Vangelo Migrante: VI Domenica del Tempo Ordinario (Vangelo Lc 6, 17. 20-26)

10 Febbraio 2022 – Ce ne saremo accorti: Gesù non è un professore di etica o uno che sviluppa trattati di morale. La sua predicazione è una denuncia profetica, seppur desunta da situazioni di vita correnti, con parole semplici, frasi corte e forti contrasti. Come nelle Beatitudini.

È noto che tutto quello che Gesù ha detto, non lo ha detto solo una volta e in un solo contesto. Come per le Beatitudini. Questo spiega, ad esempio, perché si differenziano quelle del Vangelo di Luca e di Matteo. In Matteo sono otto e sono proclamate in montagna, solo ai discepoli; in Luca sono quattro e sono proclamate in un luogo pianeggiante, all’ingresso di Cafarnao, in mezzo ‘ad una gran moltitudine di gente’, dice il Vangelo di questa domenica.

Beati i poveri, quelli che ora hanno fame, quelli ora che piangono e quelli che vivono nell’ esclusione e nel disprezzo; ma guai a coloro che sono ricchi, a quelli che ora sono sazi, ora ridono e sono appagati.

Il dato toponomastico, ma soprattutto quello temporale, “ora”, spiegano la prospettiva che l’evangelista coglie nelle parole di Gesù, proclamate in quella circostanza: chi dà retta a Gesù e alle sue parole? chi è povero, chi ha fame, chi sta piangendo… Chi ha tutto il resto, non lo sta a sentire: la felicità di Cristo non è disponibile per i ricchi, chi ha la pancia piena, i divertiti e gli appagati. Lo dice anche il Salmo: “l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono” (salmo 48).

Gesù non ce l’ha con le ricchezze, le cose che saziano o che divertono, e non invoca le persecuzioni; Gesù condanna quello che queste cose producono: vanità (false sicurezze), orgoglio, divinizzazione (delle cose e delle persone), chiusure (non accoglienza e mancanza di solidarietà), oppressioni (magari in nome di Dio).

Gesù ci sveglia e ci rimanda alla parte povera e incompleta della nostra esistenza perché quella miseria è la porta di ingresso del Salvatore, lo squarcio attraverso il quale il Signore può entrare. Le nostre miserie sono lo spazio di Dio nella nostra vita.

Quando ci si illude di poterne fare a meno o di rimediare diversamente non siamo nella verità perché la forza di cui noi siamo capaci è ‘a tempo’ ed è ‘per le piccole cose’.  È una battaglia (persa?) parlare alle persone ‘vincenti’ e convinte della propria forza.

Il libro dei Proverbi ricorda che prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta l’arroganza. Al contrario: prima della salvezza c’è l’umiltà, le nostre lacrime e il nostro senso di povertà.

Benvenuta la salvezza, se le facciamo posto! (p. Gaetano Saracino)

 

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