Rapporto Immigrazione: gli effetti economici e sociali della pandemia sulla popolazione straniera

14 Ottobre 2021 – Roma – I cittadini stranieri sono tra i gruppi sociali più esposti alla povertà, non solo economica ma anche educativa, relazionale e sanitaria. In tal senso – spiegano Caritas Italiana e Fondazione Migrantes nel Rapporto Immigrazione presentato questa mattina –  i dati della statistica ufficiale parlano chiaro: se negli anni di pre-pandemia la povertà assoluta nelle famiglie di soli stranieri si attestava al 24,4% (quasi un nucleo su quattro, secondo i parametri Istat, non arrivava a un livello di vita dignitoso), in tempi di Covid-19 il tutto è stato inevitabilmente esacerbato; oggi risulta povera in termini assoluti più di una famiglia su quattro (il 26,7%), a fronte di un’incidenza del 6% registrata tra le famiglie di soli italiani. Nel corso di un anno, l’incidenza è salita del +2,3%, portando il numero di famiglie straniere povere a 568 mila. Nonostante le difficoltà, tuttavia, i centri di ascolto e i servizi che hanno lavorato con regolarità anche durante il lockdown sono stati un numero superiore a quelli del 2019, pari a 2.663 (il 69% del totale), dislocati in 193 diocesi. Le schede individuali sono state complessivamente 211.233 (erano 191.647 nel 2019). Tra le persone aiutate i cittadini stranieri rappresentano il 52%, in valore assoluto pari a 106.416 individui. Le regioni che registrano le più alte percentuali di assistiti stranieri sono quelle dove si collocano le aree metropolitane, in particolare Toscana, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio e Lombardia. In termini di cittadinanza, prevalgono le persone provenienti dal Marocco (18,5%) e dalla Romania (9,1%). In linea con gli anni precedenti, anche nel 2020 cala ulteriormente il peso dei cittadini europei, a fronte di un incremento di persone provenienti dall’Africa e dall’America Latina (in particolare dal Perù). A chiedere aiuto sono stati sia uomini che donne, pari rispettivamente al 50,7% e al 49,3%. L’età media degli assistiti si attesta a 40 anni per gli uomini e a 42 per le donne (tra gli italiani la media è invece di 52 anni). Alta risulta la quota di famiglie: tra gli immigrati sostenuti il 60,7% è infatti coniugato, per lo più con un partner convivente; il 74,1% dichiara di avere figli e il 52,5% di avere figli minori (tra gli italiani le percentuali risultano molto più basse). Alla base delle tante fragilità intercettate può annoverarsi senza dubbio il tema lavoro, condizionato negativamente dalla crisi sanitaria e dalle misure di restrizioni anti-contagio. Tra gli immigrati incontrati, dunque, è alta la quota di disoccupati (45,2% a fronte del 36,7% degli italiani), ma anche molto elevata è l’incidenza degli occupati (30,9% contro il 19,2% dei cittadini italiani). Questi dati sembrano dunque palesare da un lato le difficoltà dei cittadini stranieri a trovare un impiego, ma al tempo stesso le criticità connesse alla loro occupazione, spesso precaria, sotto-retribuita e irregolare, non sempre in grado di preservare dal rischio povertà. Spiccano i casi di povertà economica, sperimentati dal 79% dell’utenza straniera. Seguono i problemi connessi al lavoro. La terza forte criticità è rappresentata dalla questione abitativa, che risulta molto più accentuata tra gli stranieri rispetto agli italiani (23% a fronte del 15%). Tra gli stranieri pesano, poi, come prevedibile i bisogni collegati alla condizione di migrante: fragilità legate ad aspetti amministrativi o burocratici (32,3%), all’irregolarità giuridica (22%), allo status di richiedente asilo (15%) e di rifugiato (10%). Non irrisoria anche la percentuale di coloro che hanno problematiche connesse all’istruzione, quindi per lo più problemi linguistici (80%) e di analfabetismo (9%) o problemi di salute. Le Chiese locali si sono mobilitate per istituire fondi diocesani di solidarietà a supporto delle famiglie o a sostegno dei tanti piccoli commercianti e lavoratori autonomi in difficoltà.

Temi: