L’amore della Trinità

31 Maggio 2021 – Città del Vaticano – Nella Deus caritas est Benedetto XVI scrive che l’amore deve essere comunicato agli altri perché Dio ci ricolma del suo amore, “messaggio di grande attualità e di significato molto concreto” in un mondo in cui “al nome di Dio a volte viene collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza”. Amore, dunque, che sarà sempre necessario: “non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo”.

Con la loro condotta i cristiani dovrebbero mostrare quell’amore che è la realtà di Dio, l’essenza della Santa Trinità, “il mistero di un unico Dio. E questo Dio è il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Tre persone, ma Dio è uno. Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito è Dio. Ma non sono tre dei: è un solo Dio in tre Persone”. Francesco torna ad affacciarsi su piazza San Pietro per la recita della preghiera mariana, e, nel discorso che pronuncia, ricorda la Santissima Trinità, una festa che siamo chiamati a vivere non gli uni senza gli altri, sopra o contro gli altri, ma con gli altri, per gli altri e negli altri.

Difficile capire il mistero della Trinità, di un Dio che si fa uomo per amore. Difficile anche per i Padri della Chiesa, teologi e esegeti, che nel corso della storia hanno impegnato tanto tempo nella riflessione, nella preghiera, e hanno versato fiumi di inchiostro per cercare di spiegare un Dio che è comunione di tre persone, legate l’una all’altra da essere una sola.

Ma proprio qui c’è la chiave per capire questo mistero: Deus caritas est, Dio è amore e per questo “pur essendo uno e unico, non è solitudine ma comunione, fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Perché l’amore – afferma papa Francesco – è essenzialmente dono di sé, e nella sua realtà originaria e infinita è Padre che si dona generando il Figlio, il quale si dona a sua volta al Padre e il loro reciproco amore è lo Spirito Santo, vincolo della loro unità”. Mistero che ci è stato svelato da Gesù stesso, che ci “ha fatto conoscere il volto di Dio come Padre misericordioso; ha presentato sé stesso, vero uomo, come Figlio di Dio e verbo del Padre, salvatore che dà la sua vita per noi; e ha parlato dello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio, Spirito di verità”.

Nel secondo capitolo della Genesi leggiamo: “non è bene che l’uomo sia solo”. L’uomo non è stato creato a immagine di un Dio solitario, ma di un Dio amore. Cristo con la sua presenza in mezzo a noi porta a compimento quanto leggiamo nell’Antico Testamento – è la prima lettura domenicale tratta dal Deuteronomio – e cioè di un Dio che parla dal fuoco, che sceglie “una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie”. E ci dice che sin dall’inizio ha messo la tenda in mezzo a noi, liberandoci dalle schiavitù che ci opprimono. In un tempo sospeso, come quello che stiamo vivendo, in cui lo stare assieme è esercizio non sempre possibile, in cui spesso esaltiamo le nostre individualità, e innalziamo muri e frontiere, Dio ci dice, nelle tre persone, che siamo chiamati a essere comunità, famiglia. Così Gesù, che si lascia avvicinare da coloro che erano considerati peccatori, anzi mangia con loro condividendo qualcosa che era determinante e sacro per gli ebrei: la tavola. Mangiare insieme significava celebrare comunione con Dio, vivere una amicizia e spezzando assieme il pane si fa dell’altro un compagno: cum panis.

La festa di ieri, dunque, ci fa contemplare questo meraviglioso mistero di amore e di luce da cui proveniamo e verso il quale è orientato il nostro cammino terreno. Dice Francesco: “nell’annuncio del Vangelo e in ogni forma della missione cristiana, non si può prescindere da questa unità alla quale chiama Gesù”. Unità essenziale “non è un atteggiamento, un modo di dire”; essenziale “perché è l’unità che nasce dall’amore, dalla misericordia di Dio, dalla giustificazione di Gesù Cristo e dalla presenza dello Spirito Santo nei nostri cuori”.

Infine, l’Angelus è anche occasione, per il Papa, di annunciare che il primo luglio ci sarà, in Vaticano, un incontro “con i principali responsabili delle comunità cristiane presenti in Libano, per una giornata di riflessione sulla preoccupante situazione del Paese e per pregare insieme per il dono della pace e della stabilità”. (Fabio Zavattaro – Sir)

 

 

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