Come celebrare il Natale?

22 Dicembre 2020 – Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia (Seconda Lettera ai Corinzi 9,7)

Si avvicina il tempo del Natale, il tempo delle feste. Quante volte, la domanda che si fa tanta gente è: “Cosa posso comprare? Cosa posso avere di più? Devo andare nei negozi a comprare”. Diciamo l’altra parola: “Cosa posso dare agli altri?”. Per essere come Gesù, che ha dato sé stesso e nacque proprio in quel presepio. (Papa Francesco, Omelia, Santa Messa nella Giornata mondiale dei poveri, 15 novembre 2020)

Ma questo Natale ormai alle porte, come faremo? Da sempre è il periodo più festoso dell’anno, non c’è ricorrenza che possa competere e la stessa Pasqua, culmine dell’anno liturgico, dal punto di vista mondano non può essere paragonata coi giorni dal 25 dicembre al 7 gennaio. A portarci via l’atmosfera natalizia sono le misure anticontagio, i provvedimenti ministeriali per ridurre i rischi di allargamento della pandemia. Ecco allora negozi chiusi o ad orario ridotto, centri commerciali aperti in modo contingentato e soprattutto distanze imposte per decreto lungo tutto il periodo delle festività. I giorni che da sempre ci pregustiamo con i cari che non si vedono se non in questa occasione sono stati cancellati, niente vacanze in montagna, nessun raduno famigliare o con gli amici più cari. È una sorta di nuovo lockdown delle feste quello che ci accingiamo a vivere. Ogni famiglia dovrà saper essere sufficientemente espansiva da scaldarsi da sola, senza contare sul principio che l’unione fa la forza. Genitori e figli insieme e questo basti. Il pensiero corre a tutti i nonni soli o in coppia, ma comunque separati da un nucleo famigliare, costretti a trascorre i giorni culminanti delle feste in solitudine, senza il conforto di una compagnia, come quella che veniva a crearsi ogni anno a quest’epoca. A loro dovrebbero essere dedicati gli auguri più calorosi, auguri che resistono al tempo e superano le distanze. Come celebrare ugualmente Natale? Forse possiamo trovare un’occasione propizia in questo stato di necessità. Forse possiamo non prendere d’assalto Amazon e compagni e pensare che l’unica forma di vicinanza riacquistabile sia quella dei regali materiali da recapitare a destra e a manca. Tornare in noi stessi e meditare di fronte ad un diminuire del rumore della carta quando si spacchettano i regali. Un Natale senza regali può paradossalmente essere un Natale ancora più vero… più vicino a quello di Gesù che in quella mangiatoia non aveva niente e già si donava interamente per quello che era: un bambino. Siamo in grado di tornare all’essenziale? Questo impedimento nei rapporti ci spinge a riqualificare le nostre relazioni, a renderle più autentiche. Torniamo a scrivere lettere intrise d’affetto alle persone a cui vogliamo bene e diciamoglielo il nostro amore, senza aspettare che sia troppo tardi. Alziamo il telefono e parliamo con chi non sentiamo mai, o raramente. Doniamo il nostro tempo perché sarà sempre il regalo più prezioso. In casa c’è sicuramente ancora spazio fra noi e ci si può stringere maggiormente, attraverso un ascolto di qualità dei desideri, dei sogni, ma anche delle ansie e delle preoccupazioni di cui tutti siamo fatti. Mai come in questo periodo, anche coloro – e sono rari – che non hanno subito lutti più o meno gravi, sono chiamati ad interrogarsi sul senso della propria esistenza. Non conduce da nessuna parte la corsa ad avere sempre qualcosa in più degli altri, mentre porta frutto la ricerca di essere sempre per qualcuno. In quest’ottica possiamo sperare di trascorrere un Natale altrettanto ricco e sereno di quelli vissuti nel passato. Con maggiore dedizione e attenzione per chi sta al nostro fianco, facciamo esercizio e prepariamoci per quando potremo abbracciare le persone lontane. Viviamo nella sobrietà – anche se qualche specialità tipica del periodo potremo sempre concedercela – e offriamo al Signore che nasce i doni della nostra quotidianità: l’accoglienza, l’attenzione, l’ascolto. Il Figlio di Dio che nasce a Betlemme non ha bisogno della ricchezza dei potenti ma della veglia e dello stupore dei pastori. (Giovanni M. Capetta)

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