8 Ottobre 2019 –
Roma – Negli ultimi anni l’Italia sta attraversando un declino demografico drammatico: crollano le nascite e aumentano gli anziani, mentre i giovani cercano fortuna all’estero. Al tempo stesso, da un decennio “abbiamo chiuso le porte agli immigrati regolari, nell’illusione che i disoccupati italiani possano svolgere le professioni manuali. Dimenticando che gli oltre 5 milioni di stranieri residenti oggi in Italia rappresentano una forza vitale per il nostro paese”. Questi alcuni degli elementi chiave del nono Rapporto annuale sull’economia dell’Immigrazione a cura della Fondazione Leone Moressa, presentato questa mattina a Roma presso la Presidenza del Consiglio.
Secondo i dati della Fondazione Moressa da circa un decennio l’Italia è tornata ad essere terra di emigrazione: in dieci anni “abbiamo perso quasi 500 mila italiani (saldo tra partenze e rientri di connazionali). Tra questi, quasi 250 mila giovani (15-34 anni)”. Considerando le caratteristiche lavorative dei giovani in Italia, i ricercatori stimano che questa “fuga” ci sia costata 16 miliardi di euro (oltre 1 punto percentuale di PIL): è infatti questo “il valore aggiunto” che i giovani emigrati potrebbero realizzare se occupati nel nostro paese.
Tra le cause di questo esodo vi sono “le (scarse) opportunità occupazionali che l’Italia offre ai propri giovani. L’Italia registra il tasso di occupazione più basso d’Europa nella fascia 25-29 anni (54,6%, contro una media Ue del 75,0%). Il tasso di disoccupazione italiano (19,7%) è il terzo più alto dopo Grecia e Spagna, dieci punti oltre la media europea (9,2%)”, si legge nel Rapporto: nella stessa fascia d’età, anche il tasso di NEET (chi non studia e non lavora) è il più alto d’Europa: 30,9%, media Ue 17,1%. Inoltre, il livello d’istruzione dei giovani italiani è molto basso: tra i 25 e i 29 anni solo il 27,6% è laureato, quasi 12 punti in meno rispetto alla media europea.