Sacerdoti, nel segno di Cristo

26 Aprile 2021 – Città del Vaticano –  “È il momento della vergogna”. Prega Papa Francesco per i 130 migranti morti in mare, che “per due giorni interi hanno pregato invano aiuto”; prega anche per quanti possono aiutare “ma preferiscono guardare da un’altra parte”. È un Regina caeli segnato dal dolore per queste vittime, che non vedranno mai le coste cercate e il futuro diverso; vittime di cui nessuno si è preso cura. Prega anche per gli 82 morti dell’ospedale covid a Baghdad. Gesù “conosce e ama” ognuno di noi, dice prima della recita della preghiera che in questo tempo di Pasqua, fino a Pentecoste, sostituisce l’Angelus; Gesù “ci conosce ad uno ad uno, non siamo degli anonimi per Lui, e il nostro nome gli è noto”.

È la domenica in cui la Chiesa fa memoria del Buon Pastore. Ossia di colui che raccoglie e guida le pecore fino ad offrire la sua stessa vita. Domenica nella quale Francesco ordina nove sacerdoti in una basilica che torna ai tempi precedenti la pandemia: celebra all’altare della confessione e fedeli, tutti con la mascherina compresi gli ordinandi, occupano la navata centrale, nel rispetto delle norme anti Covid.

Ai suoi preti, quando era arcivescovo di Buenos Aires, raccomandava misericordia, coraggio, porte aperte, e non si stancava di puntare il dito contro quella che chiamava e chiama “mondanizzazione spirituale”. Il buon pastore, diceva, è colui che sta in mezzo alla gente, “nelle periferie dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni”. C’è un “rifiuto di Dio da parte del mondo”, diceva Benedetto XVI celebrando la festa del Buon Pastore il 3 maggio 2009. E questo perché da un lato “non conosce Dio” e, dall’altro, “non vuole conoscerlo. Il mondo non vuole conoscere Dio e ascoltare i suoi ministri, perché questo lo metterebbe in crisi”.

Il Buon Pastore, Gesù, è il “pastore vero”, dice papa Francesco, “ci difende sempre, ci salva in tante situazioni difficili, situazioni pericolose, mediante la luce della sua parola e la forza della sua presenza, che noi sperimentiamo sempre e, se vogliamo ascoltare, tutti i giorni”. Ci conosce, non siamo “massa” o “moltitudine”; “siamo persone uniche, ciascuno con la propria storia […] ciascuno con il proprio valore”. Conosce, Gesù “i nostri pregi e i nostri difetti, ed è sempre pronto a prendersi cura di noi, per sanare le piaghe dei nostri errori con l’abbondanza della sua misericordia”.

Ai nuovi sacerdoti ha detto che l’ordinazione non è un passo verso la “carriera ecclesiastica”, ma è “un servizio, come quello che ha fatto Dio al suo popolo”; e che ha uno stile fatto di “vicinanza, compassione, tenerezza”. Vicinanza con Dio nella preghiera: “se uno non prega lo spirito si spegne”. Vicinanza con il vescovo, segno di unità, “anche nei momenti difficili”. Quindi vicinanza tra sacerdoti. Ma la più importante, per Francesco, è “la vicinanza al santo popolo di Dio”. Ricorda loro: “siete stati eletti, presi dal popolo. Non dimenticatevi da dove siete venuti: della vostra famiglia, del vostro popolo. Non perdete il fiuto del popolo di Dio”.

Infine, ha detto loro di allontanarsi “dalla vanità, dall’orgoglio dei soldi. Il diavolo entra dalle tasche. Siate poveri, come povero è il santo popolo fedele di Dio. Poveri che amano i poveri”. Ha raccomandato loro di non essere “arrampicatori”. La “carriera ecclesiastica: poi diventi funzionario, e quando un sacerdote inizia a fare l’imprenditore, sia della parrocchia sia del collegio…, sia dove sia, perde quella vicinanza al popolo, perde quella povertà che lo rende simile a Cristo povero e crocifisso, e diventa l’imprenditore, il sacerdote imprenditore e non il servitore”.

Ancora, li ha esortati a essere “sacerdoti di popolo, non chierici di Stato”, ma “pastori del santo popolo fedele di Dio. Pastori che vanno con il popolo di Dio: a volte davanti al gregge, a volte in mezzo o dietro, ma sempre lì, con il popolo di Dio”.

Finita la celebrazione in basilica, c’è stato anche il tempo di un incontro segnato da un gesto di umiltà: papa Francesco si è chinato per baciare le mani a ognuno dei nove nuovi preti, chiedendo a uno di loro di benedirlo. (Fabio Zavattaro – Sir)

 

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