Vangelo Migrante: III domenica di Pasqua (Vangelo Lc 24,13-35)

23 Aprile 2020 – Per il cristiano, quello pasquale non è un clima circoscritto soltanto ad un periodo. Il Tempo Pasquale è tutta la fede del cristiano: si perpetua per tutta la sua vita e si alimenta nella celebrazione domenicale (ogni domenica), Pasqua della settimana.

Il fatto pasquale, come abbiamo avuto modo di meditare in questo tempo, ha il suo centro nella passione morte e resurrezione di Gesù e fino alla discesa dello Spirito Santo a Pentecoste. Come per un bambino sono vitali i primi mesi di vita, così per il cristiano lo sono i giorni della Resurrezione.

Oggi il Vangelo ci mette sulle orme di due personaggi conosciuti come i discepoli di Emmaus. Una vicenda lunga nel racconto e profonda nel messaggio.

La direzione di un cammino

Nella pagina secondo Luca emerge un aspetto, ovvio e semplice ma fondamentale: come l’assenza\presenza di Tommaso nel cenacolo fa la differenza rispetto alla sua fede, così accade per la direzione del cammino intrapreso dai due protagonisti di questa pagina: sono due discepoli, della cerchia degli apostoli, che camminano in direzione opposta e contraria a Gerusalemme. Vanno via. Stanchi e delusi. Anche loro sono tornati  a sperimentare che la strada della vita è fatta più di normalità che di eccezionalità e le loro aspettative, con quel profeta ‘potente in opere e parole’, sono andate deluse. Spesso la fuga e la direzione intrapresa per staccarsi da un centro fatto di cose che non capiamo, o che facciamo fatica a cogliere, coincidono. Accadde ai discepoli allora. Accade anche a noi, oggi.

Capire la vita con la Parola

Camminano e parlano ma nei loro discorsi non risuona il nome di Gesù. Si parla di Lui ma senza parlare con Lui. E la differenza c’è e si nota. Parlano di fatti accaduti ma solo dal loro punto di vista: opinioni, impressioni, emozioni. È solo alla presenza di Gesù, che come un forestiero sopraggiunge e affianca il loro cammino, che le emozioni vengono accantonate e l’ascolto si fa attento. Non senza un uno strattone: ‘stolti!’ Gli dice, Gesù. Li rimprovera e ferma i loro discorsi a piano inclinato: pessimismo cosmico e senza uscita!

C’è una interessante coincidenza con la nostra vita: le nostre impressioni ed emozioni senza il confronto con la Parola di Dio lasciano solo l’amaro e finiscono per motivare un cammino lontano dal senso della fede e in una direzione che abbandona il centro fino a non vederlo più. Nessuno è esente da questo pericolo.

Una presenza viva

La presenza di Gesù non è solo una bella spiegazione di qualcosa. Egli è presenza viva che accende i cuori: da spenti, li fa ardere e attiva una serie di capacità di comprensione che mettono il cuore in grado di conoscere e riconoscere in quel compagno di viaggio, la presenza di Dio con noi.

Il cammino inverso: la nostra testimonianza

Questo incontro genera una gioia personale, e non per sentito dire, diventa esperienza coinvolgente e chiede di essere raccontata anche agli altri. È contagiosa. Si rimettono in cammino senza aspettare l’alba, per non perdere tempo! Invertono la direzione e tornano a Gerusalemme per rendere testimonianza di quello che hanno veduto.

È lo scopo del cammino di ogni cristiano: ripartire da dove abbiamo incontrato il Signore e tornare a Lui per annunciarlo da una centralità che è Lui e non noi né la nostra casa.

La missione della Chiesa partirà da Gerusalemme e sarà ancorata al fatto Pasquale e non ad opinioni personali; e queste saranno valide solo se saranno piene di una presenza che le ha irradiate!

Anche oggi, ascoltare, accogliere e servire un forestiero, mentre siamo in cammino non è opinione ma una forte luce Pasquale. Che può essere decisiva!

p. Gaetano Saracino

 

 

Temi: