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Papa in Romania e i greco-cattolici rumeni in Italia

29 Maggio 2019 - Parigi - Sono una trentina le comunità greco-cattoliche romene disperse sul territorio italiano: tra parrocchie personali, missioni con cura delle anime, comunità informali ed una chiesa rettoria, quella del Santissimo Salvatore alle Coppelle nei pressi di Piazza Navona a Roma, chiesa che dal 1914 fu affidata da Pio X ai greco-cattolici romeni. Con il rito bizantino ed in piena comunione col Papa di Roma, tutte queste comunità testimoniano “la divina unità nella varietà della fede cattolica”. I greco-cattolici romeni vivono in Italia ciò che il Decreto conciliare Unitatis Redintegratio, n. 17 dichiara solennemente: “Questo sacro Concilio, ringraziando Dio che molti orientali figli della Chiesa cattolica, i quali custodiscono questo patrimonio e desiderano viverlo con maggior purezza e pienezza, vivano già in piena comunione con i fratelli che seguono la tradizione occidentale, dichiara che tutto questo patrimonio spirituale e liturgico, disciplinare e teologico, nelle diverse sue tradizioni appartiene alla piena cattolicità e apostolicità della Chiesa”. Dopo la svolta del 1989, dalla Romania è emigrato circa il 15% della popolazione, specie giovani. L’Italia è il Paese dove vive il maggior numero di romeni: più di un milione. Questo “segno dei tempi” interpella per quanto riguarda i problemi sociali legati a questo fenomeno. Pertanto l’attività caritativa e solidale all’interno delle nostre comunità è una risposta immediata a queste sfide. In Italia ed in tutta la diaspora europea, i romeni greco-cattolici si preparano per la visita del Papa che si fermerà per tre giorni nel loro paese di origine dal 31 maggio al 2 giugno 2019. Tutti sperano che la sua presenza sia una spinta verso l’unità, per trovare una strada e far camminare insieme tutti i cristiani. Infatti, nella sua visita nella terra romena, come indicato nel motto - “Camminiamo insieme”, Papa Francesco inviterà all’unità di tutti, nella diversità di espressioni della fede. Negli anni scorsi, alcune testimonianze di eccezione sul martirio della Chiesa Greco-Cattolica Romena sono state presentate in diverse diocesi italiane: Padova, Bologna, Firenze, Milano, Vittorio Veneto, ecc. Trattasi del libro “Catene e terrore. Un vescovo clandestino greco-cattolico nella persecuzione comunista in Romania” di Ioan Ploscaru (EDB 2013) a cura di Marco Dalla Torre (Traduzione dal romeno: Maria Ghergu e Giuseppe Munarini. Note all’edizione italiana di Giuseppe Munarini). L’autore è un vescovo di seconda generazione, ordinato in clandestinità quando la scure della persecuzione si era già abbattuta in Romania. Nel 2016, sempre presso le EDB fu pubblicato il libro “La nostra fede è la nostra vita. Memorie”.(A cura di Marco Dalla Torre. Traduzione in lingua italiana di Giuseppe Munarini, Cristian Florin Sabău e Ioan Mărginean- Cociș. Note all’edizione italiana di Giuseppe Munarini EDB. Edizioni Dehoniane Bologna, 2016. Aggiungerei due agili volumetti: Gelu Hossu, Cardinalul Iuliu Hossu. Spirit al Adevărului, Viața Creștină, Cluj-Napoca 2019 e la traduzione italiana del professor Laszlo Alexandru, apparsa nella stessa città e nello stesso anno). Il volume che racchiude i tre quaderni di memorie dei giorni e degli anni di terrore vissuti nei “lager” comunisti dal Cardinale romeno Iuliu Hossu. Mentre nel 2017, presso le Edizioni Feeria Comunità di San Leolino, Ponzano in Chianti, fu pubblicato il volume, “Le sbarre, le mie croci. Poesie dal gulag romeno (1951-1964)” scritte dallo stesso Ioan Ploscaru nei suoi anni di carcere (Traduzione a cura di Celina Duca e Valerio Vigorelli, rivista da Lorenzo Gobbi. Postfazione di Alexandru Mesian, vescovo di Lugoj, a cura di Marco dalla Torre e Lorenzo Gobbi, Edizione Feeria. Comunità di San Leolino, Panzano in Chianti 2017). Tuttavia, un “filo rosso” lo possiamo intravedere nella storia recente di questa Chiesa benedetta dal sangue prezioso dei suoi martiri: nella sua Lettera apostolica Veritatem facientes del 1952 quando la persecuzione si era ormai scatenata ferocemente, il Pontefice Pio XII alzava la sua voce per lamentare la soppressione sua e di tutte le sue istituzioni, nel desiderio di baciare le catene di coloro che giacevano e piangevano nelle carceri comuniste, ricordando che, nell’essere perseguitata, la Chiesa romena rinnovava la grandezza della Chiesa primitiva. Nel concistoro del 1969, Paolo VI creò cardinale in pectore il Vescovo Iuliu Hossu imprigionato in Romania, ma la sua nomina venne resa pubblica solo nel 1973 dopo la sua morte. Il 6 gennaio 1982 Giovanni Paolo II celebra a Roma la consacrazione episcopale del Mons. Traian Crișan, greco-cattolico romeno, nominato Segretario della Sacra Congregazione per le Cause dei Santi, parlando della sua Chiesa di Romania “la Chiesa orientale tanto vicina e cara al nostro cuore”. A Bucarest, sempre Giovanni Paolo II affermava, l’8 maggio 1999: “sulle tombe dei pochi martiri noti e dei molti, le cui spoglie mortali non hanno neppure l'onore di una cristiana sepoltura, ho pregato per tutti voi, ed ho invocato i vostri martiri e i confessori della fede, perché intercedano per voi presso il Padre che sta nei cieli”. Benedetto XVI ha elevato la Chiesa metropolitana sui iuris Greco-Cattolica Romena al grado di Chiesa Arcivescovile Maggiore. Allo stesso tempo, ha promosso Mons. Lucian Mureşan alla dignità di Arcivescovo Maggiore di Făgăraş e Alba Iulia dei Romeni, creandolo quindi cardinale nel Concistoro del 18 febbraio 2012, del Titolo di Sant’Atanasio. Il 19 marzo scorso, Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione dei decreti riguardanti il martirio di sette vescovi della Chiesa greco-cattolica di Romania, sotto il regime comunista, mentre domenica 2 giugno 2019 presidierà la Messa per la loro beatificazione, in rito bizantino, e pronuncerà l’omelia e la formula di beatificazione, sul Campo della Libertà a Blaj. Si tratta dei servi di Dio Vasile Aftenie (1899-1950), vescovo ausiliare dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraș; Valeriu Traian Frenţiu (1875-1952), vescovo di Oradea; Ioan Suciu (1907-1953), amministratore apostolico dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraș; Tit Liviu Chinezu (1904-1955) vescovo ausiliare dell’Arcieparchia di Alba Iulia e Făgăraș; Ioan Bălan (1880-1959), vescovo di Lugoj; Alexandru Rusu (1884-1963), vescovo di Maramureș e di Iuliu Hossu (1885-1970), vescovo di Cluj Gherla. Per le nostre comunità in Italia ed in tutta la diaspora, le testimonianze dei martiri di fronte all’implacabile persecuzione comunista è motivo di grande speranza per la costruzione di un futuro migliore per il nostro popolo. Come lo affermava una Nota della Sala Stampa della Santa Sede nel 2005 nel dare annuncio dell’elevazione della Chiesa Romena al grado di Chiesa Arcivescovile Maggiore: “L’aspetto più specifico della testimonianza di quella Chiesa è la radicalità del suo rifiuto di ogni compromesso con il potere ateo, per rivendicare il destino più vero dell’uomo e il posto che Dio deve avere nella sua vita. È una Chiesa che, con rinnovata vitalità, ha ripreso il suo posto nella Chiesa universale”. (p. Cristian Crisan, Visitatore Apostolico per i fedeli greco-cattolici romeni in Europa Occidentale)