La Domenica del Papa

27 Settembre 2021 – Città del Vaticano – Quattro verbi nelle parole di Papa Francesco all’Angelus, domenica in cui si celebra la Giornata del migrante e del rifugiato: chiudere, dividere, escludere e giudicare. Marco, nel suo Vangelo, ci fa riflettere sul significato di essere discepoli di Gesù, di essere cioè parte di una comunità nella quale riconoscersi e camminare assieme; cammino di crescita e maturazione, senza chiusure “Verso un noi sempre più grande”, tema della Giornata.

Tempo complesso in cui i segni sono troppi e spesso confusi, un mondo povero di certezze stabili e di conseguenza forte è la difficoltà di prendere decisioni che vadano nella giusta direzione. Il rischio è quello di chiudersi a riccio di fronte alle novità e alle paure. Le letture di questa domenica ci offrono dei criteri guida: Giacomo, nella sua lettera, pronuncia una dura critica verso coloro che abusano del potere e dei soldi per opprimere i poveri e gli ultimi. Non è la prima volta che Francesco chiede maggiore attenzione per coloro che sono esclusi, scartati, in una società dove sempre più ampia è la forbice delle diseguaglianze. Così nel brano dei Numeri, e nel Vangelo, ci viene chiesto di non essere mai invidiosi della generosità divina, mai considerare il dono di Dio un privilegio esclusivo.

I discepoli impediscono a un uomo di scacciare i demoni solo perché non fa parte del loro gruppo; come dire, hanno paura della ‘concorrenza’. Ma il Signore li invita non ostacolare chi si adopera per il bene “perché concorre a realizzare il progetto di Dio”, spiega papa Francesco, che aggiunge: “invece di dividere le persone in buone e cattive, tutti siamo chiamati a vigilare sul nostro cuore, perché non ci succeda di soccombere al male e di dare scandalo agli altri”. I discepoli, commenta, “pensano di avere l’esclusiva su Gesù”, si sentono “prediletti e considerano gli altri come estranei”.

Ogni chiusura esclude l’altro, “chi non la pensa come noi”, e questo “è la radice di tanti mali della storia: dell’assolutismo che spesso ha generato dittature e di tante violenze nei confronti di chi è diverso”. Anche nella Chiesa c’è il rischio – opera del diavolo, del divisore – di creare gruppi che credono di detenere la verità, e così “invece di essere comunità umili e aperte, possiamo dare l’impressione di fare ‘i primi della classe’ e tenere gli altri a distanza”. Francesco dice ‘no’ alla “patente di credenti”, invece che “cercare di camminare con tutti”. No a una appartenenza che escluda l’altro: “questo è un peccato. Esibire la ‘patente di credenti’ per giudicare ed escludere”. No a comunità cristiane “luoghi di separazione e non di comunione. Lo Spirito Santo non vuole chiusure; vuole apertura, comunità accoglienti dove ci sia posto per tutti”. Attenti a giudicare tutto e tutti, “il rischio è quello di essere inflessibili verso gli altri e indulgenti verso di noi”. Francesco chiede così a Dio che ci “preservi dalla mentalità del ‘nido’, quella di custodirci gelosamente nel piccolo gruppo di chi si ritiene buono: il prete con i suoi fedelissimi, gli operatori pastorali chiusi tra di loro perché nessuno si infiltri, i movimenti e le associazioni nel proprio carisma particolare”. Le difficoltà, i problemi nascono proprio nel momento in cui ci lasciamo vincere dalla paura dell’altro, delle diversità, delle differenze; quando, convinti di essere nella verità, allontaniamo il nostro prossimo; quando ci poniamo su un piedistallo perché convinti di essere superiori.

Dopo la recita della preghiera mariana dell’Angelus, Francesco rivolge la sua attenzione alla Giornata del migrante e del rifugiato, occasione per aggiungere un quinto verbo: accogliere. È appena il caso di ricordare che il primo viaggio da Papa, poco dopo la sua elezione, è stato nell’isola di Lampedusa, luogo simbolo della “globalizzazione dell’indifferenza”. Così chiede di “camminare insieme, senza pregiudizi e senza paure, ponendosi accanto a chi è più vulnerabile: migranti, rifugiati, sfollati, vittime della tratta e abbandonati. Siamo chiamati a costruire un mondo sempre più inclusivo, che non escluda nessuno”. Poi l’invito a avvicinarsi al monumento, sul lato sinistro del colonnato, la barca con i migranti, soffermandosi sullo sguardo di quelle persone, “e a cogliere in quello sguardo la speranza che oggi ha ogni migrante di ricominciare a vivere”. (Fabio Zavattaro – Sir)

 

 

Temi: