24 Gennaio 2022 – San Ferdinando – A che punto siamo con l’assistenza dei lavoratori migranti nelle tendopoli della Piana di Gioia Tauro? La domanda è d’obbligo, dopo anni di discussioni. Ma non c’è da aspettarsi grandi risposte. Infatti, gli insediamenti di migranti sparsi nella zona industriale e nelle campagne della Piana di Gioia Tauro continuano ad essere visti come un problema d’emergenza, invece di sollecitare soluzioni strutturali e di lungo periodo. Per uscire dalla fase d’urgenza non basta la mera assistenza caritativa, come quella dell’erogazione di fondi per organizzare la mobilità sul territorio o per persuadere i migranti a lasciare le baraccopoli. La questione deve essere affrontata nella globale complessità delle sue dinamiche. La storia di queste installazioni risale soprattutto ai fatti di Rosarno, nel 2010, quando i lavoratori stanziali vennero “trasferiti” dai centri abitati alle tensostrutture provvisorie, dando vita a “ghetti di periferie esistenziali”.
E così, negli ultimi anni, il nome di San Ferdinando è associato alla tendopoli, che è diventata il simbolo di quelle piaghe che suscitano ribrezzo e dolore solo in occasione di tragedie sfiorate o avvenute, quasi sempre causate da incendi nelle baracche fatte di legno, lamiere e altri materiali di fortuna, che hanno sostituito le tende progressivamente smantellate, a partire da agosto 2020. Non c’è da sorprendersi se divampavano roghi causati dai fuochi che i migranti accendono per scaldarsi o dai cortocircuiti provocati dal sovraccarico dell’impianto elettrico che rifornisce la baraccopoli. Del resto, tutta l’area è abbandonata al degrado, da sempre carente di servizi e igiene, con montagne di immondizia che quasi formano il perimetro dell’insediamento!
Chi si occupa di gestire questa realtà deve continuamente fare i conti con l’avvicendarsi di nuove presenze, che quasi sempre provocano tensioni e conflitti, in un territorio che da una parte inutilmente denuncia l’isolamento e l’abbandono delle istituzioni, dall’altra non sa offrire soluzioni civili a fenomeni di questo tipo perché patisce la presenza capillare delle organizzazioni mafiose.
I residenti, per quanto possono, si danno da fare per rendere meno disumana la precaria convivenza in quell’area, anche grazie alla disponibilità di alcuni Progetti, a qualche intervento delle amministrazioni locali, al sostegno di associazioni ed enti privati. Anche la Chiesa fa la sua parte, specialmente guardando con favore e sostenendo tutte le iniziative che mirano ad affrontare la crisi del comparto agricolo e a contrastare la piaga del caporalato.
La creazione di “foresterie stagionali”, con dignitosi moduli abitativi, potrebbe almeno costituire il primo passo verso l’agognata inclusione sociale. Poi, l’abolizione delle lungaggini legislativo-burocratiche, il controllo delle forze dell’ordine per impedire lo sfruttamento dei lavoratori e la vigilanza contro la violenza e le sopraffazioni mafiose permetterebbero ai migranti stanziali di uscire dal “limbo” dell’irregolarità.
Proprio per trattare questi temi, nel Palazzo del Governo, a Reggio Calabria, l’undici gennaio scorso ho partecipato all’ultimo Consiglio Territoriale sull’Immigrazione, che si è occupato soprattutto delle aree di insediamento di San Ferdinando, Rosarno e Taurianova. Poi, il 24 gennaio, si è concretizzata l’urgenza di esprimere la presenza attiva degli organismi ecclesiali e sostenere l’importante opera della Chiesa diocesana in quell’area: guidata dal vescovo Giuseppe Schillaci, incaricato della pastorale Migrantes nella Conferenza episcopale calabra, una delegazione si è recata nella tendopoli di San Ferdinando per esprimere solidarietà a chi vive in quell’area.
Oltre al vescovo Francesco Milito, ordinario della diocesi di Oppido-Palmi, vi erano alcuni direttori Caritas e Migrantes, regionali e diocesani, che hanno lanciato un appello alle istituzioni, alle imprese e alla comunità civile e religiosa con il seguente comunicato stampa: “Dopo l’ennesimo incendio che nella notte di San Silvestro ha avvolto nelle fiamme la tendopoli di San Ferdinando, con la distruzione di una ventina di baracche che per fortuna non ha causato nessun ferito o morto, è sempre più urgente programmare un intervento che miri al superamento di questa realtà con l’obiettivo di ridare dignità alle persone che ormai da tempo vivono in una condizione di marginalità inaccettabile.
Come Delegazione Caritas e Commissione Migrantes della Calabria, guidati da Mons. Schillaci – vescovo incaricato CEC Caritas/Migrantes e da Mons. Milito – vescovo di Oppido-Palmi, siamo presenti oggi, presso la tendopoli/baraccopoli di San Ferdinando, per ribadire la nostra solidarietà ai tanti lavoratori migranti presenti ed alle tante realtà di base, ecclesiali e non, che sono impegnate per una risoluzione definitiva per il superamento dell’ormai storica situazione del ghetto infernale.
Vogliamo fare un appello alle istituzioni nazionali, regionali e locali perché intervengano con un provvedimento deciso e definitivo che garantisca dignità nell’accoglienza delle persone e che non sia più l’ennesima struttura emergenziale che diventa poi soluzione definitiva.
Crediamo che sia opportuno andare verso l’individuazione di soluzioni abitative sicure e adeguate diffuse nel territorio attraverso anche una organizzazione dei trasporti che faciliti gli spostamenti nell’intera area.
Facciamo appello inoltre alle imprese sane della Piana e di tutta la Regione perché garantiscano condizioni dignitose e redditualmente accettabili ai migranti per consentire loro il reperimento con maggiore facilità sul mercato privato di immobili in locazione.
In ultimo, ci appelliamo all’intera comunità religiosa e civile, perché superi il pregiudizio e la diffidenza e con slancio generoso, per come sanno fare i calabresi, metta in campo iniziative di ospitalità diffusa per garantire una dignità ai lavoratori migranti impegnati nella Piana di Gioia Tauro e nelle altre realtà di lavoro agricolo della regione”. (p. Gabriele Bentoglio, direttore Migrantes Reggio Calabria-Bova)