Vangelo Migrante: VII Domenica del Tempo Ordinario (Vangelo Lc 6, 27-38)

17 Febbraio 2022 – Alla molteplicità dispersiva dei moralisti del tempo, Gesù oppone un altro ideale di vita: “amate i vostri nemici”. Una novità assoluta sia rispetto all’etica ebraica (l’amore è per i compatrioti) che alla morale filosofica greco-romana (basata sul principio di reciprocità).
Paradossale, iperbolico, esagerato?
Per comprenderlo, nel Vangelo odierno ci offre una chiave: “come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”. L’amore di cui parla Gesù, se da una parte sembra strano, dall’altra è proprio quello che desideriamo di più: che quando sbagliamo non ci sia uno che ce la faccia pagare … Noi speriamo sempre di trovare qualcuno che abbia pazienza con noi, che non ci giudichi, che ci comprenda, che ci dia un’altra possibilità, che non reagisca al nostro male con il male. Si tratta di quel padre che si spera di avere, quel coniuge che si spera di aver sposato, quell’amico che si spera di incontrare; che sia comprensiva quella persona con cui lavoro e generosa quella a cui chiedo aiuto. Tutte persone che abbiano questo cuore perché questo è proprio quello che il nostro cuore desidera: essere amati. Perché lo desidera? Perché è necessario per vivere!
Se Gesù, al contrario, avesse detto: “odiate i vostri nemici, vendicatevi, percuotete per difendervi, auspicate il male …”, avrebbe fatto torto non alla sua figura ma alla vita stessa.
Per portare avanti il nostro sistema di vita, che noi stessi definiamo evoluto e progredito, abbiamo elevato a rango di inderogabili un sistema di norme, spacciandole come necessarie anche solo per sopravvivere. Non se può fare a meno. Ma la domanda resta: si può passare tutta una vita in una continua difesa di se stessi e dei propri spazi; in una sfiancante rivendicazione di diritti e dignità; in un perpetuo calcolo tra il dare e l’avere? Il tutto, facendo finta di ignorare come una vita del genere ci abbia rinchiuso in recinti di intangibilità e solitudini, precari e per nulla realistici. Tanto è vero che servono sempre nuove ‘regole’.
Se la vita è tutta qui, come può crescere un bambino senza essere mai perdonato? Come possono amarsi due coniugi senza comprendersi ‘oltre il dovuto’? Come può tenersi in piedi un’alleanza o un’amicizia, senza un’intesa fatta anche di amore e di perdono?
L’ “amate, perdonate, fate del bene, pregate per chi vi tratta male” di cui parla Gesù è l’unica dimensione vera e reale nella relazione fra le persone. È essenziale perché nella vita tutti abbiamo bisogno di riceverlo.
Fare della sola giustizia e del senso del dovuto la colonna portante della vita, vuol dire avere un’idea di noi stessi che non corrisponde alla realtà. Illudersi è fuorviante. La vera iperbole non è l’amore, ma una giustizia ricercata con accanimento. Già i romani, maestri del diritto, se ne erano accorti: spesso la nostra giustizia può diventare la più grande ingiustizia “summum ius, summa iniuria”.
È necessaria la giustizia ma l’amore è per definizione ‘oltre il dovuto’. ‘Amare’ è quello che Gesù ha fatto e ci ha dato: non rispondendo simmetricamente al male ricevuto ma amando al di là di tutto e oltre tutto.
E tutto parte proprio da quell’amore e da quella pazienza nei nostri confronti.
Lasciarsi illuminare da quella luce oggi significa essere accolti e trovare qualcuno da accogliere. (p. Gaetano Saracino)

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