7 Febbraio 2023 –
Roma – C’è chi, a 22 anni, è stato trovato in coma in un parco. Overdose. Viveva lì perché era stato allontanato da casa e aveva il divieto di avvicinarsi ai genitori. C’è un artista, noto per i suoi dipinti: era stato anche premiato dall’Accademia di Belle Arti in Sicilia. L’hanno trovato nelle acque del fiume Reno, si è suicidato gettandosi da un ponte. C’è un giovane di origini marocchine, 24 anni: lui è stato travolto da un’auto mentre era alla guida della propria bicicletta. Era ospite di un’amica, aveva da poco ottenuto il permesso di soggiorno. E poi un ex-medico, 80 anni, affetto da demenza senile: da tempo frequentava le stazioni ferroviarie ed è stato trovato morto in una galleria vicino alla stazione. Ha avuto un malore. Hanno nomi e storie da raccontare, i morti sulla strada che nessuno vede. Non sono solo coperte, non sono solo fardelli. E in questo ultimo anno sono stati tantissimi. Il Report sul 2022 diffuso ieri dalla Fio.Psd, la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora, porta con sé il bilancio più pesante degli ultimi 3 anni. I clochard deceduti sono stati 393: più di uno al giorno, con un incremento del 55% rispetto al 2021 e addirittura dell’83% rispetto al 2020. E i numeri del 2023, se possibile, sono ancora più allarmanti: 54 vittime dall’inizio dell’anno, 8 nell’ultima settimana. Il freddo in questo caso è stato determinante, ma «da anni sosteniamo che le persone in stato di grave marginalità muoiono in ogni mese; nel 2022 le morti avvenute in estate sono state 109, mentre 101 in autunno, 86 in inverno e 97 in primavera » si spiega nel Report. L’emergenza, insomma, non è d’inverno, è tutto l’anno: i “piani freddo”, con l’ampliamento dei posti letto nelle strutture di accoglienza notturna e il rafforzamento dell’attività delle unità di strada, contengono, almeno in parte, i decessi ma poi terminano e l’emergenza riprende. Ma dove muoiono, i senza dimora? Il Report mostra come i decessi interessino tutto il territorio nazionale, dal Nord al Sud, dalle grandi città ai piccoli comuni di provincia. Le città con il maggior numero di morti sono Roma (32) e Milano (21), ma dati allarmanti provengono anche da Napoli, Firenze, Genova e Bologna. La principale causa di morte, (46%) è riconducibile a eventi esterni e traumatici: incidenti di trasporto (15%) e aggressioni o omicidi (9%), ma anche suicidi (8%), annegamento (6%), incendi (4%), cadute e altri eventi accidentali (4%).
«Garantire a chi vive in strada e in condizione di vulnerabilità estrema l’accesso ad una casa, alle cure e a percorsi di reinserimento sociale – spiega la presidente di Fio.Psd Cristina Avonto – è il primo passo per poter vivere una vita dignitosa e fornire a chi ne ha più bisogno una rete di protezione che può salvare la vita. Seppur indispensabili, i servizi tradizionali, come la distribuzione di pasti, vestiti e coperte non sono più sufficienti. Negli ultimi anni sono state stanziate ingenti risorse destinate al contrasto della grave marginalità adulta e questi stanziamenti dovrebbero creare le condizioni per innescare un cambiamento nella mentalità con cui viene affrontato il fenomeno». Non è così. Ecco allora che conoscere le circostanze in cui queste persone sono morte «ci aiuta a ricostruire le storie di queste persone, fatte per lo più di isolamento, precarietà e grandi sofferenze, e a comprendere meglio le tante sfaccettature che il fenomeno della grave marginalità adulta porta con sé». Persone malate a livello fisico e psichico, senza legami familiari o che condividono la condizione di grave marginalità con figli e compagni, persone dipendenti da sostanza, che entrano e escono dal carcere, talvolta persone con un lavoro ma che per estrema necessità si sono trovate a vivere, e a morire, in strada. (Giulio Isola – Avvenire)