30 Aprile 2020 – Ancora oggi, le grandi religioni monoteiste non osano raffigurare la divinità. I ‘discepoli della via’, così sono chiamati i primi cristiani, nelle catacombe di Roma rompono questo schema e cominciano a dipingere le pareti di quelle grotte. L’immagine sacra più antica che l’archeologia ha individuato è proprio quella di un soggetto giovane con una pecora attorno al collo: Gesù Pastore. Si trova nelle Catacombe della Basilica di san Clemente al Laterano.
Dalla pagina di Vangelo, la IV domenica di Pasqua viene detta proprio del Buon Pastore. Se con il mistero fondamentale della Resurrezione di Gesù ha inizio la nostra fede, con la Misericordia essa si esprime e con la speranza ritrovata, come i discepoli di Emmaus, prende le vie del mondo, nel buon Pastore trova la via la verità la vita: la porta, l’ovile, il nutrimento.
Gesù è tutto questo. Anzi, questo è il motivo della Sua venuta: ‘Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’. Non è qui per quel minimo senza il quale la vita non è vita; ma per una vita esuberante, magnifica, eccessiva, quella che rompe gli argini e infonde libertà e coraggio.
Gesù non è venuto a portare una teoria o un sistema di pensiero ma la Vita in risposta all’anelito più grande, e problematico, che tutti ci portiamo dentro.
Due caratteristiche ci colpiscono: entra nel recinto, conosce le pecore una per una (mi diceva un pastore di Norcia che è possibile) e le porta fuori dal recinto, un luogo che dà sicurezza ma che toglie anche libertà. È una migrazione vera e propria; necessaria, lo stiamo sperimentando in questi giorni, ed è fatta con Lui. Non le conduce verso schemi più convenienti o opportunismi, con cui spesso confondiamo la sua sequela, ma verso spazi aperti avviando un processo di liberazione interminabile.
Per due volte ripete: ‘io sono la porta’, il vero confine, la soglia sempre spalancata, che nessuno richiuderà più, più forte di tutte le prigioni (‘entrerà e uscirà e troverà…’). Più vita
L’altra è che cammina davanti alle pecore. Non abbiamo un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini e inventa strade. Non un pastore che grida o minaccia per farsi seguire, ma uno che precede e convince, con il suo andare sicuro, davanti a tutti, a prendere in faccia il sole e il vento, pastore di futuro che ci assicura: tu, con me appartieni ad un sistema aperto e creativo, non a un vecchio recinto finito, bloccato, dove soltanto obbedire.
Vivere è appartenere al futuro: lo tiene aperto Lui!
p. Gaetano Saracino