Il mondo in movimento: la mobilità attraverso la lente delle pensioni, vista da INPS e Fondazione Migrantes

5 Luglio 2022 – Roma – Il sole di metà mattina incendia la terrazza affacciata su piazza Colonna, ma, dietro le tende tirate, gli ospiti di palazzo Wedekind si godono il fresco della sala Angiolillo. I relatori intervengono uno dopo l’altro e disegnano due viaggi inversi, tra le volte dello storico palazzo romano: uno verso l’esterno, degli emigranti di ieri e di oggi, e uno in entrata, di chi giunge da Paesi diversi, ma anche di chi torna dopo una vita altrove. Al centro l’Italia, con la sua popolazione, attuale e futura, plasmata dall’intreccio di questi movimenti. L’occasione è il convegno organizzato il 4 luglio da INPS e Fondazione Migrantes, frutto della stimolante sinergia tra i due enti, della combinazione dei dati a loro disposizione e dell’adozione di una prospettiva, forse poco usuale e tuttavia utilissima, per guardare al fenomeno migratorio: la lente delle pensioni, che non mentono, ha detto Toni Ricciardi, storico delle migrazioni dell’università di Ginevra, e sembrano gli anelli del tronco di un albero, ha aggiunto Daniele Russo, dirigente della direzione pensioni INPS, perché raccontano la vita di chi le percepisce, anche attraverso la storia dei suoi spostamenti. Seguire i flussi delle prestazioni previdenziali e pensionistiche consente allora di seguire i movimenti dei singoli. Su grande scala, consente di ricostruire le tendenze della demografia e della mobilità di un Paese intero.

Il flusso su cui si sofferma l’ INPS è quello in uscita, delle pensioni pagate all’estero. È lo specchio di una popolazione italiana fuori dall’Italia – oltre 5 milioni e mezzo di persone, l’unica parte di popolazione che cresce, come ha ricordato la sociologa di Migrantes Delfina Licata – e di una mobilità verso l’esterno, prevalentemente diretta in Europa, meno in Nord e Sud America, poco ma sempre di più in Africa e Asia. Si tratta in misura molto ridotta di persone che emigrano dopo il pensionamento, qualche migliaio ogni anno, ha confermato Susanna Thomas della direzione centrale pensioni INPS. Queste pensioni raccontano piuttosto la storia dell’emigrazione italiana dello scorso secolo, combaciano con la geografia degli accordi bilaterali per lo scambio di lavoratori – che giustificano, ad esempio, la massima presenza di beneficiari in Germania e Svizzera – e si vanno esaurendo, mentre l’Italia cambia da luogo di partenze a meta di arrivi. Lo ha descritto il presidente dell’INPS Pasquale Tridico: crescono e cresceranno sempre più le pensioni pagate all’estero a non cittadini, a chi cioè, dopo aver trascorso la vita lavorativa in Italia, torna nel Paese d’origine (anche in questo caso, per lo più un Paese europeo). La mobilità in fuori è prevalentemente giovane – solo per il 20% costituita da anziani – e femminile: le donne trainano l’aumento degli italiani all’estero, emigrando con l’obiettivo di mettere a frutto le proprie competenze nel mondo del lavoro globale.

Il flusso inverso è in entrata. Mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, ha fatto subito chiarezza: l’immigrazione di chi cerca lavoro è diversa da quella di chi fugge da persecuzioni e violenza e tenerle distinte è importante non per discriminare – come si fa di solito – ma perché l’una e l’altra esigono risposte specifiche. Il bisogno di manodopera in Italia è una realtà: l’apporto di chi paga i contributi è un apporto alla costruzione del futuro, ha sottolineato Mons. Perego. Per questo, l’attuale combinazione di un decreto flussi all’anno – peraltro in quote molto limitate – e di sanatorie cicliche ma aleatorie risulta largamente insufficiente. Serve un intervento normativo che supplisca alle carenze della legge vigente sull’immigrazione (del 2002, detta Bossi-Fini) e che disegni un meccanismo strutturale di incontro tra domanda e offerta di lavoro al di là dei confini nazionali. La larga diffusione del lavoro irregolare, diretta conseguenza di queste mancanze, danneggia la ricchezza del Paese e la dignità delle persone. Anche il sistema pensionistico può aiutare a combatterlo: il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico ha spiegato come la certezza della pensione disincentiverebbe la preferenza per un salario più alto (perché svincolato dalla corresponsione dei contributi) nell’immediato. Anche su questo, serve più politica. L’ha chiesta Mons. Perego, ricordando come intervenire sull’accesso alla casa, al ricongiungimento familiare, al riconoscimento dei titoli, per esempio, favorirebbe un legame autentico tra l’Italia e i lavoratori migranti che vi si trovano: permetterebbe loro di esprimere le proprie capacità, la propria intera personalità, e rappresenterebbe un bene non solo per loro, ma per il Paese. Un Paese, a ben guardare, già in debito: secondo i dati del 2019 – rappresentativi dell’era pre-pandemia – i lavoratori non europei versano oltre 10,8 miliardi di contributi (su un totale di 163) e percepiscono appena 1,2 miliardi (su 300) di prestazioni pensionistiche e 3 miliardi (su quasi 27) di altre prestazioni previdenziali.

A palazzo Wedekind, nel centro di Roma, si è parlato soprattutto di Italia, ma il tema è in realtà europeo e globale. Vi hanno impattato temi mondiali, come la pandemia – durante la quale, ad esempio, l’Italia ha sostenuto economicamente il rimpatrio, l’istruzione a distanza, la formazione finalizzata alla riqualificazione professionale dei cittadini all’estero, come illustrato da Giovanni De Vita, vicedirettore della direzione generale italiani all’estero del Ministero degli esteri – e come la guerra – che ha spinto ad una solidarietà senza precedenti nei confronti dei profughi ucraini e ha forse rivitalizzato una cooperazione europea anche rispetto a richiedenti asilo di diversa provenienza, benché solo tra i più volenterosi e in misura ancora insufficiente. Il quadro emerso è di un Paese solcato da percorsi di vita che si incrociano: “partenze e ritorni”, come recitava il titolo del convegno, ma anche primi arrivi, che la politica ha il compito di rendere stabili e così arricchenti per i singoli migranti e insieme per la collettività. Più in generale, è il quadro di un mondo che brulica di movimento, vivificato da un’aspirazione alla mobilità che è bella quanto inarrestabile e il cui primo motore è il lavoro, desiderato quale mezzo di realizzazione della persona. Un movimento che si perpetua ma cambia: coglierne le tendenze – come lo scambio di competenze tra INPS e Fondazione Migrantes ha permesso di fare – significa prevedere il mondo che sarà. La sfida lanciata alla politica è di prepararsi a viverci, correggendo le brutte inclinazioni e promuovendo quelle positive, per fare dell’esperienza della migrazione, connaturata nell’esperienza umana, non una necessità, non un trauma, bensì l’occasione di crescita di uno e di tutti. (Livia Cefaloni)