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Migrantes e Caritas Benevento: domani giornata di preghiera e digiuno per Haiti e Afghanistan

2 Settembre 2021 - Benevento - Una giornata di preghiera e di digiuno per l'Afghanistan e Haiti. La promuivino per domani gli uffici  Migrantes, Caritas e Pastorale Giovanile della diocesi di Benevento.  Un momento di preghiera comunitario si terrà domani sera a San Bartolomeo alle 20,00. I tre uffici evidenziano che la presidenza della CEI "condivide l’angoscia per la gravissima crisi umanitaria" dell'Afghanistan: "le notizie che giungono sono davvero allarmanti. E come sempre avviene in queste situazioni, a pagare il prezzo più alto sono i più deboli: gli anziani, le donne e i bambini. Da qui l’appello all’Italia e alle Istituzioni europee a fare il possibile per promuovere corridoi sanitari e umanitari", si legge in una nota nella quale si ricorda anche il dramma che sta vivendo Haiti dopo il terremoto del 14 agosto, di magnitudo 7.2, che ha devastato il Paese ed ha già provocato circa 2.200 vittime. Ma potrebbero essere ancora di più, visto che i dispersi sono centinaia. "Le condizioni degli abitanti, già precarie, sono peggiorate dopo l’arrivo della tempesta tropicale Grace, che - si sottolinea - ha rallentato i soccorsi, travolgendo le tende allestite in tutta fretta per chi è rimasto senza casa".Per domani ogni parrocchia può organizzare un’ora di Adorazione Eucaristica meditando le stazioni della Via Crucis ed il Santo Rosario. (R.I.)  

Genova: accolte nel Seminario arcivescovile 3 famiglie afghane

1 Settembre 2021 - Genova - Sono arrivate a Genova nel tardo pomeriggio di ieri, martedì 31 agosto, 3 famiglie afghane accolte presso il Seminario arcivescovile in accordo con la Prefettura. “Come già annunciato nelle scorse settimane – si legge in una nota della diocesi di Genova -, in tutto si tratta di 20 persone, genitori, bimbi piccoli, nonni, che hanno trovato accoglienza in stanze già attrezzate, grazie alla immediata disponibilità del rettorato del Seminario e tramite l’intervento coordinato da Caritas diocesana, che vede coinvolte la Fondazione Auxilium e la cooperativa sociale Il Melograno”. “Come sappiamo, sono famiglie che hanno dovuto abbandonare improvvisamente il proprio Paese – ricorda mons. Andrea Parodi, vicario per la Carità della diocesi e direttore Caritas diocesana – alle quali manca certamente ogni bene materiale ma a cui, ancora di più, manca ogni riferimento alla propria comunità di appartenenza, alla vita consueta, per quanto difficile la si possa immaginare in una situazione di guerra perenne”. Anche l’Ufficio Migrantes ha dato la propria disponibilità ad accogliere mettendo a disposizione, come dice il direttore dell’Ufficio diocesano, mons. Giacomo Martino, sette posti a Camogli,  nel centro della rete Sai, sigla che sta per Sistema accoglienza integrazione: “È bello che ci sia solidarietà verso questi migranti – ha detto il sacerdote - che dovrebbero trovare ospitalità non nei centri di accoglienza straordinaria ma in percorsi Sai, e ottenere rapidamente lo status di rifugiato. Questo dovrebbe farci aprire gli occhi anche sui migranti economici che arrivano dall’Africa: anche loro fuggono da situazioni difficilissime”. (R.I.)  

Afghanistan: Centro Astalli, l’Europa chiude le porte alla disperazione

1 Settembre 2021 - Roma - Il Consiglio Affari Interni dell’UE dedicato alla crisi in Afghanistan si conclude come “l’ennesima occasione mancata di dare priorità a dignità e diritti, di scegliere la via della solidarietà nei confronti di chi scappa da guerra e persecuzione”. E’ il commento del Centro Astalli che con p. Camillo Ripamonti, sottolinea che “in un tragico gioco degli specchi cui siamo costretti ad assistere da anni, l’Europa si continua a definire in pericolo, sotto attacco e in situazione di perenne emergenza, ritenendo di dover proteggere se stessa da uomini e donne disperati in fuga da guerre e crisi umanitarie“. Il Centro Astalli spinto dagli esiti “deludenti” del meeting europeo di ieri non cessa di chiedere “la fine di accordi di esternalizzazione, proposti anche per gestire la crisi afgana: il fallimento degli ultimi anni, il costo in termini di vite umane e la condizione di ricattabilità in cui ci si va a porre li rendono da ogni punto di vista inadeguati e deprecabili”, “l’apertura di vie di ingresso legali per i richiedenti protezione internazionale dall’Afghanistan e dalle aree di crisi del Mediterraneo”; “programmi di accoglienza e integrazione per quote significative di rifugiati da gestire con meccanismi di corresponsabilità e ripartizione tra tutti gli Stati UE”; “un cambio radicale in politica estera che consenta di mettere al centro la pace e la sicurezza da perseguire con tutti gli strumenti della diplomazia e del dialogo”.

Papa Francesco: in Afghanistan “situazione difficile”

1 Settembre 2021 - Città del Vaticano - “Una situazione difficile”. Così Papa Francesco in una intervista concessa a Radio Cope, l’emittente della Conferenza episcopale spagnola, definisce la crisi in Afghanistan. Riguardo all’impegno della Santa Sede, “sono sicuro che sta aiutando o almeno offrendo aiuto”, dice il Pontefice il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, “il miglior diplomatico che abbia mai incontrato”. Per il Papa, la questione più urgente in Afghanistan è “come rinunciare, come negoziare una via d’uscita”.  

Studenti Internazionali: si allunga la lista degli assenti afghani negli atenei

31 Agosto 2021 -

Roma - «Stiamo censendo dove sono i nostri studenti e in che situazione si trovano. Ne avevamo diversi provenienti dalle aree critiche, abbiamo constatato che alcuni si erano spostati o si trovavano già in Italia. Siamo e restiamo a disposizione per sostenere ogni iniziativa di rimpatrio». Quella della Sapienza non è l’unica situazione critica in queste ore: lo sa bene il presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), Ferruccio Resta, impegnato in un lavoro febbrile di ricostruzione – città per città, ateneo per ateneo – dei percorsi interrotti degli studenti afghani nel nostro Paese. Il periodo estivo e la didattica a distanza non aiutano: molti studenti internazionali non si trovano in Italia anche per via della pandemia, «ora stiamo cominciando a recuperare i contatti. Stiamo verificando dove sono». Da parte del sistema universitario, d’altronde, c’è la massima disponibilità a dare supporto alle istituzioni nazionali, ha precisato Resta, «crediamo però fondamentale che non si parta in maniera disgiunta». Come dire: le iniziative dei singoli, pur meritevoli, non bastano. Per i corridoi degli studenti, l’iniziativa di cui si parla nelle ultime ore, serve muoversi tutti insieme coordinandosi con il governo e in particolare il ministero degli Esteri.

Sono bloccati in Afghanistan per esempio, la conferma è arrivata nel pomeriggio di ieri, una ventina di studenti e dottorandi dell’Università di Firenze, già iscritti o in corso di iscrizione, coi relativi familiari, per un numero complessivo di circa 80 persone. Il rapporto tra l’ateneo e l’Afghanistan si è sviluppato negli ultimi anni soprattutto attraverso le attività del master in Urban Analysis and Management, e dei progetti per lo sviluppo urbanistico e territoriale sostenuti dal ministero degli Esteri e dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. L’università di fronte alla crisi del Paese si era da subito attivata per il loro trasferimento in Italia, pronta ad accogliere tutti con procedure di urgenza che permettessero loro di avere lo status di rifugiati e di frequentare corsi di laurea o corsi singoli. L’azione per l’evacuazione degli studenti e dei loro familiari, alla cui preparazione ha collaborato proprio la Crui, non si è però concretizzata per il rapido peggioramento della situazione e i ragazzi sono rimasti a Kabul. Avevano manifestato l’intenzione di iscriversi ai corsi dell’Università di Siena, invece, altri 8 studenti afghani rimasti bloccati nell’inferno dell’aeroporto. «Ci avevano scritto – ha spiegato il rettore dell’ateneo Francesco Frati –, tra l’altro ci hanno fornito i loro dati che abbiamo fatto arrivare ai ministeri competenti perché possa essere trovata una soluzione. Questo degli studenti afghani bloccati nel loro paese è un problema che riguarda molte altre università italiane oltre la Sapienza: si tratta di una situazione di cui devono si devono occupare le autorità nazionali, i tempi potrebbero essere lunghi». Il rettore senese ha aggiunto che all’ateneo sono iscritti quattro studenti provenienti dall’Afghanistan per i quali non ci sono preoccupazioni «perché attualmente sono già in Europa».

Un’altra studentessa di nazionalità afghana, 28 anni, risulta pre-ammessa alla facoltà di Modena e Reggio Emilia (Unimore), ma non si è ancora presentata nell’ateneo emiliano. La giovane era attesa nei giorni scorsi per formalizzare la domanda di ammissione. Per restare in Emilia Romagna, nessun caso simile è stato segnalato dall’università di Ferrara e da quella di Parma. In particolare, anzi, nell’ateneo della città ducale è già iscritto uno studente afghano che si trova a Parma, e un altro che inizierà quest’anno il suo percorso di studi e che era arrivato in Italia prima della crisi. Ancora in corso di monitoraggio la situazione per quanto riguarda l’Università di Bologna. ( V. D. - Avvenire)

Afghanistan: la dignità dei piccoli

31 Agosto 2021 - Roma - “Abbiamo bisogno di mantenere ‘la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che accade’, che ‘risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte a ogni volontà di dominio e di distruzione’”. Aggiunge papa Francesco nella Fratelli tutti: “non mi riferisco solo alla memoria degli orrori ma anche al ricordo di quanti, in mezzo a un contesto avvelenato e corrotto, sono stati capaci di recuperare la dignità e con piccoli e grandi gesti hanno scelto la solidarietà …”. Le parole risuonano nello scorrere della tragedia afghana che si affianca ad innumerevoli altre in terre lontane e ai confini dell’Europa. La memoria ha bisogno di una narrazione leale e reale per non dissolversi con il calare dell’ondata emotiva. Narrare il passato è generare il futuro, è un intreccio di racconti di vita che riescono a “mantenere la fiamma della coscienza collettiva”. Il primo passo è del mondo adulto, almeno di quello che, letti i titoli cubitali, viste le immagini dell’orrore e ascoltate le parole forti, scava nella vita e nella storia di uomini e popoli per conoscere, per capire, per discernere. Accanto ai grandi ci sono altri che nella narrazione hanno un ruolo di primo piano: i bambini. Sia quelli sbarcati dagli aerei partiti da Kabul sia quelli che li incontreranno nelle scuole, nelle case, in tutti quei luoghi che la cultura dell’accoglienza saprà offrire perché possano crescere insieme. Forse è un sogno dopo un incubo ma nella storia, che il più delle volte li ha ignorati, i piccoli hanno compiuto cose grandi. I bambini afghani seduti accanto ai bimbi italiani, e non solo, si racconteranno e si ascolteranno. Non sarà subito perché il dolore e lo strappo sono troppo profondi, ma questo giorno verrà e sarà una stupenda condivisione di dignità. Sapranno gli adulti, i genitori. gli altri educatori e coloro che governano le città, mettersi sulla strada di chi si è opposto e si oppone al male con il bene? La responsabilità dei grandi è immensa, dovranno testimoniare che la cultura dell’accoglienza non separa l’azione dal pensiero, la solidarietà dalla giustizia. I bambini sono attenti: sanno e sapranno riconoscere i racconti veri da quelli falsi. Il loro giudizio sarà severo, anche verso il nostro Paese. Il sentiero della speranza si apre dopo quello del terrore: la direzione del cammino è indicata da quanti hanno creduto e credono nella dignità di ogni uomo e di ogni donna. Di ogni bambino. (Paolo Bustaffa)

Diocesi Avezzano: disponibilità all’accoglienza dei rifugiati afghani

30 Agosto 2021 -
Avezzano - Anche la diocesi di Avezzano in campo per dare ospitalità e supporto ai rifugiati afghani ospitati presso l’hub di prima accoglienza, il più grande d’Italia (capienza per circa duemila persone), allestito nell’interporto della città abruzzese dalla Croce Rossa (Cri), Esercito e Protezione civile (Dpc). Attualmente nella tendopoli sono ospitate circa 1.300 persone, si tratta di intere famiglie e numerosi bambini. La procedura prevede che all’arrivo a Fiumicino gli afghani vengano “tamponati” e dopo aver ricevuto una prima assistenza trasferiti ad Avezzano dove cominciano il periodo di quarantena (sette giorni). Nell’hub abruzzese vengono visitati, assistiti, accuditi e messi in lista per il vaccino, con l’ausilio di medici e mediatori oltre che del Dpc, della Cri e del personale del commissario per la emergenza. Secondo il programma, l’hub chiuderà entro il 2 settembre prossimo: la permanenza nel centro è di 48 ore, cinque giorni negli alberghi a completamento dei sette giorni di quarantena. Poi lo smistamento nelle varie regioni italiane secondo il piano coordinato dal Governo nazionale. Per il direttore dell’agenzia regionale di Protezione civile regionale abruzzese, Mauro Casinghini, che sta coordinando assieme alla Croce Rossa italiana le operazioni, a lasciare per primi il campo base saranno una settantina di persone che verranno sistemate negli alberghi della provincia dell’Aquila, a partire dalla Marsica. In Abruzzo, secondo quanto si è appreso, dovrebbero rimanere circa 170 persone. “Abbiamo dato subito la nostra disponibilità ad accogliere alcuni di questi rifugiati – conferma al Sir mons. Pietro Santoro, amministratore apostolico della diocesi di Avezzano –. Per questo motivo stiamo cercando, in accordo con la Prefettura, di reperire degli appartamenti dove accoglierli e provvedere poi ad un cammino di integrazione. Ci siamo attivati con la Caritas diocesana e vedremo il da farsi in base ai bisogni e alle necessità. La diocesi è presente, come sempre”.

Caritas-Migrantes Piemonte: pronti ad accogliere i profughi afghani

27 Agosto 2021 -
Torino - È comune e diffusa in questi giorni la preoccupazione per la situazione venuta a crearsi in Afghanistan proprio quando pensavamo che gli ultimi venti anni avessero fatto maturare semi stabili di cambiamento. Prima che gli assetti geopolitici sono le condizioni di vita delle persone che destano apprensione e che stanno mettendo in moto una vera mobilitazione in tante parti del mondo, Italia compresa. L’arrivo dei voli militari che realizzano un’operazione definita tecnicamente di “evacuazione” e la conseguente necessità di trovare una prima ed immediata sistemazione per le circa 2500 persone interessate ha portato a cercare – e talora trovare – disponibilità anche da parte di comunità e gruppi ecclesiali. Grazie all’azione di coordinamento del Ministero e delle Prefetture i posti di accoglienza sono stati tutti trovati utilizzando le reti del Sistema Accoglienza Integrazione (SIA) e dei Centri Accoglienza Straordinaria (CAS) già attive sul territorio e di cui fanno parte anche alcune realtà del mondo ecclesiale, piemontese compreso. Non c’è, dunque, una urgenza per trovare subito nuove sedi. Abbiamo il tempo per costruire e coordinare il meglio possibile le disponibilità che le comunità cristiane possono mettere in gioco. Il tempo consente anche di poter coordinare le iniziative a livello di ogni diocesi, soprattutto interloquendo con Migrantes e Caritas delle singole Chiese. In effetti i termini del discorso potrebbero aggravarsi nei prossimi mesi quando arriveranno alle nostre frontiere nuovi gruppi di profughi o richiedenti asilo anche provenienti dall’Afghanistan. Il ponte aereo termina con la fine della presenza americana a Kabul. Da quel momento è pensabile che una parte della popolazione cercherà di uscire dal paese verso punti di raccolta in Iran, Pakistan, Turchia. Qualcuno prenderà la strada della rotta balcanica dove sono stati bloccati altri uomini nei mesi scorsi anche per lungo tempo. Se sarà possibile mettere in atto i cosiddetti corridoi umanitari questi partiranno da uno dei paesi di prima accoglienza e non dall’Afghanistan direttamente. Le persone interessate a questa fase saranno certamente più povere, meno tutelate, più esposte al traffico di esseri umani. E, arrivando in Italia, entreranno nella procedura usuale di richiesta di accoglienza, senza avere canali preferenziali. Per dare risposte di accoglienza di qualità allora sarà presumibilmente necessario aumentare il numero di posti disponibili e la capacità di farsi carico delle persone per dare loro pieno inserimento e prospettive di futuro. Serviranno case, ma anche e soprattutto relazioni, sostegno, accompagnamento, inserimento lavorativo, sostegno alla mobilità verso l’Europa. E questo non solo per chi proviene dal paese asiatico oggi sotto i riflettori. Stanno arrivando sulle coste del sud numeri importanti di persone in fuga da altre aree di crisi, e continuano anche i respingimenti alle frontiere a nord del nostro paese con la conseguente permanenza nelle nostre valli alpine di gruppi di persone sempre più numerosi. È bene che le comunità territoriali, cristiane soprattutto, inizino fin da subito a muoversi e progettare su questa prospettiva di medio termine, senza concentrarsi ed agire esclusivamente sui primi arrivi degli scorsi giorni. I contatti continui con le Prefetture consentiranno di monitorare i bisogni, ma dovremo essere capaci di farci trovare pronti, senza improvvisazioni e senza fughe individualistiche. Occorre rafforzare la rete sia per non prestare il fianco ad una deleteria supplenza, sia per dare efficacia ad una azione complessa e delicata perché inerente alla vita delle persone. Serve dare del tempo individuale e comunitario alla preghiera e all’approfondimento dei vari elementi del fenomeno, senza lasciarci tentare dalle facili semplificazioni o dall’immediata emozione. Caritas e Migrantes si stanno proponendo per chiedere in ogni sede opportuna l’attivazione di forme temporanee di protezione per gli afghani già presenti in Italia che rischiano di essere rimandati a casa: in Europa sono a rischio di rientro in 280 mila, di cui 60 mila donne. Viene anche chiesta l’interruzione dei respingimenti in frontiera sulla rotta balcanica per evitare un altro inverno come quello disumano vissuto nel 2020. Un ultimo consiglio, che è anche una richiesta: non intraprendiamo progetti né preventiviamo attività – ivi comprese le raccolte di generi primari – senza prima esserci coordinati con la rete Caritas e Migrantes. Insieme saremo più efficaci e meglio parole di Vangelo. (Pierluigi Dovis, Delegato regionale Caritas Piemonte - Sergio Durando, Responsabile regionale Migrantes Piemonte)

Afghanistan: a Catanzaro, la diocesi con Caritas e Migrantes aprirà le porte ad intere famiglie

27 Agosto 2021 - Catanzaro - Da giorni, ormai, scorrono dinanzi ai nostri occhi foto, video che ritraggono immagini di un mondo che avremmo voluto diverso e che continua a nutrirsi di odio e discriminazione. Immagini del fallimento dell’uomo nei confronti di altri esseri umani, la mancanza di responsabilità dei poteri forti verso gli ultimi, i più deboli. Solo qualche mese fa il Presidente americano, Biden,, annunciava il ritiro delle truppe americane dalla missione in Afghanistan entro l’11 settembre ed è bastato raggiungere al 90% questo obiettivo per vedere vanificato, ad opera dei talebani, quanto era stato ottenuto. Ma a causa di chi o di che cosa è accaduto tutto questo? Di chi sono le colpe? E’ questo ciò su cui ci si interroga da giorni…l’abbandono degli stati forti, anni di impegno buttati via…probabilmente, invece bisognerebbe interrogarsi se quell’aiuto portato avanti era realmente la risposta giusta al problema o se piuttosto fosse necessario partire dal dialogo, lanciato dall’appello recente di Papa Francesco “…pregare il Dio della Pace affinché cessi il frastuono delle armi e sia trovata una soluzione al tavolo del dialogo…solo così le martoriate popolazioni di quel Paese potranno tornare alle proprie case e vivere in pace e sicurezza nel pieno rispetto reciproco”. Dialogo dal latino dialogus, composto da dià “attraverso” e logos, “discorso” indica il confronto verbale che attraversa due o più persone come strumento per esprimere sentimenti diversi e discutere idee. Ci siamo mai messi realmente in ascolto dei bisogni di questa popolazione? Abbiamo realmente pensato a come accoglierli nel rispetto della loro diversità culturale? L’accoglienza, è questo il punto cruciale su cui la Diocesi di Catanzaro-Squillace e l'arcivescovo mons. Vincenzo Bertolone, stanno cercando di dare risposte efficaci. Di fatti, l’accoglienza di chi arriverà attraverso le evacuazioni o, in futuro, attraverso la rotta balcanica o via mare, non potrà essere lasciata alla buona volontà delle centinaia di persone che stanno chiedendo di ospitare afghani, ma sarà gestita dal Ministero dell’Interno, il quale ha già dato rassicurazioni sul fatto che i sistemi SAI e CAS possono sopperire all’esigenza di posti di accoglienza. La diocesi di Catanzaro-Squillace, sensibile al dramma che sta vivendo il popolo afghano, e in direzione di un’attenzione sempre costante agli ultimi che mons. Bertolone porta avanti dall’inizio del suo mandato e di cui si è fatto sempre portavoce, si sta preparando all'accoglienza concreta e fattiva di persone in arrivo nella nostra terra in cerca di protezione. La diocesi aprirà le porte ad intere famiglie, con particolare attenzione alle categorie più fragili, bambini e donne. Il Vicario Generale indirizzerà una lettera a tutti i parroci per chiedere loro di segnalare case canoniche vuote o appartamenti non utilizzati, anche in uso a privati, ed anche se ci sono famiglie disponibili ad accogliere piccoli nuclei familiari o anche solo mamma e bambini. Non sarà un’accoglienza gestita in maniera estemporanea ed improvvisata ma coordinata da una realtà ecclesiale che nella diocesi ha fatto dell’accoglienza le fondamenta del proprio servizio, ovvero la Fondazione Città Solidale onlus che gestisce attività e servizi per conto della diocesi ed in stretta collaborazione con la Caritas Diocesana e l’Ufficio Migrantes. Inoltre, Città Solidale metterà a disposizione anche le strutture SAI da essa gestite e già attive nella Provincia (nei Comuni di Gasperina, Catanzaro, Squillace, San Sostene, Girifalco, Satriano) ed anche quelle che saranno a breve avviate (nei Comuni di Tiriolo, Settingiano e Davoli), in linea con quanto indicato dal Ministero dell’Interno. La Migrantes Diocesana continuerà a dare il suo contributo anche in questo percorso e   segnalerà all'ufficio Migrantes Nazionale della CEI la disponibilità e l'impegno della diocesi a collaborare e mettere in atto le linee guida che saranno impartite dal Ministero dell’Interno, della Caritas Italiana e dalla stessa Migrantes Nazionale. Città Solidale, inoltre, impegnata anche nell’ambito della formazione ed informazione, svilupperà un'azione sinergica di sensibilizzazione sul territorio, coinvolgendo parrocchie, scuole, associazioni, affinché le azioni di intervento e risposta siano frutto di un lavoro di rete mirato ed efficace, sempre nel rispetto degli orientamenti che saranno dati dalle Istituzioni preposte (Prefettura, Questura …). Una rete tra diverse realtà per offrire risposte concrete e diventare realmente “operatori di pace”, attraverso la via alternativa che ci indica Papa Francesco: “Prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata sui rapporti di fratellanza”. È proprio questo concetto di cura che la Diocesi di Catanzaro-Squillace ha fatto suo ed intende portare avanti anche in questa circostanza. (don Piero Puglisi - Direttore Migrantes Catanzaro-Squillace)   Ufficio Comunicazione e Stampa Città Solidale  

Afghanistan: Scalabriniane, attuare politica delle “porte aperte”

26 Agosto 2021 - Roma - “Sempre più persone oggi si preoccupano di quanto sta avvenendo in Afghanistan, soprattutto per il grande pericolo a cui sono esposte le donne. Il mondo delle istituzioni, della cooperazione internazionale, deve essere sempre più convinto che la soluzione principale è quella delle porte aperte, per aiutare le tante persone che stanno richiedendo asilo. Lo stiamo vivendo in questi giorni nella piccola isola di Lesbo, in Grecia, dove nella missione svolta dalla nostra congregazione, possibile grazie alla partecipazione a un progetto della Comunità di Sant’Egidio, vediamo tanti afghani preoccupati e segnati per tanto dolore. Alle spalle hanno il terrore, davanti a loro c’è l’ansia di non poter avere un futuro”. E’ quanto dichiara in una nota suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane evidenziando che “la questione afghana apre a un problema complesso e difficile da risolvere nel mondo, legato alle violenze di genere. Alla crisi che si è aperta - ha aggiunto sr. Neusa - riteniamo opportuno come sia necessario rispondere con l’appello al dialogo fatto da Papa Francesco. Preghiamo per loro, per tutti gli afghani, con la speranza che anche le persone più fragili e in situazione di vulnerabilità possano vivere in pace e sicurezza. Rispondere a loro, come ai tanti rifugiati siriani e di altre parti del mondo, è un impegno fondamentale. Non possiamo lasciarli soli, ecco perché è importante mettere in atto sia gesti di meditazione e preghiera sia azioni in grado di coinvolgere le istituzioni a diversi livelli”. (R.I.)