14 Dicembre 2021 –
Migrantes: Rapporto Asilo 2021, Guardando all’Italia
Roma – Perché il modello dell’accoglienza emancipante, integrata e diffusa non è ancora diventato il sistema di riferimento di una politica nazionale in materia di asilo? A vent’anni dalla nascita del Programma nazionale asilo (PNA), nel 2001, quanto accaduto tra 2020 e 2021 offre nuovi spunti per analizzare le contraddizioni aperte da un cammino parziale e frammentato. Il recente riordino della filiera dell’accoglienza operato dal DL 130/20, il permanere di una differenziazione dei livelli di accoglienza tra richiedenti e titolari di protezione internazionale nel SAI, l’abbandono istituzionale con la conseguente auto-organizzazione dei progetti d’accoglienza durante la pandemia di COVID-19 e, infine, la dinamica seguita alla crisi afghana hanno messo in evidenza alcuni processi generali che si sono innestati su nodi irrisolti: l’istituzionalizzazione dell’emergenza, la burocratizzazione, la privatizzazione, la ghettizzazione e la gerarchizzazione. Questi processi, e le tensioni che essi producono, colpiscono il sistema stressando le relazioni tra i diversi attori e mutando pratiche e riferimenti culturali. Minacciando così seriamente quella dimensione di dialogo e di partecipazione fra le persone accolte, gli operatori, le comunità e la società civile che costituisce l’identità e il metodo dell’accoglienza diffusa e integrata. E’ quanto si legge oggi nel Report “Il Diritto d’Asilo” della Fondazione Migrantes.
La protezione speciale dopo il decreto-legge 130/2020: un’innovazione importante
Nel sistema italiano del diritto degli stranieri il permesso di soggiorno per protezione speciale è stato ampliato dalla riforma attuata con il decreto-legge n. 130/2020. Si tratta di uno strumento permanente destinato a tutelare ‒ in modo flessibile e commisurato alle specificità di ogni situazione ‒ i diritti fondamentali, l’integrazione sociale e la regolarizzazione della condizione di soggiorno irregolare di tanti stranieri che non sono comunque allontanabili dal territorio italiano. È una forma di protezione duratura di cui sono titolari stranieri che si trovano o arrivano nel nostro Paese, anche in situazione di soggiorno irregolare, e che non abbiano tutti i requisiti per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o che non possono ottenere il rilascio di altri titoli di soggiorno, ma la cui condizione giuridica merita protezione per effetto di precisi obblighi internazionali o costituzionali.
Il contributo approfondisce le quattro ipotesi di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale e la sua interpretazione come strumento di regolarizzazione permanente, descrivendone anche le procedure di rilascio e la condizione giuridica di chi ne è titolare.
Una riflessione a viva voce. La dignità come fondamento dei diritti umani dei rifugiati: retorica o tutela efficace?
Dopo quella di Yagoub Kibeida una riflessione elaborata dall’autrice, Indira Meza, sulla base di riflessioni condivise nell’ambito dell’UNIRE. «Abbiamo volti, non siamo numeri. Abbiamo capacità di resilienza e il potenziale per agire positivamente sul territorio con il nostro capitale umano. Ma le politiche emergenziali vanno superate. Ci sentiamo di proporre i seguenti punti di attenzione: l’efficacia dei meccanismi che garantiscono i diritti umani dei rifugiati; l’importanza dell’interculturalità e dell’integrazione come effettiva tutela dei diritti; la promozione di una cultura del rispetto dei diritti dei rifugiati; una maggiore partecipazione attiva dei rifugiati nella società; programmi mirati che favoriscano l’occupazione e le pari opportunità; centri di formazione per rifugiati che promuovano l’innovazione sociale e l’imprenditorialità; fermare la normalizzazione della violenza sui rifugiati in situazione di vulnerabilità economica e sociale; educazione alla pace; colmare le disuguaglianze».
«Preservare la dignità di un rifugiato ‒ scrive ancora Meza ‒ è rispettare l’umanità, guardare alle generazioni future». Ma anche «salvare il pianeta».