni cattoliche italiane in Romania)

Papa Francesco: in Romania come fratello e pellegrino

29 Maggio 2019 - Città del vaticano - Vengo in Romania «Paese bello e accogliente, come pellegrino e fratello, e ringrazio il presidente e le altre autorità della Nazione per avermi invitato e per la piena collaborazione». È un passaggio del videomessaggio inviato dal Papa alla vigilia del viaggio che lo vedrà in Romania da venerdì 31 maggio al 2 giugno. «Già pregusto la gioia – aggiunge il Pontefice – di incontrare il patriarca e il Sinodo permanente della Chiesa ortodossa romena, come pure i pastori e i fedeli cattolici». Nel sottolineare i vincoli di fede che, a partire da Pietro e Andrea uniscono cristiani d’Oriente e d’Occidente, il Papa inoltre ricorda la testimonianza dei sette vescovi grecocattolici che proclamerà beati domenica prossima. «Ciò per cui hanno sofferto, fino ad offrire la vita – spiega –, è un’eredità troppo preziosa per essere dimenticata. Ed è un’eredità comune, che ci chiama a non prendere le distanze dal fratello che la condivide». Infine un ultimo richiamo all’importanza del viaggio: «vengo tra voi per camminare insieme. Camminiamo insieme quando impariamo a custodire le radici e la famiglia, quando ci prendiamo cura dell’avvenire dei figli e del fratello che ci sta accanto, quando andiamo oltre le paure e i sospetti, quando lasciamo cadere le barriere che ci separano dagli altri». In Italia, secondo i dati del Rapporto Immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, risiedono 1.190.091 (684.130 donne) cittadini rumeni mentre gli italiani in Romania, secondo i dati del Rapporto Italiani nel Mondo della Migrantes, gli italiani che vivono in Romania sono 6477. Di questi 2061 sono donne.

Don De Robertis: “costruire ponti e non muri”

Roma - “La scuola, l’impegno educativo e la conoscenza sono un luogo privilegiato per costruire legami tra le diverse culture”. Lo ha detto al Sir don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, parlando del seminario nazionale “Costruttori di ponti – La scuola racconta le migrazioni”, promosso oggi a Roma da Istituto Alcide Cervi, Università degli studi Roma Tre, Miur (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca), Fondazione Migrantes e Rete Scuole migranti. Richiamando le parole di Papa Francesco, don De Robertis ha sottolineato la necessità, soprattutto quando si parla di migrazioni, di “costruire ponti e non muri”: “Qualche giorno fa – ha raccontato il direttore di Migrantes -, rispondendo alle domande dei giornalisti durante il suo viaggio di ritorno dal Marocco, il Papa ha detto: ‘Ci vogliono dei ponti, e sentiamo dolore quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri, perché coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che hanno costruito, invece quelli che costruiscono ponti andranno tanto avanti’”. “Spesso ci troviamo di fronte a una informazione strumentalizzata o distorta oppure all’utilizzo di un linguaggio violento e irrispettoso – ha affermato don De Robertis -. Ci dobbiamo chiedere tutti che genere di narrazione si fa delle migrazioni, per eventualmente correggere il tiro, ed è giusto che questa domanda sia posta in primis nei luoghi dell’educazione e della formazione, proprio perché è in queste sedi che si formano le coscienze e le persone che animeranno il futuro della nostra società”. “Società occidentali – ha concluso – ricche di beni ma povere di speranza. Affidiamoci ai ragazzi per ritrovare la speranza, ma, perché possano custodirla, occorre che incontrino degli adulti che sappiano sognarla”.  

Don De Robertis: “occorrono urgentemente ‘costruttori di ponti’”

Roma - “Anche oggi c’è chi lavora per dividere, alimentando paure e rancori, e occorrono urgentemente costruttori di ponti”. Lo ha detto questa mattina il direttore generale della Fondazione Migrantes, don Giovanni De Robertis, nel suo saluto iniziale al seminario nazionale “Costruttori di Ponti 5 - La scuola racconta le migrazioni” promosso dall'Istituto Alcide Cervi, il Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università di Roma Tre, il Miur, la Fondazione Migrantes e la Rete Scuole Migranti. “Credo che a tutti voi sia noto quanto questa parola ‘ponti’ – ha detto ancora di De Robertis - sia cara a Papa Francesco e ritorni frequentemente nei suoi discorsi”. “Certamente la scuola è chiamata ad esserlo, attraverso la conoscenza, la cultura, l’educazione. Alla luce dell’attuale situazione che stiamo vivendo, la sfida culturale ed educativa si fa urgente”, ha aggiunto il direttore di Migrantes sottolineando che “se occorre auspicare un cambiamento di mentalità e di azione è alle nuove generazioni che bisogna fare riferimento, dando loro strumenti di lettura della realtà a partire dalla consapevolezza che, al contrario di quello che spesso viene veicolato, l’Italia è un paese ponte e la scuola italiana veicola una cultura aperta al mondo perché è la stessa Italia, attraverso i flussi migratori in uscita e in entrata, che storicamente la contraddistinguono, ad essere un paese fortemente e inevitabilmente legato al cosmopolitismo”. Don De Robertis ha poi evidenziato che il tema scelto per il seminario di quest’anno “non poteva essere più in linea con il pensiero e l’operato della Fondazione Migrantes: la scuola racconta le migrazioni. Da sempre la Migrantes – ha detto -  ha tra le sue priorità la conoscenza reale del fenomeno migratorio, necessaria per dare una giusta e corretta informazione utilizzando un linguaggio rispettoso delle persone. Spesso ci troviamo di fronte a una informazione strumentalizzata o distorta oppure all’utilizzo di un linguaggio violento e irrispettoso. Ci dobbiamo chiedere tutti che genere di narrazione si fa delle migrazioni, per eventualmente correggere il tiro, ed è giusto che questa domanda sia posta in primis nei luoghi dell’educazione  e della formazione, proprio perché è in queste sedi che si formano le coscienze e le persone che animeranno il futuro della nostra società”. Le nostre società occidentali sono società ricche di beni ma povere di speranza: “affidiamoci ai ragazzi per ritrovare la speranza, ma perché possano custodirla, occorre che incontrino degli adulti che sappiano sognarli, come scriveva Danilo Dolci in un verso di una sua poesia, che ho sentito da un giovane di Polistena, un paese confinante con Rosarno e San Ferdinando di Calabria: ‘Nessuno cresce se non è sognato’. E che sappiano sognare un mondo dove le diversità non sono guardate come un pericolo ma una ricchezza”. (Raffaele Iaria)  

“Costruttori di Ponti”; domani un seminario a Roma

Roma -  Si svolgerà domani, 4 aprile, a partire dalle ore 8.30 presso il Polo didattico di Viale Principe Amedeo 182/184 a Roma il seminario nazionale “Costruttori di Ponti 5 - La scuola racconta le migrazioni” promosso dall'Istituto Alcide Cervi, il Dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università di Roma Tre, il Miur, la Fondazione Migrantes e la Rete Scuole Migranti. Protagoniste le scuole e le associazioni impegnate a costruire e ricostruire, con alunni e studenti, il racconto delle migrazioni, troppo spesso schiacciato dalla narrazione pervasiva dei media. In apertura i saluti istituzionali del rettore dell'Università di Roma Tre, Luca Pietromarchi, del vice ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, della presidente dell'Istituto Cervi, Albertina Soliani e del direttore generale della Fondazione Migrantes, don Giovanni De Robertis. Le diverse sessioni di lavoro saranno incentrate su: la scuola racconta le migrazioni attraverso le arti, attraverso la letteratura e la scrittura, attraverso l'emigrazione italiana. attraverso i minori stranieri non accompagnati e i rifugiati, attraverso i media. In particolare, la sessione dedicata all'emigrazione italiana, coordinata dallo storico Michele Colucci, ricercatore del Cnr, sarà introdotta da Flavia Cristaldi, docente di geografia delle migrazioni dell'Università Sapienza di Roma e prevede interventi di Bruno Aletta, dirigente scolastico dell'Istituto Gramsci di Roma, (Macaroni. Quando i migranti eravamo noi); Delfina Licata della Fondazione Migrantes (Rapporto Italiani nel mondo. Una migrazione stabilmente in movimento); Daniela Maniscalco, insegnante del Comitato Dante Alighieri in Lussemburgo (In viaggio per Paesi e città: avventure e disavventure degli italiani all'estero raccontate ai bambini); Marco Crepaz dell'Associazione Bellunesi nel mondo (Italiani con la radio e lo smartphone).

La scuola racconta le migrazioni: una giornata di studio a Roma il 4 aprile

Roma - “La scuola racconta le migrazioni”. E’ questo il tema scelto per il quinto appuntamento di “Costruttori di ponti” che si svolgerà giovedì 4 aprile a Roma presso il polo didattico di viale di Principe Amedeo a Roma. Il seminario, giunto alla quinta edizione, è promosso dal 2015 dal Miur con l’Istituto Alcide Cervi di Gattico (Reggio Emilia) e quest’anno si svolge con la collaborazione dell’Università di Roma Tre – dipartimento di Scienze della formazione, di Fondazione Migrantes e della Rete scuole migranti. Il tema vedrà protagoniste le scuole e le associazioni quotidianamente impegnate nel costruire e ricostruire il racconto delle migrazioni, troppo spesso schiacciato dalla narrazione – non sempre aderente alla realtà – che viene fatta sui vari circuiti mediatici. Il seminario punta a sollecitare la scuola ed usare i tanti diversi linguaggi ed esercitare la propria “autonomia narrativa”. Dopo i saluti istituzionali, e le relazioni dello scrittore e insegnante Eraldo Affinati e di Alessandro Portelli (Università La Sapienza) saranno avviate sei sessioni tematiche parallele dedicate ai linguaggi dell’arte (musica, cinema, danza, teatro e arti figurative), della letteratura e della scrittura, con focus sull’emigrazione italiana (cpn la presentazione di alcune pubblicazioni della Migrantes) e sui minori stranieri non accompagnati e rifugiati, sul razzismo e sulla migrazione raccontata dai media. Nel pomeriggio, dopo la conclusione delle varie sessioni, una tavola rotonda.