Vangelo XXX Domenica del Tempo Ordinario | Vangelo (Lc 18,9-14)

20 Ottobre 2022 –  

Il primo ornamento della preghiera è l’umiltà: essere convinti della propria povertà, imperfezione, indegnità e ammettere di non bastare a se stessi.

Gesù continua la catechesi sulla preghiera e lo fa raccontando la parabola di un pubblicano che prega in contemporanea ad un devotissimo fariseo. Lo diciamo subito: ‘fariseo’ non è sinonimo di cattivo; e, infatti, anche secondo il racconto, egli è davvero un brav’uomo, un elemento validissimo per la società: non ruba, non è ingiusto, non commette adulterio, digiuna e paga la decima su tutto. Ma Gesù fa notare che, pur pregando, non viene ascoltato.

Qualcosa non torna. Viene da chiederci: cosa bisogna fare per essere ascoltati?

L’evangelista introduce la parabola dicendo che Gesù la rivolge ad “alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri”.

Ecco il punto: il problema è che il fariseo presume, vive di se stesso, della propria giustizia… e disprezza gli altri. Questo significa che, alla fine, critica Dio: mentre lui è stato fatto bene, gli altri sono stati fatti male e sono un problema. E dà origine all’eterna scalata dell’uomo sugli altri uomini (Caino e Abele); quella fatta con la perenne competizione che si nutre nel trovare sempre chi sta peggio. Insomma si finisce per ringraziare Dio perché gli altri fanno schifo!

Se questo ‘funziona’, per modo di dire, fra le cose degli uomini, non è assolutamente il modo di stare dinanzi a Dio. La denuncia di Gesù è fortissima: se un sistema religioso si basa sull’auto edificazione e sul disprezzo degli altri, non ha da dire nulla. Ha chiuso. ‘Game over’, si direbbe oggi.

Ci si illude di parlare con Dio, ma in fondo si parla di se stessi a se stessi. Questa non è nemmeno preghiera. L’intenzione del fariseo è quella di farla ma nella pratica lo sbrodolarsi da solo e il non chiedere nulla…, lo portano fuori dal seminato.

Si tratta di un atteggiamento molto diffuso fra coloro che si ritengono giusti e non bisognosi di nulla, i quali per mettere in evidenza le loro ‘giustezze’ sul vissuto e sulla fede, hanno bisogno di misurarsi sulle meschinità altrui. La verità, ci dice Gesù, è che siamo sempre dei principianti; è un illusione la speranza di diventare autonomi. Quella è la logica del serpente antico.

Il pubblicano sta meglio del fariseo perché ha bisogno di tutto e l’unica misura che ha è Dio. Mentre il fariseo si misura sul pubblicano, il pubblicano si misura su Dio. Sa che per la salvezza non basta se stesso ma Qualcuno che lo salvi. La sua preghiera sarà ascoltata da Gesù sulla croce. La preghiera vera, sgorga bene dalla nostra povertà. Una preghiera solo per mettere a posto la coscienza, non esiste e non ha nemmeno senso, ci dice Gesù!

Un atteggiamento che insegna che chi vive di perdono, potrà conoscere la pazienza e la misericordia di Dio; chi vive di certezze, sarà freddo anche all’amore. (P.Gaetano Saracino)

 

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