29 Aprile 2021 – Nella Resurrezione, Gesù è vivo e vivifica i suoi discepoli, vive dove vivono loro come il pastore con le pecore. Si, ma come passa la sua vita ai discepoli?
Lo spiega il Vangelo di questa domenica con l’immagine della vite e dei tralci. Lui è la vite e i discepoli i tralci. Dio è l’agricoltore.
Lui e i discepoli sono la stessa cosa, la stessa pianta, la stessa vita, un’unica radice, una sola linfa. Come tralci, i discepoli sono della stessa materia, come scintille di un braciere, come gocce dell’oceano, come il respiro nell’aria. Gesù-vite spinge incessantemente la linfa verso l’ultima gemma; la vita non dipende dal discepolo, dipende da Lui. Il discepolo-tralcio può fare solo una cosa: portare frutto.
Nemmeno una stilla di quella linfa può essere sprecata. Per questo, l’agricoltore taglia e mette da parte il tralcio sterile e, sorprendentemente, direbbe un profano, taglia anche quello fecondo. Si, subito dopo la gemma lo pota perché porti più frutto.
È un Dio che non impugna lo scettro ma la zappa, non siede su un trono ma sul muretto della vigna. Cura il suo Regno e ha a cuore solo una cosa: che porti frutto.
“Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto”. Potare non significa amputare, bensì togliere il superfluo e dare forza; potare vuol dire eliminare il vecchio e far nascere il nuovo. Ogni taglio fa male ma non è un male. In esso c’è già il frutto più grande e coincide con quel: “chiedetemi quello che volete e sarà fatto!”
Questo accade “se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi”. La relazione con Dio non è una installazione. Essa è un viaggio diretto ad una meta. Va eliminato ciò che lo rallenta e lo appesantisce.
Immagine a cui non possiamo sottrarci: disperdere linfa impedendo la meta e i frutti, è opporsi a Dio. Quando ci si opponea Dio, sappiamo come va a finire! Come il tralcio sterile: l’agricoltore lo taglia e lo mette da parte, quindi secca poi altri “lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano”.
Quante ‘storie’ sono finite così? Quante scuse portiamo per difendere le nostre sterilità? Quante lacrime forse stiamo versando perché qualcosa di prezioso sembra sfuggirci di mano? Può essereDio che, anche in mezzo a qualche lacrima, continua a lavorare perché possiamo avere Vita in abbondanza. (P. Gaetano Saracino)