Mons. Perego: rilanciare concretamente la solidarietà tra gli stati per affrontare e non più sottrarsi alla sfida delle migrazioni forzate

14 Dicembre 2021 – Roma – In Europa, nella ‘casa comune’ occorre “riuscire veramente a rilanciare concretamente la solidarietà tra gli stati per affrontare e non più sottrarsi alla sfida delle migrazioni forzate, smettendola di pensare che lasciare fuori le persone che si dovrebbero proteggere e scaricare l’accoglienza sui paesi con meno risorse e meno diritti possa essere la soluzione”. Lo ha detto questa mattina mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes concludendo il Report 2021 “Il Diritto d’Asilo” della Fondazione Migrantes.

Per “alleggerire il carico di sofferenza, che comunque non è certo l’Europa – ha detto mons. Perego – ma il resto del mondo più povero al momento a portare (l’85% delle persone in fuga è accolto da pesi non occidentali), servono politiche realistiche che aprano canali di migrazione legale, per togliere finalmente terreno ai trafficanti e riuscire a far diminuire il numero dei morti sia nel mare che via terra. Queste politiche d’ingresso legale ci aiuterebbero a chiudere finalmente i campi di prigionia in Libia e i campi di contenimento lontano dagli occhi e lontani dal cuore che abbiamo ai confini europei. Oltre a canali di immigrazione legale per ricerca lavoro, studio e di tutela per tutti i minori non accompagnati, che ancora troppi numerosi si trovano nei campi ai confini dell’Europa lasciati ancora senza prospettive e senza futuro, dovremmo alimentare i canali di ricollocamento dai campi profughi e dalle situazioni di tensione verso l’Europa (1.400.000 le richieste poco più di 20.000 gli arrivi in tutta Europa). I canali umanitari, che in 5 anni hanno portato circa 4.000 persone in tutta Europa e poco più di 3.000 in Italia, sono un segno importante ma non sufficiente e talora rischiano di risultare un alibi a di fronte alle nostre responsabilità politiche”. Per mons. Perego per l’Italia occorre “superare l’idea e l’immagine di essere sempre in emergenza – una sorta di ‘sindrome’ dell’emergenza che caratterizza le politiche migratorie – sia rispetto ai numeri gestibili che abbiamo in accoglienza che rispetto al numero degli arrivi e cominciare a credere davvero e non solo a parole all’accoglienza diffusa superando finalmente i CAS e le limitazioni che si nascondono dietro la preoccupazione della sicurezza. C’è una rete di Comuni, di associazioni, di famiglie che ormai è in grado di accogliere, tutelare, promuovere e integrare, di dare una nuova famiglia, una nuova scuola, un nuovo lavoro una nuova città a migliaia di persone che hanno diritto alla protezione internazionale nel nostro Paese, seguendo la Costituzione. E’ arrivato il momento, anche per valorizzare una risorsa umana presente tra noi, di offrire sempre più spazio in tutti i luoghi di pensiero ed elaborazione delle politiche non solo all’ accoglienza ma all’ integrazione dei rifugiati che nel nostro Paese non solo sono arrivati, ma si sono già formati e sono membri attivi della società civile: il Papa ha parlato a Lesbo di superare “le ghettizzazioni” e di favorire “l’indispensabile integrazione”. E questo chiede attenzione ai passaggi dalla minore alla maggiore età, alla casa, alla scuola, al servizio civile, alla valorizzazione dei titoli, all’ingresso nel mondo del lavoro, ai ricongiungimenti familiari, alla cittadinanza: il Paese cresce anche con i rifugiati”. Il presidente Migrantes, richiamando la presenza e la collaborazione nella redazione del Rapporto sul Diritto d’asilo di quest’anno dell’UNIRE (Unione Italia rifugiati ed Esuli), vuole “dimostrare come i rifugiati nel nostro Paese siano una risorsa e come desideriamo camminare insieme, come Chiesa e come società, con uomini e donne tra noi”.

 

 

 

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