22 Marzo 2020 –
Nel cammino di preparazione al battesimo dei catecumeni, questa domenica è una tappa fondamentale. Anche tra i migranti che serviamo e a cui rivolgiamo le nostre cure pastorali ci sono persone impegnate nel cammino del catecumenato; come il cieco nato, per essi questa è la domenica della professione di fede: credo, Signore!
Di sicuro a ciascuno sarà pervenuta la notizia delle modalità liturgiche e temporali in cui questo avverrà, vista la situazione che stiamo vivendo. Ma l’occasione è propizia per tutti i battezzati perché ci invita a vivere la tensione dell’inizio della nostra vita cristiana. Essa non è per nulla scontata, visto che anche da cristiani resta l’esigenza di una guarigione degli occhi di una fede spesso impastata da troppi distinguo e cortesi distacchi da altri fratelli e sorelle battezzati allo stesso modo o da altri uomini e donne venuti da lontano e chiamati alla fede.
Lo sguardo umano, apparentemente neutro, sovente si adagia sull’esteriorità delle cose e delle relazioni fino a sostituire la verità nelle cose e nelle persone: l’esclusione del cieco è verità indiscussa e indiscutibile per lui, per i suoi stessi parenti e ovviamente per coloro che l’hanno decretata.
Non per Gesù. E questo avviene perché il bisogno di vedere rimane. Non può spegnersi ciò per cui siamo stati creati. L’opera di Dio non può essere annientata. Ne è prova il fatto che la vista ricevuta crea un problema in comunità: il cieco (lo straniero) dove lo mettiamo?
Non è ipocrisia. Troppo facile.
È aver perso di vista Dio. È questo che produce ipocrisia sicché anche la lode che il cieco fa (dottrinalmente impeccabile) risulta inammissibile.
Dio non vuole la morte di nessuno. E Gesù, che è da Dio, è venuto a fare cose che solo Dio sa fare. Ma perché queste accadano, è necessaria una fede che fa vedere oltre il legalismo o il buon senso, nelle quali ci ricacciano le cose di questo mondo ma che non provengono da Dio e non portano a Dio.
Che non capiti anche a noi che questa presunzione, nella quale tentiamo di recintare la nostra vita e, in proiezione, quella di altri uomini e donne, faccia ancora esclamare al Maestro: “se foste ciechi non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘noi vediamo’, il vostro peccato rimane!” (p. Gaetano Saracino)