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Mons. Perego: occorre “partire dalla realtà per scelte politiche coerenti e lungimiranti” sulle politiche migratorie

30 Ottobre 2023 - Modena - Il manifesto del Festival della Migrazione – che si è concluso sabato -  propone di “partire dalla realtà per scelte politiche coerenti e lungimiranti. Ad esempio, favorire nel mondo del lavoro l’incontro fra domanda e offerta per combattere l’irregolarità che da sempre i flussi hanno creato, anche oggi con 500.000 lavoratori irregolari. Che si valorizzino poi le scuole professionali, che si curino i ricongiungimenti familiari facilitando l’accesso alla casa, che si riconoscano i titoli universitari con accordi con i Paesi di provenienza, che nella scuola entrino mediatori culturali per agevolare l’inserimento degli alunni stranieri. Che si approvi la nuova legge sulla cittadinanza. In altre parole, che dalla sicurezza si passi alla tutela, alla promozione e all’inclusione. Perché di migranti il nostro Paese ha bisogno per rigenerarsi”. Lo ha detto il presidente della Commissione cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, l’arcivescovo mons. Gian Carlo Perego, in una intervista al quotidiano Avvenire. E parlando di accoglienza dei migranti occorre “arrivare a un sistema unico di accoglienza, più simile al Sai, che curi tutela, promozione e inclusione dei richiedenti asilo e dei rifugiati. O per lo meno che a 100.000 posti dei Cas corrispondano sul territorio dei Comuni, in maniera diffusa, 100.000 posti per chi ha un titolo di protezione internazionale”. Per mons. Perego occorre rivedere la legge sulla cittadinanza: “abbiamo bisogno di nuovi cittadini, valorizzando percorsi di nascita e di studi in Italia, favorendo la partecipazione alla vita sociale e politica, riconoscendo titoli di studio e competenze perché siano messe a disposizione in scuole, ospedali, nel mondo imprenditoriale. La cittadinanza radica le persone migranti su un territorio, le appassiona alla vita italiana di cui si sentono parte. Ritardarla di 12 o addirittura di 15-20 anni in alcuni casi, le allontana. Abbiamo bisogno di personale sanitario, eppure in poco tempo il 30% di medici e infermieri stranieri presenti in Italia, molti dei quali hanno studiato qui, di cui il 65% senza cittadinanza, se ne sono andati in altri Paesi o sono rimpatriati”.

Festival della Migrazione: un confrontro per sfatare “miti” sull’immigrazione

30 Ottobre 2023 - Modena - «Cerchiamo di spiegare alcune cose che dovrebbero essere chiare a tutti, almeno se si andassero a vedere in dati con attenzione per sfatare alcuni 'miti' sull'immigrazione". Lo ha detto il sociologo  Maurizio Ambrosini durante uno degli incontri del festival della Migrazione a Modena.  Per esempio, nel nostro Paese c’è l’idea che l’immigrazione sia in aumento drammatico o come alcuni dicono esponenziale. Non è vero. ha sottolineato Ambrosini: l’immigrazione è stabile, è stazionaria da una dozzina d’anni, anzi, è persino diminuita. C’è l’idea che l’Italia sia il campo profughi d’Europa: "Non è vero: in Europa nel 2022 sono arrivate 965 mila domande di asilo, in Italia 77 mila, l’8%. Siamo sotto la media europea per quanto riguarda l’accoglienza dei rifugiati. Ancora, c’è l’idea che gli immigrati arrivino in barca, dal mare. Non è vero: l’immigrazione è per quasi la metà europea, per più della metà femminile e viene prevalentemente da paesi di tradizione culturale cristiana. C’è l’idea che l’Europa sia sotto assedio da parte dei rifugiati. Non è vero: il 75% dei rifugiati sono accolti in paesi in via di sviluppo o intermedi. L’Unione Europea ne accoglieva, fino alla crisi ucraina, intorno al 12%. Adesso sarà il 14 o 15%, comunque pochi rispetto a quello che succede in Turchia, in Iran, in Colombia, in altri Paesi del mondo che veramente accolgono numeri molto più consistenti rifugiati. C’è l’idea che gli immigrati vengano dai paesi più poveri e siano i più poveri dei loro paesi. Non è vero. L’immigrazione viene prevalentemente da paesi intermedi, infatti in Italia, il primo è la Romania, seguito da Albania, Marocco, Cina … Paesi intermedi e gli immigrati non sono i più poveri dei loro paesi, ma perlopiù la classe media, che guadagna non meno di 1000 e non più di 9000 dollari all’anno, soglia sotto la quale non si riesce a partire e sopra la quale non se ne sente l’esigenza». “Miti”, questi e altri, da sfatare attraverso quello che Ambrosini ha chiamato uno «sguardo corretto sulle migrazioni», lo stesso sguardo che don Mattia Ferrari ha raccontato nei volti dei migranti che ha incontrato: «Uno sguardo – ha affermato il sacerdote – che restituisce le sofferenze patite, ma anche una profonda spiritualità, una grandissima ricchezza interiore. Queste persone hanno qualcosa che noi europei, preoccupati di tenerli lontano, spesso non abbiamo più». Don Ferrari ha ricordato la storia della madre e della figlia morte di sete nel deserto tra la Libia e la Tunisia, una storia che ha fatto il giro del mondo «ma il marito e padre è ancora nei lager libici e nessuno che ne abbia potere fa nulla per farlo uscire». Più volte, nel corso della serata, è stato citato papa Francesco e l’impegno della Chiesa in favore dei migranti. Come ha sottolineato, con grande efficacia, don Pierpaolo Felicolo, Direttore Generale di Fondazione Migrantes, nel suo intervento di chiusura.

Festival della Migrazione: “trattare il fenomeno in modo strutturale, andando oltre l’emergenza” 

26 Ottobre 2023 - Modena - Trattare le migrazioni non più come un’emergenza, ma come un fenomeno strutturale. È questo il filo conduttore degli interventi che hanno aperto l’ottava edizione del Festival della Migrazione, la rassegna promossa da Fondazione Migrantes, Porta aperta, UNIMORE e CRID, inaugurata questa mattina presso Fondazione San Carlo. “Liberi di partire, liberi di restare” è il titolo di una manifestazione che anche quest’anno si pone l’intento di sviluppare un confronto andando oltre i luoghi comuni e la propaganda, come ha sottolineato nel suo intervento il Portavoce del Festival Edoardo Patriarca: “Le migrazioni dovrebbero essere accompagnate da narrazioni veritiere e politiche lungimiranti, invece c'è troppa propaganda ed eccezionalità, aspetti che vanno ad offuscarne le cause profonde. Parlare di emergenza, scambiare gli arrivi dal mare con le migrazioni sono approcci comunicativi che divergono nei dati di realtà. Non è giunto il tempo di rivedere una legge vecchia e inadeguata come la Bossi-Fini? Non è il momento di impiantare un sistema di integrazione che vede protagonisti gli enti locali? E l'Unione Europea quando si prenderà carico della gestione di questi processi? Le frontiere e i confini servono per essere attraversati, per passare e tornare. Da qui il titolo che abbiamo scelto: liberi di partire, per realizzare il proprio progetto di vita, liberi di restare, non obbligati a fuggire dalle persecuzioni. Questa è un’edizione allargata su più territori, che va oltre la provincia modenese e può contare su una collaborazione preziosa con il festival di Torino e questo non può che essere motivo di grande soddisfazione”. “Tutte le questioni chiamate in causa sono parte dei temi a cui siamo chiamati a dare risposta insieme, come comunità, come enti e come terzo settore – ha sottolineato nel suo intervento Davide Baruffi, Sottosegretario alla Presidenza della Giunta Regione Emilia-Romagna –. Noi siamo convinti che un'emergenza ci sia, quella delle persone che muoiono tentando di raggiungere il nostro Paese: la capacità di accogliere funziona in proporzione alla modalità in cui viene alimentata e in questo momento non c'è uno sforzo adeguato. L'idea che ogni paese possa proteggersi da sé, è un'idea profondamente sbagliata, serve una chiamata di responsabilità da parte dell’Europa. La Regione Emilia-Romagna non ha firmato l’intesa sulla gestione dello stato di emergenza per quanto riguarda la migrazione non per ragioni ideologiche, ma perché è sbagliata l’idea che il problema possa essere scaricato sulle città, sulle regioni e sui quartieri. Non può passare che le persone possano accedere al nostro Paese solo se hanno un valore aggiunto che apporta beneficio economico. L’Emilia Romagna cercherà di costruire quella politica di governo di cui abbiamo bisogno, a fianco ai territori e alle organizzazioni”. Al via dei lavori era presente anche il Prefetto di Modena Alessandra Camporota, che ha spiegato che “accogliere e integrare significa favorire lo sviluppo dei propri cittadini favorendo l'inserimento di altri. Sottolineo l'enorme sforzo delle Forze dell'Ordine attraverso la Questura per quanto riguarda i permessi di asilo e ringrazio il terzo settore, con cui stiamo affrontando un momento profondamente critico. L'impegno delle istituzioni è favorire la conoscenza delle ragioni per cui si verificano particolari fenomeni e la modalità attraverso cui vengono affrontati, tenendo anche conto del senso di insicurezza crescente e cercando di risanarlo attraverso la conoscenza”. “Quello dei migranti – ha ribadito Carlo Alberto Porro, Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia – è un tema importante per le sue implicazioni socio-politiche e culturali. Non si tratta solo di passaggi di frontiere, ma di una riflessione che dà la possibilità di confrontarsi con altri. Ringrazio tutti coloro che all'interno della nostra Università, come il CRID, offre un contributo molto significativo nel dibattito culturale di questo fenomeno”. Il Vicesindaco  Gianpietro Cavazza ha posto l’accento sull’importanza delle parole quando si parla del tema migratorio: “Abbiamo parlato degli stranieri come un valore, ma facciamo attenzione perché il passaggio successivo è quello di considerarli una merce: è fondamentale usare le parole giuste per trattare questi temi. Le migrazioni sono un fatto strutturale e per affrontare argomenti come quelli degli stranieri, della salute e dell'istruzione bisogna restare fuori dallo scontro elettoralistico. Si investe sulla cultura e sulle giovani generazioni affinché siano più attrezzate per affrontare questo fenomeno di carattere strutturale. Troppo spesso alla parola straniero viene associata la parola insicurezza: ben venga un festival come questo che riesce a riempire questa narrazione fuorviante, spesso riproposta a fine elettoralistici”. Dopo l’intervento  di Matteo Tiezzi, Presidente di Fondazione di Modena, che ha evidenziato come Fondazione di Modena sostenga tanti progetti sul territorio che esprimono attività su questo tema, “perché  essere liberi di partire ed essere liberi di restare è un obiettivo ambizioso, che deve essere portato nella società come una sfida da raggiungere” la parola è andata a mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della  Fondazione Migrantes: “È fondamentale proteggere le persone migranti dal pregiudizio e dalle retoriche strumentali. Le persone migranti non sono soltanto numeri, sono pensieri, emozioni, non solo di chi parte, ma anche di chi resta, volti e storie che ci impegnano con diritti e doveri ad aprirci al futuro. Oggi più che mai è bene soffermarsi non solo sul viaggio, ma anche sui motivi di partenza, sulla forza di ciò che lega al paese di origine ma non impedisce di partire. Non dimentichiamo la libertà di tornare, qualora la forza della propria storia, dei propri desideri lo richiedano. Libertà di un'esistenza dignitosa, la libertà di continuare a vivere, spesso negata dalle guerre e dal cambiamento climatico”. Gianfrancesco Zanetti, direttore di Fondazione San Carlo, ha aggiunto che “il successo del Festival deriva dalla qualità scientifica e dell'impegno civile che lo caratterizza. Le posizioni scientifiche non devono essere unilaterali e con fini elettoralistici, ma nemmeno completamente asettiche, distaccate. Non si dovrebbe assumere posizioni basate sul pregiudizio, che avrebbero un disvalore scientifico e influenzerebbero l'immagine, ma è impossibile ottenere una posizione completamente asettica e neutrale. L'interesse della Fondazione per il Festival è quasi vocazionale e sentiamo un impegno scientifico sintonico con le sue ragioni: temi che hanno un immediato riflesso nell'impegno civile e nella vita dei cittadini”. Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo di Modena-Nonantola e Vescovo di Carpi, ha mandato un messaggio video nel quale ha affermato che “il Festival della Migrazione rappresenta ormai un appuntamento noto e atteso. Quando si è costretti a restare al di fuori del proprio paese, o si è costretti a partire, allora si tratta di una libertà fittizia. Non c'è ancora la possibilità di un'accoglienza degna. Speriamo, grazie all'azione di tanti e a tutte le forze coinvolte, di riuscire a invertire la rotta soprattutto dal punto di vista di una cultura che tenga conto anche della dimensione legislativa”. A chiudere la sessione introduttiva ci ha pensato Alberto Caldana, Presidente di Porta aperta e di CSV Terre Estensi: “Il fatto che il Festival si sia allargato ad altri territori significa che c'è voglia di discussione e di approfondimento. Abbiamo bisogno di trattare l'argomento della migrazione non come un'emergenza, ma di costruire percorsi che siano oggi in grado di edificare la comunità e rafforzarla, una comunità che è fatta da persone che vengono da diversi paesi”. Il Festival della Migrazione è promosso da Fondazione Migrantes, da Porta Aperta come capofila di una cinquantina di organizzazioni, dall’Università di Modena e Reggio Emilia e il Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e Vulnerabilità, con il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Acri, comuni di Modena, Carpi, Spilamberto, Fiorano, Formigine, Maranello e Soliera, inoltre del patrocinio di Università di Ferrara, Università di Camerino, Università di Perugia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università per gli Stranieri di Siena, gode inoltre del sostegno di Fondazione di Modena, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, Csv Terre Estensi e di Fondazione Collegio San Carlo e del contributo di Bper Banca e Menù.        

Festival della Migrazione: questa mattina l’avvio a Modena

26 Ottobre 2023 - Modena - L’ottava edizione del Festival della Migrazione si è aperto ieri con il messaggio che ha fatto pervenire papa Francesco nel quale incoraggia a “sviluppare proposte concrete per favorire una migrazione regolare e sicura”.  L'edizione 2023 del Festival si snoderà, da oggi fino al 28 ottobre in diverse iniziative in città dell’Emila Romagna e del Veneto Il Festival della Migrazione è promosso da Fondazione Migrantes, Porta aperta, UNIMORE e CRID, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Modena e di Carpi oltre che di numerosi atenei italiani. Le città coinvolte quest’anno sono Modena, Bologna, Ferrara, Rovigo, Fidenza, Carpi, Formigine, Mirandola, Soliera, Rovigo, Fiorano Milanese per promuovere un confronto approfondito e non ideologico su un fenomeno complesso come quello delle migrazioni: l’obiettivo degli organizzatori è infatti quello di rappresentare le diversità, le sfumature e l’esperienza soggettiva della migrazione, andando oltre i luoghi comuni e la retorica che troppo spesso riduce i migranti e il fenomeno stesso a categorie semplicistiche. L’apertura ufficiale questa mattina a Modena con i saluti del portavoce del Festival, Edoardo Patriarca, di Alberto Caldana, Presidente Porta Aperta, di Davide Baruffi, Sottosegretario alla Presidenza della Giunta Regione Emilia-Romagna; di Gianpietro Cavazza, Vicesindaco di Modena; di Alessandra Camporota, Prefetto di Modena, di mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e Vescovo di Carpi e vicepresidente della Cei; di Matteo Tiezzi, Presidente Fondazione di Modena; di Carlo Adolfo Porro, Magnifico rettore UniMoRe, di mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes, di Gianfrancesco Zanetti, Direttore Fondazione San Carlo. Seguiranno, sul tema “Le parole dell’integrazione: un lessico per la migrazione” con gli interventi di Luigi Alici, Professore emerito di Filosofia morale all’Università di Macerata; di Ivo Lizzola, Professore ordinario di Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e del conflitto e della mediazione presso il Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo; di don Stefano Stimamiglio, Direttore di Famiglia Cristiana, di Paolo Lambruschi, inviato di Avvenire e di Giovanni Rossi, già Presidente FNSI. Nel pomeriggio a Ferrara, invece, spazio all’incontro “Volti, storie, diritti dei minori migranti” a cura dell’Università di Ferrara. Nella mattinata di venerdì 27 ottobre il Festival si fa in due: a Fidenza avrà luogo l’incontro “La salute degli immigrati e dei profughi e richiedenti asilo: aspetti sanitari e aspetti inter-religiosi e inter-culturali”, a cura della Migrantes dell’Emilia Romagna, Caritas regionale, Pastorale della salute regionale e Ausl di Parma, a Modena i convegni a cura del CRID “L’accesso all’istruzione superiore di richiedenti asilo e titolari di protezione”. Il programma della giornata proseguirà a Carpi con un convegno nazionale sulla cooperazione internazionale, a seguire “Custodire il creato costruendo la pace”, nell’ambito della Giornata del dialogo cristiano islamico. Sabato 28 ottobre il Festival della Migrazione farà tappa a Rovigo con l’incontro “Diritto alla scuola e scuola di diritti” promosso da Università di Ferrara e Fondazione Cariparo; a Modena Fondazione Migrantes cura una giornata di seminari su migrazione e pace, con un contributo anche del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei. L’intero programma su www.festivalmigrazione.it. (Raffaele Iaria)

Festival della Migrazione: il messaggio di papa Francesco

25 Ottobre 2023 - Roma - Il tema del Festival della Migrazione che si apre domani a Modena «riprende quello del Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato di quest'anno, dedicato alla libertà di scegliere se migrare o restare. Ed è ancora più chiaro il riferimento all'iniziativa di solidarietà promossa qualche anno fa dalla Conferenza Episcopale Italiana, che cito proprio nel mio Messaggio come risposta concreta alle sfide delle migrazioni contemporanee». E’ quanto scrive papa Francesco in un messaggio inviato al Festival della Migrazione promosso dalla Fondazione Migrantes e altri enti e che si svolgerà da domani al 28 ottobre a Modena e in diverse città dell’Emilia Romagna e del Veneto. «Nei vostri lavori – scrive papa Francesco - intendete riflettere sui flussi migratori contemporanei attraverso considerazioni che vadano oltre l'emergenza, nella consapevolezza che ci troviamo di fronte a un fenomeno poliedrico, articolato, globale e a lungo termine. Per questo le risposte alle sfide migratorie di oggi non possono che essere articolate, globali e a lungo termine». «Vi proponete – continua il messaggio - di ribadire la centralità della persona umana nel disegno di politiche e programmi migratori, con attenzione particolare alle categorie più vulnerabili, come le donne e i minori. In effetti, il principio del primato della persona umana e della sua inviolabile dignità ‘ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale’ (Messaggio per la G.M. del Migrante e del Rifugiato 2018). E ancora, ‘Gesù Cristo ci chiede di non cedere alla logica del mondo, che giustifica la prevaricazione sugli altri per il mio tornaconto personale o quello del mio gruppo: prima io e poi gli altri! Invece il vero motto del cristiano è 'prima gli ultimi!’ (Messaggio per la G.M. del Migrante e del Rifugiato 2019)». Papa Francesco incoraggia a «sviluppare proposte concrete per favorire una migrazione regolare e sicura». Su questa linea, «è necessario moltiplicare gli sforzi per combattere le re-ti criminali, che speculano sui sogni dei migranti. Ma è altrettanto necessario in-dicare strade più sicure. Per questo, bisogna impegnarsi ad ampliare i canali mi-gratori regolari» (Riflessione nel Momento di preghiera peri migranti, 19 novem-bre 2023). Ma nello stesso tempo «occorre – scrive papa Francesco - adoperarsi alacremente per garantire a tutti e tutte il diritto a non dover migrare». Il Festival della Migrazione è promosso da Fondazione Migrantes, Porta aperta, UNIMORE e CRID, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Modena e di Carpi oltre che di numerosi atenei italiani. Si svolge dal 26 al 28 ottobre tra Modena, Bologna, Ferrara, Rovigo, Fidenza e Carpi, Formigine, Mirandola, Soliera, Rovigo, Fiorano Milanese.

Festival della migrazione: “Abbiamo dato voce al paese reale”

27 Novembre 2022 - Modena - “Siamo stati noi in una ‘bolla’ in questi giorni o è la politica che è in una ‘bolla’, rinserrata in sé stessa e lontana dal Paese reale? Abbiamo dato voce ai nuovi italiani, troppe volte non ancora cittadini, con le loro storie e testimonianze, e abbiamo ribadito con forza, con voci autorevoli, che l’accoglienza e l’inclusione rappresentano un vantaggio per tutti. E che quello della migrazione non è un tema di destra o di sinistra, ma di umanità”. Edoardo Patriarca fa il punto al termine della settima edizione del Festival della Migrazione che in Emilia (tra Modena, Ferrara e Carpi) ha proposto 16 sessioni seguite anche a distanza attraverso la rete, una mostra interattiva ‘In fuga dalla Siria’ visitata da oltre duemila tra studenti e gruppi, incontri nelle scuole superiori del territorio. Un modo per confrontarsi in profondità e andare oltre i pregiudizi e gli stereotipi, di ascoltare soprattutto i più giovani, gli italiani senza cittadinanza, che interpellano con forza la politica e la società. Protagonisti soggetti e rappresentanti di realtà differenti: vescovi e giornalisti, seconde generazioni e professori universitari, creativi e rappresentanti di soggetti impegnati in prima linea, fino a comunità di vari paesi del globo. Tra gli interventi - nei vari appuntamenti tra Modena, Carpi e Ferrara – l’arcivescovo di Modena Notantola e Vescovo di Carpi, mons. Erio Castellucci, vice presidente della Cei, l’arcivescovo di Ferrara Comacchio, mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes e il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Conclude Patriarca, Portavoce del Festival: “Abbiamo fatto politica riproponendo la nostra agenda su cui chiediamo un confronto alle forze parlamentari, e dando spazio alla realtà. I giovani ci hanno chiesto una ecologia delle parole: inclusione piuttosto che integrazione, lavoratori e lavoratrici e non ‘forza lavoro’, irregolari e non clandestini, mobilità umana piuttosto che migrazioni, nuove generazioni italiane e non solo seconde generazioni, non ‘carico residuale’ ma persone che vanno curate e assistite. L’agenda che abbiamo redatto ormai da qualche tempo è a disposizione di tutti, per confrontarci e cercare soluzioni e non slogan”. Il Festival della Migrazione è promosso da Fondazione Migrantes, da Porta Aperta come capofila di una cinquantina di organizzazioni, dall’Università di Modena e Reggio Emilia e il Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e Vulnerabilità, con il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Acri, comuni di Modena, Carpi, Spilamberto, Fiorano, Formigine, Maranello, Soliera e Nonantola, inoltre del patrocinio di Università di Ferrara, Università di Camerino, Università di Perugia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università per gli Stranieri di Siena, gode inoltre del sostegno di Fondazione di Modena, Csv Terre Estensi e di Fondazione Collegio San Carlo e del contributo di Bper Banca, Coop Alleanza 3.0, Menù e Neon King. (R.I.)

  Roma, 27 novembre 2022

Festival della migrazione, mons. Castellucci: “Le persone in pericolo di vita non vanno respinte”

26 Novembre 2022 -

Modena - “Le persone che sono in pericolo di vita non vanno respinte, si tratta di valori che riguardano l’umano. La fraternità, anche per i non cristiani, deve diventare un nuovo stile nei rapporti interpersonali”. Lo ha detto mons. Erio Castellucci, vice presidente della Cei, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, intervenendo al Festival della Migrazione che si è chiuso oggi a Modena aggiungendo che "esiste un intreccio oggettivo tra le varie crisi: la crisi economica influisce su migrazioni, così come quella ambientale, quella bellica sull’economia… e così via. Dobbiamo affrontare questo intreccio con un altro intreccio, che si chiama fraternità, oppure non ne usciamo. Mentre libertà ed eguaglianza sono codificate, la fraternità sembra solo affidata al buon cuore. Non è così: oggi tanti, anche non credenti, invocano una fraternità che abbia una valenza di tipo pratico”. Per mons. Castellucci il  concetto di fratello e sorella è "molto laico e indica un legame forte e tra pari, che spesso si trasferisce anche ai popoli. Ci sono regole umanitarie già dall’Antico Testamento, ma ci sono muri che sempre si ripetono e vanno sempre superati. Oggi è sempre più chiaro che o si va sulla via della fraternità o si va sulla strada di Caino, del sangue tra fratelli. Non ci sono molte alternative”. Parlando delle parole del Papa sulla pace, il presule ha concluso: “La pace è frutto della giustizia, ma c’è una pace che Gesù non ha portato, che è quella causata dall’indifferenza: è la pace di chi dice di lasciarlo in pace, di chi pratica l’ingiustizia. Non si può avvallare ogni comportamento per tenere la pace. L’idea del Papa è di provare a fermare questa catena di guerra e vendetta, per evitare una finta pace e la Chiesa vuole educare alla vera pace, alla giustizia, alla fraternità, alla gratuità”.

Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, ha aggiunto: “Il mondo ci viene in casa e non capiamo il motivo perché non lo guardiamo più. Cosa è il confine? In Ucraina viene attraversato in armi, nel Mediterraneo si arriva a voler trasformare l’acqua del mare in un muro. Nella guerra come nel respingimento, solidifichiamo nella mente l’idea che si sta bene per conto nostro che è stridente in un mondo che si fa sempre più integrato. Papa Francesco ci racconta, insieme a tanti altri, che un mondo diverso è possibile”. Tarquinio ha concluso: “Vi è una tragedia immensa in quello che è diventato il cimitero liquido più grande del mondo e gli umanitari, le Ong, salvano vite tra il 10 e il 15% di chi arriva: lo dico chiaramente, non ci sono prove che gli operatori umanitari siano, per dirla con una espressione davvero infelice, tassisti del mare”.

Il Festival della Migrazione è promosso da Fondazione Migrantes, da Porta Aperta come capofila di una cinquantina di organizzazioni, dall’Università di Modena e Reggio Emilia e il Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e Vulnerabilità, con il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Acri, comuni di Modena, Carpi, Spilamberto, Fiorano, Formigine, Maranello, Soliera e Nonantola, inoltre del patrocinio di Università di Ferrara, Università di Camerino, Università di Perugia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università per gli Stranieri di Siena, gode inoltre del sostegno di Fondazione di Modena, Csv Terre Estensi e di Fondazione Collegio San Carlo e del contributo di Bper Banca, Coop Alleanza 3.0, Menù e Neon King.

Festival della migrazione: mons. Castellucci sulle parole di papa Francesco

25 Novembre 2022 -

Modena - Domani, sabato 26 novembre si conclude l’edizione 2022 del Festival della migrazione. Incontri ed eventi si susseguiranno nell’arco dell’intera giornata in due luoghi simbolo della città di Modena.

Si parte alle 9.30 presso Palazzo Europa con ‘Le parole di Francesco, le parole dell’accoglienza’ introdotto da Teresa Marzocchi, membro del comitato scientifico del Festival. Gli interventi sono affidati a Mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, e a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Alle 11 in programma ‘Per una pastorale Migrantes’, le testimonianze di Pastorale Migrantes, a cura di Migrantes regionale Emilia Romagna e della Migrante Interdiocesana Carpi e Modena, moderate da Mons. Juan Andrés Caniato, direttore Migrantes Diocesana Bologna. Nel pomeriggio, sempre a Palazzo Europa alle 14.30 l’incontro ‘Come migrare responsabilmente?’ a cura di Tefa Colombia e Migrantes Interdiocesana Carpi e Modena introdotto da Irma Romero, portavoce di Tefa Colombia, e moderato dall’attivista Rossella Giulia Caci. Ad intervenire saranno Carlos Alfredo Carretero Socha, console generale della Colombia, e Nelson Francisco Carela Luna, console generale della Repubblica Dominicana. A portare la propria testimonianza, inoltre, sarà Natalia Valeeva, campionessa olimpica moldava naturalizzata italiana.

Gli ultimi due appuntamenti del Festival saranno presso il San Carlo. Alle 17 sul palcoscenico del teatro l’incontro ‘Dialoghiamo’, mediato da due speaker di Radio FSC-Unimore, che si occuperà anche della chiusura. Ad intervenire durante il salotto saranno l’imprenditrice Angela Haisha Adamou, l’avvocato ed ex vicepresidente nazionale dei giovani musulmani d’Italia Abdelhakim Bouchraa e, infine, la mediatrice culturale Olena Kim.

Chiude il Festival alle ore 18 ‘Per alzata di mano’, un’intervista dove sarà il pubblico a diventare il protagonista. Ospite il fumettista e graphic journalist Takoua Ben Mohamed.

L’ultima giornata di Festival è l’occasione per conoscere una cultura diversa da quella italiana anche attraverso il cibo. Sabato 26 novembre alle 12.30 ci sarà il ‘Pranzo dei popoli’ presso l’Osteria del tempo perso, Polisportiva Modena Est in Viale dell’Indipendenza.

Il Festival della Migrazione è promosso da Fondazione Migrantes, da Porta Aperta come capofila di una cinquantina di organizzazioni, dall’Università di Modena e Reggio Emilia e il Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e Vulnerabilità, con il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Acri, comuni di Modena, Carpi, Spilamberto, Fiorano, Formigine, Maranello, Soliera e Nonantola, inoltre del patrocinio di Università di Ferrara, Università di Camerino, Università di Perugia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università per gli Stranieri di Siena, gode inoltre del sostegno di Fondazione di Modena, Csv Terre Estensi e di Fondazione Collegio San Carlo e del contributo di Bper Banca, Coop Alleanza 3.0, Menù e Neon King.

Festival della migrazione: la cittadinanza negata a chi ‘non ha altro Paese se non l’Italia”

25 Novembre 2022 -

Modena - “Non siamo braccia, siamo persone. Non ho altro Paese se non l’Italia, non ho altra casa se non l’Italia. Vorrei dire alle persone che sono discriminate nei posti di lavoro, a scuola, ovunque che non sono sbagliati, che sbaglia chi li attacca. Chi nasce in Italia è italiano. Noi italiani senza cittadinanza potremmo essere un valore aggiunto per questo Paese e invece veniamo visti come un problema”. Quasi un manifesto le parole di Omar Neffati, portavoce di ‘Italiani senza cittadinanza’ intervenuto al Festival della Migrazione. E la cittadinanza è stata al centro delle iniziative della kermesse emiliana.

“Questi sono temi che non hanno colore politico e non devono essere strumentalizzati – suggerisce Alessandra Camporota, Prefetto di Modena all’apertura dei lavori -. Il nostro è un territorio di accoglienza. L’asilo è un diritto, così come la cittadinanza va riformulata, la nostra società si è rinnovata. Questi temi mi sono cari nella vita professionale e mi hanno vista impegnata anche a livello personale”. Tra gli altri interventi anche quelli del Sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli (“La comunità esiste solo se ci stiamo tutti, dobbiamo riconoscerla e ricostruirla. Il festival è un’occasione importante per trovare risposte a un argomento serio, e non dobbiamo nemmeno dimenticare la nostra storia e il nostro presente di migranti. Cittadinanza significa diritti ma soprattutto doveri”) e Paolo Cavicchioli, Presidente della Fondazione di Modena che ha ricordato i progetti di accoglienza degli ucraini, che hanno visto le fondazioni di origine bancaria in prima fila. Francesca Maletti, consigliera regionale, è intervenuta delegata dal Presidente Bonaccini: “Il mondo sta cambiando, abbiamo una guerra in Europa, è cambiato il Governo. Occorrono scelte di comunità, ma la comunità è pronta per accogliere? E’ necessario discutere e parlare di questi temi per sensibilizzare tutti”.

“Studiare, informare, formare – i tre verbi sono di mons. Pierpaolo Felicolo, direttore di Fondazione Migrantes – questa è l’essenza del Festival. La cittadinanza è un passaggio fondamentale: non fermiamoci alla tolleranza, ma puntiamo su convivenza e arricchimento, su una convivialità delle differenze in cui le seconde generazioni sono chiamate ad avere ruolo di protagoniste”.

Il finale è per Hasti Naddafi, studentessa e mediatrice di origini iraniane: “C’è una gerarchizzazione delle persone con background migratorio. Se sei iraniana o meglio persiana va bene, se sei italiana di origine marocchina va male. Mi sono resa conto di essere una privilegiata non solo perché sono riuscita a ottenere la cittadinanza, ma anche per la mia origine. In generale c’è una mancanza di tutela per le seconde generazioni”.

Il Festival della Migrazione è promosso da Fondazione Migrantes, da Porta Aperta come capofila di una cinquantina di organizzazioni, dall’Università di Modena e Reggio Emilia e il Centro di Ricerca Interdipartimentale su Discriminazioni e Vulnerabilità, con il patrocinio e il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Acri, comuni di Modena, Carpi, Spilamberto, Fiorano, Formigine, Maranello, Soliera e Nonantola, inoltre del patrocinio di Università di Ferrara, Università di Camerino, Università di Perugia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università per gli Stranieri di Siena, gode inoltre del sostegno di Fondazione di Modena, Csv Terre Estensi e di Fondazione Collegio San Carlo e del contributo di Bper Banca, Coop Alleanza 3.0, Menù e Neon King.

Festival della Migrazione, Mons. Perego: cittadinanza e democrazia in Italia. Osservazioni sulla riforma della legge della cittadinanza

24 Novembre 2022 - Ferrara - La storia dei processi di democratizzazione delle società politiche occidentali coincide con la storia della progressiva affermazione dei diritti di cittadinanza, attraverso un duplice movimento: l’aumento del numero e del tipo di diritti riconosciuti e garantiti ai cittadini; la progressiva estensione della classe dei cittadini, di coloro cioè che hanno titolo a godere di tali diritti. In un processo di democratizzazione, pertanto, una mobilità crescente e diffusa chiede non di limitare, ma di estendere la cittadinanza. Per quanti sono arrivati già da tempo e sono inseriti nel tessuto sociale, è importante applicare il concetto di “cittadinanza”, che «si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia – scrive Papa Francesco. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli» (Fratelli tutti, 131).  
  1. Per un nuovo alfabeto: risemantizzare la cittadinanza
Parlare di cittadinanza oggi, anche in relazione al fenomeno dell’immigrazione, significa anzitutto procedere a una sorta di “risemantizzazione” del termine cittadinanza dentro una prospettiva storica cristiana, libera da condizionamenti mediatici e ideologici. Una risemantizzazione che rilegge la cittadinanza a partire da tre luoghi, tre appartenenze. Una prima appartenenza è quella locale, data da una comunità coesa per lingua, tradizione, stili di vita. Una seconda appartenenza è quella nazionale ed europea, diremmo nata dalla modernità, dove contano alcune regole, alcune istituzioni comuni di riferimento. E la terza appartenenza è quella mondiale , quella dell’uomo planetario (Balducci), della fraternità (Ratzinger), che fa valere soprattutto la dignità e l’umanità comune tra i diversi popoli, dentro un processo complesso di dialogo, accordo, scambio dove contano sempre più Organismi internazionali (ONU), che tendono a un “ordine internazionale” (Gonella). Una risemantizzazione del termine cittadinanza che è fondata sulla dinamica uno-molti, locale e globale che intesse e struttura anche la realtà della Chiesa che, anche in questo, si mostra coerente con la storia sociale dell’umanità. Forse è venuto anche il tempo di pensare una nuova prospettiva della cittadinanza: non rendere le persone più “uguali”, ma organizzare il pluralismo e le differenze tra quanti condividono non una comune discendenza, ma una comunità di destino. Da qui l’ipotesi di una cittadinanza multiculturale: riconoscere, proteggere e attribuire diritti “speciali” a tutela dell’identità culturale come bene costitutivo della dignità umana. Si presenta così alla riflessione la questione dei diritti etnici, ossia di diritti riconosciuti non in capo al singolo individuo, ma al gruppo al quale appartiene (o sceglie di appartenere). Il fallimento del progetto di inclusione basato sul principio di uguaglianza formale e sostanziale ha creato l’etnicità reattiva, con le nuove forme di nazionalismo o di difesa.  
  1. Magistero città e cittadinanza
  La cittadinanza è un tema che ha visto approfondimenti nel corso di vari eventi ecclesiali in Italia - dal Convegno di Verona (2006) alla Settimana sociale dei cattolici italiani a Reggio Calabria (2010) - e significativi apporti nel documento CEI dopo Il Convegno ecclesiale di Verona[1], nel documento preparatorio (nn.25-26) e conclusivo (n.15) della Settimana sociale di Reggio Calabria[2] e fino ad arrivare a diventare una scelta di progettazione educative negli Orientamenti pastorali “Educare alla vita buona del Vangelo “, al n. 54. La scelta, meglio, “la necessità” di educare alla cittadinanza viene sottolineata dagli Orientamenti a motivo di “ una forte tendenza individualistica” che permea la società, che limita l’azione e la dimensione sociale come semplicemente funzionale a degli interessi personali. E’ la perdita del “bene comune”,  dell’ “insieme” come fine dell’agire sociale, ma anche la perdita dell’ “interesse”, della “passione sociale” come molla dell’azione sociale.  
  1. La situazione in Italia
Dal 2002 ad oggi in Italia 1.400.000 hanno ottenuto la cittadinanza dopo 10 anni dalla permanenza, secondo la legge, in realtà dopo 12/14 anni di permanenza per i tempi ministeriali. Nell’ultimo anno 100.000 immigrati sono diventati cittadini italiani. Questi elementi segnalano il passaggio nella storia dell’immigrazione straniera in Italia a una fase in cui il fenomeno assume una maggiore maturità. Si tratta, però, di una cittadinanza ritardata, che a sua volta ha ritardato la partecipazione attiva alla vita del nostro Paese. La riforma della legge della cittadinanza è fondamentale per un Paese a forte immigrazioni negli anni scorsi, quale è stata l’Italia, passando da una legge incentrata sullo jus sanguinis – la legge è la n. 91 del 5 febbraio 1992 - che guarda soprattutto al rientro dei nostri emigranti, a una legge basata sullo jus soli o sullo jus culturae. La legge attualmente in vigore vede un provvedimento legato al requisito formale degli anni di residenza legale in Italia (dieci anni per un cittadino non comunitario, cinque per l’apolide o il rifugiato e quattro per i cittadini di uno Stato dell’Unione europea), è lento nel procedere – due anni - adottato sulla base di valutazioni ampiamente discrezionali quali la condotta tenuta dall’interessato, il livello di integrazione nel tessuto sociale, la posizione reddituale e l’assolvimento dei correlati obblighi fiscali. Tra l’altro, è un fatto singolare che l’Italia, con la legge del 1992, ha aumentato e non ridotto gli anni di residenza richiesti, passando da 5 a 10 per i non comunitari, rispetto alla disciplina previgente, risalente al 1912. I tempi di residenza legale richiesti nei Paesi europei per la naturalizzazione variano: in Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Svezia, Finlandia, Francia, si chiedono 5 anni, in Danimarca 7, in Germania 8. I dieci anni stabiliti dalla legislazione italiana e spagnola costituiscono il limite massimo previsto dalla Convenzione Europea sulla Cittadinanza del 1997. La proposta di cui si discute in Italia da almeno 15 anni ha avuto il suo avvio con la proposta di legge popolare sotto il titolo ‘L’Italia sono anch’io’, una campagna sostenuta dal mondo associativo laico e cattolico nel 2011, con la raccolta di 200.000 firme. La proposta legge prevedeva la residenza a chi è nato in Italia da un genitore legalmente residente da almeno 5 anni, oppure è nato o è arrivato prima del compimento di 12 anni nel nostro Paese e vi abbia compiuto con successo un ciclo scolastico di 5 anni. L’opposizione a questa legge, della quale si discute da 15 anni e che fu approvata dalla Camera il 13 ottobre 2015 e poi è arenata in Senato nel 2017, si spiega infatti solo con il razzismo. Infatti, l’anno successivo, nel 2018, la legge del 3 dicembre – nota come Decreto sicurezza - , raddoppiava da due a quattro anni i tempi massimi di attesa di risposta dalla presentazione della domanda, aumentava il contributo da versare allo Stato per avviare la procedura (da 200 a 250 euro) e prevede la possibilità di revocare la cittadinanza a seguito della condanna definitiva per alcuni reati, inclusi quelli di ordine politico. Nel dicembre del 2020, con le modifiche del Decreto sicurezza di Salvini, si ritorna semplicemente a due anni di attesa rispetto ai quattro, ma nulla di più. La proposta stata ripresa alla Camera, con il cosidetto jus scholae, nel giugno di quest’anno 2022, arenandosi ancora una volta per lo scioglimento delle Camere.  La proposta prevedeva il riconoscimento della cittadinanza italiana per i giovani con background migratorio nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che risiedano legalmente e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Inoltre, se i 5 anni considerati includono la frequenza della scuola primaria, allora viene richiesto anche il superamento del ciclo di studi con esito positivo come elemento fondamentale per il riconoscimento della cittadinanza; il riconoscimento da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Istruzione, dei requisiti essenziali che i percorsi di istruzione e formazione professionale devono possedere per essere considerati titoli idonei per l’acquisto della cittadinanza; la presentazione su base volontaria della domanda di cittadinanza prima del compimento del diciottesimo compleanno, da parte di almeno un genitore legalmente residente in Italia o chi esercita la capacità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza. In caso di mancanza di questa dichiarazione di volontà, l’interessato acquista la cittadinanza se ne fa richiesta all’ufficiale dello stato civile entro due anni dal raggiungimento della maggiore età; gli ufficiali di anagrafe sono tenuti a comunicare ai residenti di cittadinanza straniera, nei sei mesi precedenti il compimento del diciottesimo anno di età, la possibilità di acquisire il diritto di cittadinanza. L’inadempimento di tale obbligo di informazione sospende i termini di decadenza per la dichiarazione di elezione della cittadinanza. Gli ottocentomila ragazzi e giovani che potrebbero beneficiarne non sono immigrati, ma sono nati o cresciuti in Italia; sicché si spiega solo con l’intolleranza per la loro identità etnica la volontà di negare loro la cittadinanza, con l’effetto di trasformare il loro senso di appartenenza al nostro Paese in un assurdo disconoscimento e perciò in rancore anti-italiano: negare  la cittadinanza  ci rende tutti più insicuri, meno tutelati. La proposta andava oltre la semplice contrapposizione di jus soli e jus sanguinis prevedendo anche uno jus culturae o uno jus scholae.  
  1. Educare alla cittadinanza attiva
E’ chiaro che non si tratta solo di cambiare una legge sulla cittadinanza, ma anche accompagnare a una cittadinanza attiva oggi molto debole. E’ questa cittadinanza attiva la vera sfida per far rinascer le città, che poggia sull’esercizio del diritto di voto non solo alle elezioni amministrative, nazionali o europee, ma anche nel sindacato, negli organi di partecipazione scolastica, nel volontariato. Conclusione Forse dobbiamo interrogarci se non sia il caso di rivedere una legge che ritarda la cittadinanza, ritardando la partecipazione attiva di molte persone alla vita sociale, culturale e politica del nostro Paese. Forse dobbiamo ragionare se l’estensione della cittadinanza ai bambini e ragazzi figli di immigrati che completano un ciclo di studi (jus culturae) non sia una semplice concessione, ma il riconoscimento di un percorso di integrazione che rinnova le nostre città. La cittadinanza è lo strumento per riconoscere che la città cambia e per rinnovarla.  Allargare la cittadinanza è una scelta che indica allargare la partecipazione, la responsabilità sociale e la partecipazione dei cittadini immigrati, considerando la cittadinanza come “dono”, primo segno di accoglienza di una vita che nasce, luogo di tutela dei diritti, come luogo di riconoscimento, come compito. Nelle nostre città non solo possono e debbono convivere lingue plurime, ma anche cittadinanze plurime, che non relativizzano il senso e il valore della lingua e della cittadinanza in un paese, anzi la rafforzano. In questo senso, la cittadinanza è un passaggio fondamentale nella direzione che porta ad una società partecipativa, interculturale, ove la diversità, le diverse culture e religioni, non devono semplicemente tollerarsi, ma, nel dialogo, convivere in un processo d’integrazione che sia di arricchimento reciproco, pur nel rispetto delle peculiarità tipiche delle proprie identità d’origine. Alimentare paure, stereotipi e chiusure su una cittadinanza che si allarga significa indebolire la città, escludere dalla città. (mons. Gian Carlo Perego - Presidente della Fondazione Migrantes)   Ps. E' l'intervento del Presidente della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego, all'incontro "Giovani e cittadini" promosso a Ferrara nell'ambito del festival della Migrazione. [1] CEI, Rigenerati per una speranza viva" (1 Pt 1,3): testimoni del grande "si" di Dio all'Uomo, Bologna, EDB, 2007. [2] COMITATO SCIENTIFICO E ORGANIZZATORE DELLE SETTIMANE SOCIALI, Un cammino di discernimento verso la 46° Settimana sociale, 17 aprile 2009; ID. Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il Paese, 1 maggio 2010; ID. Un cammino che continua…dopo Reggio Calabria, Bologna, EDB, 2011.