Vangelo Migrante: XIV domenica del Tempo Ordinario – B (Vangelo Mc 6,1-6)

1 Luglio 2021 – Dapprima la gente rimaneva ad ascoltare Gesù stupita. Poi lo stupore si tramuta in scandalo. Perché? Probabilmente perché Gesù è un inedito: è uno che è venuto a portare un ‘insegnamento nuovo’, a mettere la persona prima della legge, a capovolgere la logica del sacrificio, sacrificando sé stesso. Chi è omologato alla vecchia religione evidentemente non si riconosce nel profeta perché non riconosce quel Dio che viene annunciato: un Dio che fa grazia a tutti, nessuno escluso, che sparge misericordia senza condizioni e fa nuove tutte le cose. La gente di casa, del villaggio, della patria, forse, è un po’ come noi che amiamo andare in cerca di conferme a ciò che già pensiamo e ci nutriamo di ripetizioni e schemi, incapaci di pensare in altra luce.

Gesù non parla come uno dei maestri d’Israele, con il loro linguaggio alto, ‘religioso’, ma adopera parole e immagini di tutti i giorni, quelle che tutti possono capire: un germoglio, un grano di senape, un fico a primavera diventano personaggi di una rivelazione.

E allora, dov’è il sublime? Dov’è la grandezza e la gloria dell’Altissimo? Ci scandalizzano, forse, l’umanità di Dio e la sua prossimità? La buona notizia del Vangelo è proprio questa: Dio si incarna, entra dentro l’ordinarietà di ogni vita, abbraccia l’imperfezione del mondo, che per noi non è sempre comprensibile, ma per Dio è sempre abbracciabile.

“Nemo propheta in patria!”, esclama Gesù. Evidentemente non è facile accettare che un figlio di carpentiere, pretenda di parlare da profeta, così come sembra inammissibile che uno che sbarca dalla riva del Mediterraneo opposta alla nostra, sia egli stesso una profezia.

Ma è proprio questa l’incarnazione perenne di uno Spirito ‘che non sai da dove viene e dove va’ ma riempie le vecchie forme e passa oltre. (p. Gaetano Saracino)

 

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