Don Riboldi: la veglia di rom e sinti e domani i funerali

10 Giugno 2021 – Roma – Da ieri sera la salma di don Mario Riboldi si trova nella sua città natia, Biassono. La camera ardente è stata allestita nella chiesa parrocchiale di San Martino, dove stasera alle 21 si reciterà il Rosario e domani alle 11 verrà celebrato il funerale. Fino a domattina la bara rimarrà aperta per permettere ai rom e ai sinti di vegliarlo, come ricorda uno dei suoi più stretti collaboratori, don Marco Frediani, responsabile della pastorale dei rom e sinti della diocesi di Milano. Don Frediani è succeduto in questo incarico proprio a don Riboldi che lo ha ricoperto dal 1971 al 2018.

Una “figura centrale” nel cammino post conciliare della pastorale dei rom e dei sinti don Riboldi, come lo ricorda la Fondazione Migrantes. Collaboratore del card. Giovanni Battista Montini a Milano il sacerdote è stato – dice l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Presidente della Fondazione Migrantes, mons. Gian Carlo Perego – insieme al sacerdote romano don Bruno Nicolini, il “protagonista” dell’incontro di Papa Paolo VI, oggi santo, a Pomezia il 26 settembre 1965, con i rom e i sinti.

Le parole di Papa Montini “Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore” sono stati per don Riboldi “il programma di una vita pastorale che – ha detto ancora mons. Perego – lo ha visto camminare lungo tutte le strade d’Italia e d’Europa per incontrare le famiglie e le comunità rom e sinti. Il suo impegno e la sua intelligenza pastorale rimangono nella Chiesa italiana un tesoro da custodire e a cui fare riferimento”.

Un messaggio di cordoglio è arrivato anche dal direttore generale della Fondazione Migrantes, don Gianni De Robertis che ricorda “il tanto bene che ha fatto e l’eredità che ci lascia don Riboldi”.

“Non ha mai voluto apparire, è sempre stato povero tra i poveri, vivendo anche lui in roulotte – ricorda don Frediani -. Ancor prima che arrivasse papa Francesco a parlare della ‘Chiesa in uscita’, don Mario aveva già intuito che non si fa evangelizzazione da ricchi, ma solo prendendo bisaccia e sandali. Era un uomo di preghiera, nel profondo. Ovunque fossimo, in un campo nomadi, in carcere, in viaggio, cascasse il mondo ci si fermava per pregare negli orari canonici”. (R. Iaria)

 

 

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