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Card. Bassetti: “Vescovi e sindaci insieme per un Mediterraneo di pace”

5 Maggio 2021 - Perugia - Quando al cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI,  viene chiesto di lasciare alcune “parole povere” di pace da consegnare a chi lo sta seguendo in diretta sul web, il presidente della CEI risponde subito: «Vorrei che il Mediterraneo tornasse a essere un faro di luce per tutta l’umanità». Il porporato prende spunto da un’intuizione di Giorgio La Pira, il sindaco “santo” di Firenze e profeta della riconciliazione fra i popoli, che il porporato cita più volte sul sagrato della Cattedrale di Perugia scelto come cornice per la quinta tappa delle «Piazze di Francesco». È l’iniziativa promossa dai frati minori conventuali di Assisi per il centenario della rivista San Francesco patrono d’Italia che ogni mese trasforma in un santuario del dialogo una piazza della Penisola che lega il proprio nome al Poverello. Con il presidente della CEI tocca a Perugia, ieri pomeriggio. Lo sfondo è piazza 4 novembre, cuore del capoluogo umbro dove il santo era stato fatto prigioniero assieme a molti altri e gettato nel carcere ma anche pulpito da cui Francesco esortò gli abitanti di Perugia e Assisi, in conflitto fra loro, a essere uomini di pace e a vivere secondo il cuore di Dio. Non è un caso che il tema della tavola rotonda sia proprio la pace. Bassetti ne fa un’occasione per tornare a parlare del ponte di fraternità fra le nazioni del Mediterraneo di cui lo scorso anno è stata scritta una pagina storica con l’incontro fra i vescovi dei Paesi affacciati sul grande mare che per la prima volta si sono riuniti a Bari su impulso CEI. Un appuntamento che «ha avuto un’eco straordinaria», spiega l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. E annuncia: «Lo ripeteremo nel 2022, magari affiancando ai vescovi anche i sindaci delle città del Mediterraneo». Sull’esempio di La Pira che a Bassetti, prete fiorentino, aveva ispirato l’idea del G20 ecclesiale e che fra gli anni Cinquanta e Sessanta guardava proprio alle municipalità della regione. «Sarò ancora io – chiarisce il cardinale – a invitare i vescovi dell’area il prossimo anno. Ma sarebbe bello che anche il sindaco della città italiana dove si terrà l’incontro facesse altrettanto con i primi cittadini e alla fine il Papa concludesse l’evento affidando a tutti parole che uniscano l’intero Mediterraneo». Quello che ha in mente il presidente della CEI è dunque un doppio incontro, parallelo: senza commistioni o influenze. Con l’assunto di fondo che la Chiesa e le istituzioni civili possano convergere in un’agenda comune che riavvicini le rive del grande mare e contribuisca a superare ingiustizie, violenze, persecuzioni, discriminazioni, indifferenza, sfruttamento. Tutti temi già emersi nel documento finale stilato al termine del summit in terra pugliese. «Chi può contribuire a portare la pace?», si domanda Bassetti nel dibattito online animato da padre Enzo Fortunato, direttore della rivista e portavoce del Sacro Convento di Assisi. E la risposta: «Chi sa consolare gli altri. Vedo tanta gente spaesata e impaurita. Senza dialogo e armonia profonda, non ci sarà mai pace per chi soffre». Poi il presidente della CEI ricorda che «la giustizia implica la verità e la carità, come insegna il Vangelo». Le difficoltà del Paese vengono descritte anche da Aldo Cazzullo, firma del Corriere della Sera, collegato da Milano. «C’è sfiducia ma al tempo stesso voglia di riscatto. Essere italiano è una ricchezza e una responsabilità anche di fronte al patrimonio di valori che possiamo mostrare al mondo, fra cui quello primario della pace». E fra gli ospiti c’è Andrea Bocelli. «In famiglia amo dire che ogni litigio è un incidente intellettuale – afferma il cantante –. E senza pace non ci può essere benessere». Tocca a lui concludere l’incontro con il brano d’ispirazione francescana Dolce sentire. (Giacomo Gambassi – Avvenire)​  

Card. Bassetti: “l’emigrazione giovanile è un fenomeno che investe sempre più la comunità umbra”

4 Maggio 2021 - Perugia - “Con questo incontro la Chiesa umbra affronta un tema decisivo per il presente e per il futuro della nostra società. I giovani e il lavoro, infatti, sono due elementi cruciali che si riflettono non solo sull’economia ma anche sulla famiglia e l’educazione, sui diritti sociali e sulla robotica, sulla coesione sociale e sulla mobilità umana. Parlare del rapporto tra giovani e lavoro significa, in definitiva, parlare di una nuova questione sociale che è, al tempo stesso, una nuova questione antropologica”. A sottolinearlo è stato il Cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, nell’intervenire all’incontro di riflessione e di preghiera sul tema “Giovani e lavoro: un cantiere aperto”, tenutosi nei giorni scorsi a Perugia. All’incontro, promosso dalla Commissione regionale per i problemi sociali e il lavoro, la pace e la custodia del Creato della Conferenza Episcopale Umbra, hanno partecipato in presenza circa trenta persone in rappresentanza delle Istituzioni civili e religiose e del mondo imprenditoriale e sindacale dell’Umbria, ed altre hanno preso parte in remoto, seguendo la diretta streaming trasmessa dai canali social di Chiesainumbria.it , del settimanale La Voce e dell’emittente Umbria Radio InBlu. A moderare i lavori è stata l’avv. Francesca Di Maolo, coordinatrice della Commessione regionale Ceu e presidente dell’Istituto Serafico di Assisi e a relazionare e a tracciare una sintesi dei vari interventi è stato il prof. Luca Fiorucci, docente ordinario di Economia e management delle imprese all’Università di Perugia. A precedere i relatori, tra cui la dott.ssa Laura Binda, responsabile delle risorse umane della Nestlé, sono state quattro testimonianze di storie di resilienze e intraprendenze nel mondo del lavoro di giovani delle Diocesi di Foligno, Spoleto-Norcia, Perugia-Città della Pieve e Terni-Narni-Amelia. “Il Cardinale Bassetti, nel suo intervento, si è soffermato sul rapporto giovani e lavoro prendendo spunto dal fenomeno riemergente dell’emigrazione che li riguarda da vicino. “Tra i nuovi emigranti italiani del XXI secolo, moltissimi sono i giovani – ha evidenziato il porporato –. Giovani che subito dopo la scuola superiore o dopo l’Università, lasciano il nostro Paese. Ne ho incontrati molti di questi giovani. Alcuni scelgono di partire come scelta di vita. Si sentono cittadini del mondo. Molti altri no. Vorrebbero rimanere in Italia ma sono costretti a partire. È questo un fenomeno su cui riflettere perché investe in pieno la nostra comunità regionale. Si riflette per esempio sulla formazione delle famiglie. Uno dei motivi per cui si ritarda la data del matrimonio riguarda proprio la mancanza del lavoro. E conseguentemente della casa e di ogni protezione sociale. E anche dopo il matrimonio, portare avanti una famiglia in questa situazione sociale così complessa diventa veramente difficile. Fare una famiglia oggi è in molti casi un gesto eroico. Penso per esempio alle giovani coppie con figli che vivono nelle grandi città. Ma anche nei nostri piccoli borghi umbri. Riuscire ad armonizzare la vita familiare e il lavoro è una sfida quotidiana dal risultato incerto”. “Mai come oggi, dunque, è veramente importante rimettere al centro della nostra attenzione il rapporto tra giovani e lavoro – ha commentato il card. Bassetti –. Si tratta di una grande questione su cui è opportuno riflettere e soprattutto fare delle proposte concrete sia per ciò che concerne la creazione di nuovi posti di lavoro e sia per ciò che riguarda le politiche sociali che armonizzino il rapporto tra famiglia e lavoro. Una di queste proposte è l’assegno unico universale: spero vivamente, come ho già avuto modo di scrivere su ‘Avvenire’, che il Governo fornisca un’adeguata dotazione finanziaria. Ma in generale, mi auguro che il recovery plan sia veramente di aiuto per far ripartire l’Italia dopo lo shock della pandemia”. Il cardinale, ribadendo quanto già detto in passato, ha parlato di una “nuova questione sociale”, che “si caratterizza per un potere pervasivo della tecnica e per uno sradicamento della persona umana, facendo passare nel silenzio invece una dimensione fondamentale del lavoro: la sua sacralità. Il lavoro è sacro, lo ha detto spesso Papa Francesco, perché attraverso di esso l’uomo si fa con-creatore del mondo. Le persone attraverso questa attività, che va svolta con equità e carità, acquisiscono una loro dignità. Una dignità che però perdono quando al lavoro si sostituisce lo sfruttamento oppure una lunga stagione di precariato e di umiliazione, fino alla disoccupazione”.

Card. Bassetti: povertà italiana, vittime nel nostro mare. È l’ora di fare ciò che giusto

24 Aprile 2021 - Roma - La pandemia sta lasciando cicatrici profonde nel corpo della nostra società: al dolore per la morte dei nostri cari, alla preoccupazione per i malati in ospedale e all’inquietudine per i ragazzi a cui è stata tolto un pezzo della loro gioventù, si aggiunge adesso la sofferenza e, in alcuni casi, la disperazione per la mancanza di lavoro e il crescente stato di miseria di larghi settori della popolazione. Le stime preliminari dell’Istat sulla 'povertà assoluta' in Italia hanno delineato un quadro sociale su cui è doveroso riflettere a fondo: oltre 2 milioni di famiglie vivono in condizioni di miseria, con un incremento di ben 335mila nuclei familiari rispetto all’anno scorso. Si tratta del dato peggiore dal 2005 a oggi. E purtroppo le famiglie più colpite dall’aumento dell’indigenza sono quelle in cui sono presenti figli minorenni. È impossibile non rimanere sgomenti di fronte a questi dati che raccontano un Paese in difficoltà e che è stato colpito nel suo cuore pulsante: ovvero, nella famiglia. In quella famiglia che è, prima di tutto, il luogo della carità coniugale e dell’incontro tra generazioni diverse, ma è anche tradizionalmente una fonte di propensione al risparmio e di solidarietà sociale. E perciò mi chiedo: come non inserire questo tema tra i principali argomenti di discussione pubblica del nostro Paese? Nel 1954, di fronte allo stato di grave povertà in cui versavano moltissime famiglie fiorentine che non avevano più una casa dove vivere, Giorgio La Pira non esitò a ordinare, sulla base di una vecchia norma ottocentesca, la requisizione di centinaia di alloggi per motivi di 'necessità pubblica'. Alle violentissime polemiche che seguirono quella decisione, il sindaco di Firenze rispose con queste parole: «Ma che dovevo fare? Ho dato una mano di speranza a tante famiglie povere e disperate!». Anche oggi c’è bisogno di dare una «mano di speranza» alle tante famiglie sempre più povere e disperate. Il Reddito di cittadinanza è uno strumento certamente da perfezionare, ma di cui non si può più fare a meno. Ma ora c’è soprattutto da garantire un’adeguata dotazione finanziaria all’«assegno unico universale» che, dopo un’azione promossa dal Forum delle associazioni familiari, ha riscosso un amplissimo consenso politico. Si tratta di una svolta fondamentale, primo passo per porre finalmente la famiglia con figli al centro delle politiche sociali, mentre delinea una storica equità per le famiglie dei lavoratori autonomi e contribuisce a mettere l’Italia al passo di altri Paesi europei. In quest’ultimo tornante prima del traguardo definitivo occorre però sgombrare il campo da ogni paura, in modo che nessuna famiglia 'perda' qualcosa da questa riforma. Confido infatti che il Governo e anche il Parlamento, che si è mosso in modo compatto attorno questo provvedimento, sappiano aiutare concretamente le nostre famiglie così duramente provate dalla crisi prodotta dalla pandemia. Altri segni di speranza sono rappresentati da alcuni semi che sono stati appena gettati: il Sinodo per l’Italia e il secondo Incontro sul Mediterraneo. Il Sinodo, in particolare, è una grande opportunità per la comunità ecclesiale del nostro Paese e sarà necessario costruire un cammino inclusivo e aperto a tutti, a partire dalle famiglie. Mai come oggi, infatti, in questa società impoverita e sfilacciata, c’è bisogno di rammendare le fila di un tessuto sociale sempre più sfibrato attraverso l’esperienza e la sapienza della famiglia. Il Mediterraneo, invece, è ancora oggi una drammatica realtà che parla con forza alla Chiesa universale. Ciò che mi preoccupa di più, dinanzi all’immane tragedia dei numerosi fratelli e sorelle, più di cento, sepolti vivi, ancora una volta, nelle acque del Mare Nostrum, è il giudizio di Dio su noi tutti che assistiamo inermi a queste disgrazie. Al di là dei sentimenti di umana pietà nei confronti delle vittime, non dobbiamo e non possiamo dimenticare che Dio ha voluto fare dell’intera umanità un solo popolo, un’unica famiglia, «fratelli tutti». (card. Gualtiero Bassetti - Presidente della Conferenza episcopale italiana)  

Card. Bassetti agli italiani nel mondo: l’augurio di una Pasqua “buona”

2 Aprile 2021 - Roma - Una “Pasqua buona” è l’augurio che il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Card. Gualtiero Bassetti, ha inviato ai connazionali all’estero in occasione della Pasqua. E lo ha fatto attraverso il programma “Italia con Voi” del canale Rai Italia durante la trasmissione – da oggi visibile anche su www.raiplay.it - che ha visto anche la partecipazione del Presidente della Commissione CEI per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, Mons. Guerino Di Tora. «Carissimi amici e connazionali – ha detto il porporato - i mezzi di comunicazione mi permettono, grazie a Dio, di raggiungervi e di esservi vicino. Certo ci sono delle distanze enormi che ci separano ma è molto bello e significativo che noi possiamo comunicare fra di noi perché l’affetto e l’amicizia, e il mio cuore di pastore in questo senso, non conosce confini». Il Card. Bassetti ha sottolineato come le feste sono una “occasione per ritornare in patria, per riabbracciare le proprie famiglie e i propri parenti, per ritrovare quel calore e quel sapore della nostra casa.  Anche quest’anno, e per gli stessi motivi, che addirittura si sono aggravati, siamo sottoposti alle limitazioni imposte per il contenimento del contagio. La pandemia, se da un lato ha stretto il mondo nella sua morsa, dall’altra – ha sottolineato il card. Bassetti - ci costringe a stare lontano. La tristezza e la nostalgia prendono il sopravvento”. Ma non deve essere così perché la Pasqua “viene a ricordarci che la luce irrompe nelle tenebre e la morte non ha l’ultima parola sebbene sia grande la sofferenza che ci circonda e certamente queste sofferenze suscitano in noi anche tante perplessità e tanti dubbi. Ma il Signore risorge. È risorto e ci libera dalla schiavitù del male”. E allora l’augurio del Presidente dei vescovi italiani agli italiani che vivono fuori dai confini italiani, è quello che “ognuno di voi, nella propria vita, sappia scorgere le tracce di questa risurrezione. Che ognuno possa sentirsi abbracciato da un amore che gli si dona totalmente. Che ognuno possa sperimentare la gioia della rinascita soprattutto di non essere soli.  Cari amici, per lungo tempo, anche la vergine Maria, la sposa di Giuseppe e la madre di Gesù, è stata straniera, profuga in Egitto, lontano dai parenti degli amici”. L’invito è a “guardare il suo esempio senza mai dimenticare le radici, quelle radici profonde che ci aiutano a prendere la forza per andare avanti e per fiorire”. (Raffaele Iaria)    

Card. Bassetti: il silenzio si fa preghiera

18 Marzo 2021 -
Roma - «Oggi vogliamo pregare per tutti coloro che sono stati strappati alla vita dal virus che da più di un anno sta flagellando l’Italia e il mondo intero. Oggi è il momento di fare silenzio e di rivolgere il nostro pensiero alle oltre centomila persone che non ce l’hanno fatta. Un silenzio che si fa preghiera e che apre alla speranza». Lo afferma il card.  Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, in occasione della prima Giornata nazionale in memoria delle vittime di Covid.
«Oggi è l’occasione per fare memoria, perché chi non ha memoria non ha radici e viene sradicato da qualunque vento. La memoria è come un contenitore che dà senso profondo alla vita e da cui si può attingere. La preghiera diventa allora una cannella d’acqua fresca che sgorga da questo contenitore e si traduce in un dialogo con Dio», sottolinea porporato, aggiungendo che la «gente  ha bisogno di pane, ma anche di lavoro, di solidarietà e di grazia perché senza grazia la vita non ha senso».
«C’è una primavera che si prepara in questo inverno apparente», ripeteva La Pira e anche noi, oggi, «vogliamo pensare che sia così, certi che la morte non abbia l’ultima parola», dice il card.  Bassetti.
La Giornata nazionale istituita per conservare e rinnovare la memoria di tutte le persone decedute a causa dell’epidemia di coronavirus viene celebrata nelle chiese che sono in Italia con liturgie e momenti dedicati. Nella sede della Conferenza Episcopale Italiana è stata issata la bandiera a mezz’asta.
Per l’occasione, inoltre, l’Ufficio Liturgico Nazionale ha composto una preghiera che pubblichiamo di seguito:
Signore Padre buono e misericordioso,
ascolta la preghiera delle tue figlie e dei tuoi figli
in questo tempo oscurato
dalle ombre della malattia e della morte.
La Pasqua di Cristo, verso la quale siamo incamminati,
illumini il nostro pellegrinare.
Donaci occhi, mente e cuore
per sostenere le famiglie, soprattutto le più provate;
per prenderci cura dei bambini, accompagnare i giovani,
dare forza ai genitori e custodire gli anziani.
Dona guarigione agli ammalati, pace eterna a chi muore.
Indica ai governanti la via per decisioni sagge
e appropriate alla gravità di quest’ora.
Dona forza ai medici, agli infermieri,
agli operatori sanitari,
a chi si occupa dell’ordine pubblico e della sicurezza,
affinché siano generosi, sensibili e perseveranti.
Illumina i ricercatori scientifici,
rendi acute le loro menti ed efficaci le loro ricerche.
Lo Spirito del Risorto sostenga la nostra speranza.
Per la forza del suo Amore, o Padre,
rendi ciascuno artigiano di giustizia,
di solidarietà e di pace, esperto di umanità.
Donaci il gusto dell’essenziale, del bello e del bene,
e i gesti di tutti profumino di carità fraterna
per essere testimoni del Vangelo della gioia,
fino al giorno in cui ci introdurrai,
con la beata Vergine Maria, san Giuseppe e tutti i santi,
al banchetto eterno del Regno.
Amen.

Card. Bassetti: daremo un nuovo contributo di carità nella campagna vaccinale

14 Marzo 2021 -
Roma - «Il tempo della responsabilità non è terminato. La Chiesa che è in Italia saprà dare un ulteriore segno concreto di prossimità. Con la campagna vaccinale, infatti, abbiamo la possibilità tangibile di fornire un nuovo contributo di carità». Così il card.  Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, commenta la campagna vaccinale nazionale antiCovid, presentata  dal Commissario straordinario, generale Francesco Paolo Figliuolo, che apre all’eventualità, tra l’altro, di utilizzare strutture edilizie delle Chiese che sono in Italia. La messa a disposizione di questi luoghi, che non sono quelli liturgici, tiene conto di vari fattori, non ultimo la continuità di un cammino già avviato in molti territori. Sono numerose, infatti, le Diocesi che hanno consentito e consentono l’utilizzo delle proprie strutture per medici, infermieri, Protezione civile, persone in quarantena, ammalati, poveri e quanti soffrono a causa del Covid.
«Anche questa – afferma il porporato - è testimonianza autentica di un servizio alla persona, agli ultimi in particolare, a chi è in prima linea nella cura dei malati e, quindi, al Paese intero. Tutti insieme, uniti, possiamo costruire orizzonti di speranza».

Card. Bassetti: la frattura sanitaria è anche “frattura sociale”

26 Gennaio 2021 - Roma – Oggi «non possiamo trascurare», accanto alla fiducia nell’efficacia del vaccino contro il virus,  «drammatici danni collaterali portati da questa pandemia».  Il Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI, ha aperto questa mattina i lavori del Consiglio Permanente in videoconferenza evidenziando  che in questo tempo di pandemia vi è «una frattura sanitaria che è anche una frattura sociale». «Non possiamo  - ha aggiunto -  trarre una valutazione conclusiva sulle conseguenze a lungo termine di ciò che sta accadendo, ma i dati diffusi devono interrogare le coscienze e allarmare le Istituzioni e le agenzie educative tutte: solitudine, isolamento sociale, aumento delle malattie legate al disagio mentale, impennata di suicidi». Lo sguardo attento su queste fratture invoca «una particolare presenza di speranza della comunità ecclesiale accanto agli uomini e alle donne del nostro tempo. Da qui il ringraziamento ai parroci, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti, agli educatori: “pur nelle difficoltà e nelle ristrettezze, mai è mancata la proposta liturgica e di educazione alla vita cristiana. La necessità di attenersi a Protocolli di sicurezza è coniugata alla cura per la liturgia, che non deve mai essere trascurata. La limitazione del potersi incontrare ha attivato una creatività sorprendente, generando esperienze e linguaggi che sicuramente ci aiuteranno anche nel nostro discernimento in vista della prossima Assemblea Generale”. Le comunità - ha quindi detto il Card. Bassetti - sono chiamate ad «abitare evangelicamente».  

Card. Bassetti, “la cura di ogni persona migrante è sempre doverosa”

27 Ottobre 2020 - Roma Pubblichiamo il testo integrale dell’intervento del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Card. Gualtiero Bassetti alla presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes:   Prima di entrare nel merito di questo incontro che intende riflettere sulla presenza degli Italiani nel Mondo, attraverso il Rapporto della nostra Fondazione Migrantes, mi sia permesso rivolgere un saluto deferente e un ringraziamento particolare al Presidente Conte. Sono giornate intense che stanno investendo tutto il nostro Paese, in ogni settore. Giornate di sofferenza che sembrano portarci indietro nel tempo. La Sua presenza qui, oggi, non è scontata e, per questo, La ringrazio, così come ringrazio il Presidente Tridico. Sono giornate intense, dicevo, in cui tutti siamo chiamati a quel senso di responsabilità, che è parte essenziale del bene comune. Come Chiesa che è in Italia non ci tiriamo indietro. L’impegno, la cura, la custodia - ma anche la sofferenza per quanto avviene - delle nostre parrocchie sono una testimonianza viva, impastata con l’ascolto concreto delle ferite e dei drammi. Ascolto che, come comunità cristiana, rivolgiamo a tutti, nessuno escluso! Mi sono tornate alla mente le parole che il Presidente Mattarella pronunciava un anno fa: “Le innumerevoli iniziative di diocesi, parrocchie, realtà associative, in favore dei più deboli, degli emarginati, di chi chiede ascolto e accoglienza, sono concrete ed evidenti; e costituiscono un richiamo costante all’esigenza di aiuto reciproco nella vita quotidiana”, per rafforzare la coesione della comunità. Un contributo, questo, che la pandemia ha reso ancora più manifesto nelle sue dimensioni spirituali, ma anche sociali. Nel fratello sofferente abbiamo riconosciuto il volto del Cristo sofferente, che si fa Eucaristia, cioè dono per tutti, rendendoci fratelli. In questo momento della nostra storia siamo chiamati, ancora di più, a essere “Chiesa in uscita”. Eccoci, allora... Benvenuti a questo incontro nel quale presentiamo il quindicesimo Rapporto Italiani nel Mondo curato dalla Fondazione Migrantes. La mobilità italiana è un tema che ci riguarda come popolo e come singoli: ognuno di noi, per esperienza personale o familiare, sa cosa significa lasciare il proprio territorio, partire, ma anche arricchirsi a livello umano e professionale grazie a questo “andare”. Vorrei evidenziare almeno quattro aspetti decisivi del Rapporto Italiani nel Mondo 2020.
  1. Andare oltre i numeri e lo spazio. Non nascondo che i numeri sono sempre
complicati, specialmente quando sono tanti. Eppure, in queste pagine, i numeri acquisiscono un significato profondo che ci fa toccare la vita, che ci fa incontrare l’altro. Sono convinto, infatti, che il perimetro della nostra esistenza non sia confinato qui, in questa stanza, ma che, grazie alla tecnologia, riusciamo ad andare oltre, a “incontrare” e “dialogare” con chi è fuori, poco distante, più lontano o addirittura oltreoceano. Non so quanti siano collegati con noi ora, ma so per certo che questo progetto, che come Chiesa italiana abbiamo voluto quindici anni fa, ha creato una grande famiglia di ricercatori, collaboratori, esperti. Oltre 700 studiosi che hanno scritto più di 7mila pagine: un capitale umano e culturale notevole per il quale ringraziamo la Fondazione Migrantes e quanti, nel tempo, si sono spesi con impegno e dedizione.  
  1. Il dialogo costante con le Istituzioni. Tra mille riferimenti diversi, ho trovato con
mio grande piacere una citazione della Lettera Pastorale per la Quaresima scritta dal vescovo Bonomelli nel 1896, che l’Ufficio Migrantes di Torino ha voluto rieditare in occasione della Giornata del Migrante e del Rifugiato di fine settembre scorso: “Perché l’emigrazione non sia dannosa agli emigranti e raggiunga il fine provvidenziale non deve essere abbandonata a se stessa. Essa deve essere protetta, guidata da quelli che ne hanno il potere e il dovere ora legale, ora soltanto morale”. Sono passati ben 124 anni da quando Bonomelli fece quest’affermazione, ma essa mantiene un’attualità straordinaria. Bonomelli faceva riferimento ai migranti italiani che in gran numero partivano alla fine dell’Ottocento, spinti dalla fame e dal desiderio di una vita migliore, ma sembra parlare del presente, con un rinnovato appello alla responsabilità politica, a quell’essere “liberi e forti” di sturziana memoria per andare “controcorrente e farsi difensori coraggiosi della dignità umana in ogni momento dell’esistenza: dalla maternità al lavoro, dalla scuola alla cura dei migranti”. Le ultime modifiche normative, in discontinuità con il recente passato, contribuiscono a restituire l’immagine di migranti e richiedenti protezione come persone in carne e ossa, vittime di un sistema globale di iniquità economica e politica, di ingiustizia sociale e non come criminali o minacce all’ordine pubblico. La cura di ogni persona migrante, qualsiasi sia la direzione del suo andare e il passaporto in suo possesso, è sempre doverosa. Auspichiamo la stessa cura per i migranti italiani in mobilità, per chi è già all’estero da tempo, per chi è nato all’estero, per chi è partito da poco o per chi ha intenzione di partire. Il Rapporto Italiani nel Mondo fa emergere le fragilità di questo tema e le sfide che attendono di essere affrontate e risolte.     Mi soffermo solo su tre nodi da sciogliere: la carenza di un sistema anagrafico che tenga conto di tutti coloro che partono: le prime generazioni e le ultime, chi si è definitivamente stabilito oltreconfine e chi, invece, sperimenta percorsi di mobilità transitori; un sistema di rappresentanza che va rimodulato, soprattutto a seguito dell’ultima tornata referendaria che ha decretato la riduzione del numero dei parlamentari; la cittadinanza. Il Rapporto Italiani nel Mondo sottolinea l’importanza di un riconoscimento che non sia finalizzato all’uso e al consumo personale, al semplice possesso di un passaporto che apra le porte dell’Europa, ma alla definizione di una identità fortemente legata a un territorio in cui ci si riconosce, sebbene non ci si sia nati, e a cui si vorrebbe poter dare il proprio contributo concreto.   Fermare la mobilità umana è un’utopia, un’illusione. Governarla, guidarla, è invece la chiave di volta per affrontare un fenomeno che altrimenti può creare disagi e malesseri sociali. L’accompagnamento, però, deve prevedere anche il rispetto dei diritti di cui, negli anni, questo nostro Rapporto si è fatto portavoce esemplare: il diritto di migrare, il diritto di restare, il diritto di tornare, il diritto a una vita felice e dignitosa. Chiunque può e deve trarre dall’esperienza migratoria un arricchimento per se stesso, deve poter tornare così come deve potersi sentire realizzato e valorizzato nel luogo in cui vive.  
  1. L’attenzione al territorio. C’è un altro aspetto, molto interessante, che il Rapporto
mette in luce: il territorio, inteso come luogo di rinascita di una nuova dimensione sociale di prossimità. «Bisognerebbe – scrive Edgar Morin nel testo La fraternità, perché? Resistere alla crudeltà del mondo, (Ave, Roma, 2020) – contrapporre alla mondializzazione, che desertifica umanamente ed economicamente così tanti territori, la localizzazione, che salvaguarda la vita delle regioni. Insomma, più vi è del mondiale, più bisogna che vi sia del locale, e il locale riguarda anche, evidentemente, le oasi di vita, che dovrebbero a loro volta essere mondialmente connesse» (p 51). Si tratta, in altri termini, di un ritorno alla dimensione micro, al borgo in cui ritrovare una “fratellanza efficace” «concretamente intrecciata lungo la via oscura e incerta che ci accade di percorrere giorno per giorno con altri, umani e non» (p. 71). Uno spirito di com-passione che leghi le generazioni, esattamente quello che la pandemia ha messo in luce: l’esigenza di agire insieme per il ben-essere comune. «Sogniamo – dice Papa Francesco nella sua ultima Enciclica Fratelli Tutti – come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli» (n. 8). Papa Francesco fa appello al nostro stile di vita, al nostro atteggiamento sociale ma anche al modo di stare al mondo, al rispetto per l’ambiente e la madre Terra che ci ospita. Ma unisce la fratellanza all’amicizia sociale affermando che «Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto» (n. 9). Appartenenza, prossimità, solidarietà, impegno. Quattro parole che devono diventare regole di vita, buoni propositi da mettere in pratica tornando nei nostri luoghi di lavoro, nelle nostre case, nei nostri quartieri, in parrocchia, perché la migrazione e i migranti fanno parte della nostra quotidianità di cittadini, di famiglie, di popolo, di un Paese che vive da sempre la mobilità (verso l’estero, dal Meridione al Nord, tra le regioni, e così via).  
  1. Lo studio e il “nostro” osservatorio privilegiato. La mobilità, dunque, fa parte
della nostra quotidianità. È per questo che la Conferenza Episcopale Italiana ha promosso la Fondazione Migrantes, che ha il compito di studiare i fenomeni sociali e di dare un contributo fattivo. A partire da quanto recepito da questo nostro osservatorio privilegiato, che è a stretto contatto con la gente ed è capillarmente diffuso in Italia e all’estero, cerchiamo di entrare in dialogo con le Istituzioni. Siamo tante sentinelle. Ricordo, a questo proposito, i missionari, i religiosi e le religiose, i laici che dedicano il loro tempo e spesso la loro vita alla causa migratoria, insieme alle migliaia di persone a servizio dei nostri connazionali all’estero nelle Missioni Cattoliche di Lingua Italiana. Quando papa Francesco parla della “Chiesa in uscita” e del pericolo della “autopreservazione”, altro non fa che chiederci di uscire dalle nostre strutture, di essere capaci di cogliere i “segni dei tempi” e di mettere in moto la creatività pastorale. Come Chiesa e come Paese in cui la cristianità affonda le sue radici abbiamo la consapevolezza dell’importanza della relazione umana solidale, dell’essere prossimi all’altro. “Senza meraviglia e stupore la vita perde il suo senso e svilisce. Mentre l’incanto e la commozione risvegliano in noi qualcosa di altro, che al di là del semplice approccio umano, inonda l’anima di beatitudine e ci fa rivolgere lo sguardo all’eterno” (dal Meeting di Rimini, agosto 2020). Dobbiamo riscoprirci meravigliati e stupiti, com-passionevoli, per ritrovare dentro di noi questa radice primigenia che ci fa essere cristiani pronti a conoscere l’altro, con le sue ricchezze e con le sue diversità, e proprio per questo pieni di Dio. Siamo chiamati a una sfida di civiltà: andare incontro al diverso perché migranti tra i migranti ed essere popolo accogliente per chi arriva. E se la nostra “cara e diletta Italia” è quel paese descritto dal Rapporto Italiani nel Mondo, sempre meno giovane e sempre meno entusiasta, lavorare per rammendare il tessuto della nostra storia diventa quanto mai doveroso e non più procrastinabile.    

Card. Bassetti: “Esprimo gratitudine al Santo Padre” per la nomina di cardinali italiani 

26 Ottobre 2020 - Roma - “Esprimo gratitudine al Santo Padre per aver chiamato sei confratelli nel sacerdozio ad aiutarLo nel servizio alla Chiesa universale. Le Chiese che sono in Italia affidano al Signore i nuovi cardinali”. Il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, accoglie con gioia l’annuncio di papa Francesco di tenere un Concistoro, il prossimo 28 novembre, per la nomina di tredici nuovi Cardinali, di cui sei italiani. Monsignor Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Monsignor Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, Fra Mauro Gambetti, francescano conventuale, Custode del Sacro Convento di Assisi, Monsignor Silvano M. Tomasi, Arcivescovo titolare di Asolo, Nunzio Apostolico, Fra Raniero Cantalamessa, cappuccino, Predicatore della Casa Pontificia, Monsignor Enrico Feroci, parroco a Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva, “sono frutto e dono delle nostre comunità”. “Conosco ciascuno di loro – aggiunge il porporato - e sono certo che sapranno vivere questa nuova responsabilità con intensità e umiltà. Il Cardinalato - ci ricorda il Santo Padre - non significa una promozione, né un onore, né una decorazione; semplicemente è un servizio che esige di ampliare lo sguardo e allargare il cuore. A nuovi cardinali l’amicizia e l’affetto dell’Episcopato italiano, insieme al ricordo nella preghiera”.      

Card. Bassetti: dinanzi al fenomeno delle migrazioni, “si possano trovare soluzioni appropriate ed eque”

21 Ottobre 2020 - Roma – “Come Chiesa auspichiamo che, dinanzi al fenomeno complesso ed epocale delle migrazioni, si possano trovare soluzioni appropriate ed eque”. Lo ha detto nei giorni scorsi al quotidiano “la Stampa” il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Card. Gualtiero Bassetti, risponde ad una domanda sul tema migratorio.  Per il porporato “è necessario avere un sistema di accoglienza integrato e diffuso, adeguato alle sfide che abbiamo davanti. In questo senso le ultime modifiche normative stanno portando una discontinuità con il recente passato. È una prima risposta buona alle situazioni di crisi registrate nel tempo. Quello che serve è carità e responsabilità verso tutti: nei confronti delle persone che migrano e verso le popolazioni che accolgono”.