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Mons. Russo: “La luce di Betlemme di fronte al timore del virus”

9 Dicembre 2020 - Roma - “Abbiamo pregato insieme il Rosario, ponendo le nostre preoccupazioni, le nostre sofferenze, le nostre attese, nelle mani della Vergine Immacolata. Abbiamo guardato in modo particolare alle donne e alle mamme, pilastri nelle famiglie e grembo di futuro”. Così ha detto il segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo, al termine della preghiera che ha guidato ieri sera nella chiesa di Santa Maria Immacolata a Roma, in via Veneto – la prima chiesa della Capitale, tra l’altro, a essere stata dedicata “a Dio in onore dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria”. Una preghiera trasmessa da TV2000 e InBlu Radio e in streaming sui siti di Avvenire, Agenzia Sir e i canali social della Cei, era stata annunciata lo scorso 1° dicembre al termine della sessione straordinaria del Consiglio permanente della Cei. “La Madre del Signore ci spinge a guardare al domani con gli occhi di Dio, con uno sguardo di speranza” ha continuato Russo, “è Maria che ci insegna a leggere nei piccoli segni, anche in quelli meno visibili, la presenza incoraggiante del Padre; ci esorta a vivere con speranza, perché in ogni momento il Signore dona in abbondanza la sua misericordia”. E “Maria è donna dell’Avvento: vive l’attesa del tempo nuovo senza aspettare che le cose accadano, ma come risposta attiva alla chiamata del Signore. È pienamente presente al suo tempo attraversando la prova come espressione piena dell’amore misericordioso di Dio”. Il presule ha ricordato che “noi sappiamo che Dio è fedele al suo amore, sempre. In questo tempo di prova che l’umanità intera sta attraversando, guardando a Maria comprendiamo che questo è anche il tempo nel quale possiamo essere segno dell’amore gratuito di Dio. Come Maria vogliamo vivere con fede forte e speranza salda questo tempo delicato, rinsaldando le relazioni fra di noi e con i fratelli che il Signore ci pone davanti nel cammino della vita, facendoci testimoni dell’amore trinitario di Dio, apportatore di comunione”. Così, “mentre incombe il timore nei confronti di un virus che toglie il fiato, a noi credenti è dato di far risplendere la luce vera che squarcia il buio delle tenebre: è la stessa luce che risplende nella notte di Betlemme. Come in Maria, il Padre ci avvolge con la grazia del suo amore: questo è l’abbraccio che sappiamo di avere ricevuto in Cristo e che ora vogliamo ricambiare con i bisognosi, con i dimenticati, con i sofferenti, con quanti cercano una parola di speranza”. “Vergine Immacolata, ti affidiamo i desideri più profondi del nostro cuore”, è stata l’invocazione finale di Russo, “donaci la capacità di ascoltare anche in questo tempo la voce del Padre che ci accompagna con il suo amore e ci chiama ad una speranza che non delude. E con il tuo stesso stupore aiutaci a rispondere ogni giorno: “Eccoci, avvenga di noi secondo la tua parola”. Da notare una suggestiva coincidenza “giuseppina”. Era stato sempre Russo, lo scorso 19 marzo, a guidare la preghiera del Rosario, trasmessa in tv e in streaming, che la Cei aveva voluto come segno forte di fronte all’erompere della pandemia in Italia. Il tutto era avvenuto, appunto, nella festa di san Giuseppe. E ieri, con Russo che ha guidato nuovamente il Rosario trasmesso sui media Cei, in un altro momento critico per il Paese, il Papa ha pubblicato una Lettera apostolica e indetto un Anno speciale dedicato a san Giuseppe.(A.Ga. - Avvenire)  

Mons. Russo: guardare l’altro non come un’insidia, un problema, un usurpatore, ma come persona degna di essere amata, soccorsa e aiutata.

14 Ottobre 2020 - Roma - "Solo riconoscendoci tutti fratelli potremo disinnescare le tensioni che ci abitano e che alimentano i conflitti nel mondo. Solo riconoscendoci fratelli potremo guardare l’altro non come un’insidia, un problema, un usurpatore, ma come persona degna di essere amata, soccorsa e aiutata. Solo riconoscendoci fratelli potremo affrontare le sfide che l’attualità ci pone dinanzi. Una delle lezioni che il tempo che stiamo vivendo ci consegna è che possiamo salvarci solo insieme, nessuno può farlo da solo". È quanto ha detto questa mattina il Segretario generale della CEI, Mons. Stefano Russo nel suo saluto all'evento conclusivo della Campagna "Liberi di partire, liberi di restare" della CEI una "iniziativa straordinaria promossa tre anni fa dalla Conferenza Episcopale Italiana come risposta concreta al dramma delle migrazioni". "È il segno eloquente - ha detto Mons. Russo - di un’attenzione non sporadica al fenomeno migratorio, di un impegno globale e continuo che è testimonianza di una Chiesa in uscita, che vuole abitare il mondo e guardare con gli occhi del Vangelo chi sta per strada e cosa vi avviene". Con questa iniziativa - ha detto ancora Mons. Russo -  la Chiesa italiana ha contributo a "cambiare la narrazione sui migranti, spesso falsata e utilizzata come leva per battaglie ideologiche. I progetti che sono stati avviati, infatti, hanno unito l’azione alla sensibilizzazione, la cura di quanti scappano da guerra e fame con la promozione di uno sguardo diverso nei territori, tra le comunità ecclesiali e civili". Per il segretario Cei, infatti, "non basta garantire un tetto e un po’ di cibo: se non si favorisce l’incontro reale e non si offrono strumenti per l’integrazione, si consegnano i migranti all’emarginazione, alla ghettizzazione e alla criminalità organizzata. Ecco allora che i quattro verbi – accogliere, proteggere, promuovere, integrare – indicati da Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2018 non possono essere considerati a sé stanti, quasi come se un’azione fosse possibile a prescindere dalle altre, o come se realizzarne una sia sufficiente. Questi quattro verbi costituiscono la magna carta di ogni politica migratoria che voglia essere efficace, ma anche dell’atteggiamento di chiunque si dica cristiano". Mons. Russo ha ricordato alcuni dati della campagna durata tre anni durante i quali sono stati finanziati - con i fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica - 130 progetti per un totale di oltre 27 milioni di euro. Centodieci sono gli interventi avviati in Italia per quasi 15 milioni di euro: di questi 29 sono quelli promossi da associazioni, istituti religiosi e cooperative e 81 quelli voluti dalle diocesi. Sette sono poi i progetti finanziati nei Paesi di transito – Marocco, Albania, Algeria, Niger, Tunisia e Turchia – per una somma di oltre 4 milioni e 200mila euro. Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Gambia, Guinea sono i Paesi di partenza dei flussi migratori in cui sono state avviate 13 iniziative per uno stanziamento complessivo di oltre 8 milioni di euro. "Se educazione e formazione (anche professionale), informazione, sanità, inserimento lavorativo, riconciliazione sono stati i principali ambiti d’intervento, bambini e donne sono stati i destinatari privilegiati della Campagna", ha detto il Segretario generale della CEI: i progetti, sia nel nostro Paese che in diverse nazioni del mondo, hanno "mobilitato risorse e forze, cercando sempre di mettere al centro i migranti e renderli protagonisti del loro riscatto". “Non basta garantire un tetto e un po’ di cibo: se non si favorisce l’incontro reale e non si offrono strumenti per l’integrazione - ha sottolineato ancora - si consegnano i migranti all’emarginazione, alla ghettizzazione e alla criminalità organizzata” (Raffaele Iaria)  

Mons. Russo: “la religione può fungere da elemento aggregante”

25 Settembre 2020 - Roma - “Fra le coppie di verbi proposte dal Santo Padre nel messaggio scritto in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che celebreremo fra due giorni, domenica 27 settembre, una – non a caso la prima – si adatta molto bene al mondo della ricerca: conoscere per comprendere”. Lo ha detto Mons. Stefano Russo, Segretario generale della CEI, aprendo il convegno “La religione del migrante: una sfida per la società e per la Chiesa”, in corso presso il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale della Santa Sede e promosso dall’Università Cattolica, in collaborazione con la CEI, alla vigilia della 106a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebra domenica 27 settembre. Riferendosi alla ricerca su “Migrazioni e appartenenze religiose”, Mons. Russo ha affermato che “non solo la crisi dei rifugiati, ma anche i flussi umani che caratterizzano ormai da decenni l’immigrazione verso l’Italia e l’Europa hanno posto queste di fronte alla necessità di fare i conti con un duplice scenario sociale e religioso: quello, talvolta complesso, dei Paesi d’origine dei flussi migratori e quello, anch’esso delicato, dei Paesi di destinazione. Questi ultimi, in particolare, sono chiamati a confrontarsi con un profondo cambiamento nella composizione etnica, linguistica e religiosa della propria popolazione residente”. In questo contesto, secondo Russo, la religione “può fungere da elemento aggregante, di dialogo e di cooperazione nella costruzione delle comunità”.