29 Settembre 2020 – Una propaganda talora incontrollata si serve dei poderosi mezzi della stampa, dello spettacolo e del divertimento per diffondere, specialmente nella gioventù, i germi nefasti della corruttela. È necessario – dicevamo allora – che la famiglia si difenda, che le donne prendano con coraggio, e con acuto senso di responsabilità, il loro posto in quest’opera, e che siano instancabili nel vigilare, nel correggere, nell’insegnare a discernere il bene dal male. […] è grande il compito che attende la donna: che la impegna a non lasciare inaridire a contatto con la pesante realtà del lavoro la ricchezza della sua interiorità, le risorse della sua sensibilità, del suo animo aperto e delicato: a non dimenticare quei valori dello spirito che sono l’unica difesa della sua nobiltà: a non trascurare infine di attingere alle fonti della preghiera e della vita sacramentale, la forza per mantenersi all’altezza della sua missione ineguagliabile. (Giovanni XXIII, Udienza generale, mercoledì 7 dicembre 1960)
Verso la fine del 1960, il Papa riceve in udienza generale le partecipanti al decimo Congresso nazionale del Centro italiano femminile. È un attenzione rinnovata per questo sodalizio quella del pontefice che infatti richiama il discorso fatto allo stesso Cif il primo marzo dell’anno precedente. Il tema del Congresso questa volta è “La donna nella famiglia e nel lavoro” e su questo argomento di cocente attualità Giovanni XXIII si introduce con calore e autorevolezza. Riguardo al rapporto fra donna e famiglia, il Papa richiama la centralità della figura femminile anticipando una sensibilità che solo più avanti negli anni andrà consolidandosi. La donna è vista come insostituibile, come colei che “incoraggia, invita, scongiura” e le cui parole ed esempio rimangono indelebili nella memoria degli altri famigliari. Alle donne nel loro complesso è affidato, all’interno della famiglia, il compito di “vigilare, correggere, insegnare a discernere”: è un ruolo a tutto campo che prende vigore dalla vocazione peculiare di ognuna ad essere moglie e madre. C’è una cultura – il Papa la chiama “propaganda” – che va contrastata, nonostante eserciti ampiamente il suo potere attraverso i mass media. È il pensiero che riduce la donna ad oggetto di piacere, oppure che la vuole equiparare all’uomo secondo il mero principio della produttività. La donna ha una vocazione che va oltre le prestazioni sia all’interno del nucleo famigliare, sia nel mondo del lavoro, il suo compito – come si legge nel secondo passo citato – è di coltivare la ricchezza della propria interiorità senza lasciarla inaridire sotto il peso delle incombenze del lavoro. Un invito prezioso, quest’ultimo e altresì profetico. Nel complesso dilemma fra famiglia e lavoro che viene posto a sempre più donne nella società degli anni Sessanta, il Papa non si permette di chiudere una strada rispetto all’altra, ma apre una finestra più ampia, in cui un ruolo decisivo, per discernere, gioca il criterio della salvaguardia dei valori dello spirito senza i quali non è possibile una piena realizzazione cristiana. In quest’ottica Giovanni XXIII sembra anticipare i moniti dei suoi successori e richiamare istanze che saranno poi ampiamente sviluppate dai pontefici dopo di lui. Del resto ancora oggi, a sessant’anni di distanza, quando tanto cammino è stato fatto sia in ambito di ricerca sociologica, sia di approfondimento pastorale, le donne del mondo occidentale devono fare i conti con sfide difficilissime per riuscire ad essere protagoniste del loro mondo in tutti i campi, ma nello stesso tempo per non stravolgere il senso della propria natura ed identità più profonde. La donna è indispensabile presenza nella famiglia e preziosa cooperatrice nel mondo del lavoro se sa custodire la sua nobiltà, anche abbeverandosi alla fonte della preghiera e dei sacramenti. Quella della donna moderna non è una corsa ad ostacoli per eguagliare un presunto primato maschile, ma la risposta ad una missione ineguagliabile a cui è chiesto di rimanere all’altezza. (Giovanni M. Capetta – Sir)