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Papa Francesco alla comunità rom: chiedo perdono per quando vi abbiamo discriminato

3 Giugno 2019 - Bucarest - Nell’ultima giornata del suo viaggio in Romania, papa Francesco ha voluto incontrare la comunità rom di Blaj. Al suo arrivo è stato accolto dal Vescovo della Curia Arcivescovile Maggiore, da una famiglia e da alcuni bambini che gli hanno offerto un omaggio floreale che il Papa ha deposto davanti all’icona della Madonna. E’ stata l’occasione per chiedere perdono per le "discriminazioni", le "segregazioni" e i "maltrattamenti" subiti. “Nella Chiesa di Cristo c’è posto per tutti. La Chiesa è luogo di incontro, e abbiamo bisogno di ricordarlo non come un bello slogan ma come parte della carta d’identità del nostro essere cristiani”, ha etto il Papa sottolineando che “con questo spirito ho desiderato stringere le vostre mani, mettere i miei occhi nei vostri, farvi entrare nel cuore, nella preghiera, con la fiducia di entrare anch’io nella vostra preghiera e nel vostro cuore”. “Nel cuore porto però un peso”, ha detto: “è il peso delle discriminazioni, delle segregazioni e dei maltrattamenti subiti dalle vostre comunità. La storia ci dice che anche i cristiani, anche i cattolici non sono estranei a tanto male”. “Vorrei chiedere perdono per questo”: “Chiedo perdono – in nome della Chiesa al Signore e a voi – per quando, nel corso della storia, vi abbiamo discriminato, maltrattato o guardato in maniera sbagliata, con lo sguardo di Caino invece che con quello di Abele, e non siamo stati capaci di riconoscervi, apprezzarvi e difendervi nella vostra peculiarità. A Caino non importa il fratello. È nell’indifferenza che si alimentano pregiudizi e si fomentano rancori. Quante volte giudichiamo in modo avventato, con parole che feriscono, con atteggiamenti che seminano odio e creano distanze! Quando qualcuno viene lasciato indietro, la famiglia umana non cammina”. Per Papa Francesco “non siamo fino in fondo cristiani, e nemmeno umani, se non sappiamo vedere la persona prima delle sue azioni, prima dei nostri giudizi e pregiudizi”. “Sempre, nella storia dell’umanità, ci sono Abele e Caino”, ha ricordato il papa: “C’è la mano tesa e la mano che percuote. C’è l’apertura dell’incontro e la chiusura dello scontro. C’è l’accoglienza e c’è lo scarto. C’è chi vede nell’altro un fratello e chi un ostacolo sul proprio cammino. C’è la civiltà dell’amore e c’è quella dell’odio. Ogni giorno c’è da scegliere tra Abele e Caino. Come davanti a un bivio, si pone tante volte di fronte a noi una scelta decisiva: percorrere la via della riconciliazione o quella della vendetta”. “Scegliamo la via di Gesù” che è una via che “costa fatica”, ma è la via che “conduce alla pace”. Una via che “passa attraverso il perdono. Non lasciamoci trascinare dai livori che ci covano dentro: niente rancori. Perché nessun male sistema un altro male, nessuna vendetta soddisfa un’ingiustizia, nessun risentimento fa bene al cuore, nessuna chiusura avvicina”. Quindi il papa, rivolgendosi direttamente a questo popolo, ha detto che “avete un ruolo da protagonista da assumere e non dovete avere paura di condividere e offrire quelle specifiche caratteristiche che vi costituiscono e che segnano il vostro cammino, e delle quali abbiamo tanto bisogno: il valore della vita e della famiglia in senso allargato; la solidarietà, l’ospitalità, l’aiuto, il sostegno e la difesa dei più deboli all’interno della loro comunità; la valorizzazione e il rispetto degli anziani; il senso religioso della vita, la spontaneità e la gioia di vivere. Non private le società in cui vi trovate di questi doni e disponetevi anche a ricevere tutte le cose buone che gli altri vi possano offrire e apportare”. Di qui l’invito “a camminare insieme, lì dove siete, nella costruzione di un mondo più umano andando oltre le paure e i sospetti, lasciando cadere le barriere che ci separano dagli altri alimentando la fiducia reciproca nella paziente e mai vana ricerca di fraternità. Impegnarsi per camminare insieme, con la dignità: la dignità della famiglia, la dignità di guadagnarsi il pane di ogni giorno – è questo che ti fa andare avanti – e la dignità della preghiera. Sempre guardando avanti”. Nella Chiesetta di Sant’Andrea, dove iul papa si è recato, una lapide ricordava il Porrajmos, lo sterminio di mezzo milione di Rom Sinti nei campi nazisti. Il pontefice, prima del suo interventoi, ha ascoltato la testimonianza di un sacerdote rumeno, greco-cattolico, di origine Rom, don Ioan. “Nella Chiesa di Cristo c’è posto per tutti”, ha detto il sacerdote dando il “benvenuto” la papa “nella periferia delle periferie!”. Il sacerdote ha spiegato che nel quartiere la Chiesa “ha pensato una pastorale per i Rom, con diverse parrocchie dedicate all’accompagnamento spirituale delle loro famiglie e dei loro bambini”. "Penso di non sbagliare se dico che noi siamo qui per manifestare come nella Chiesa di Cristo c’è¨ posto per tutti”, ha detto: "accogliendo Lei, accogliamo il Signore, venuto per gli ultimi, amante degli emarginati, degli scomodi, di quelli di difficile comprensione”. (R.Iaria)