Centro Astalli: l’accoglienza dei rifugiati: i tempi si allungano le risposte si fanno più complesse

20 Aprile 2021 – Roma – Accompagnare i migranti forzati in un contesto di per sé già non facile e aggravato dalla pandemia ha rappresentato una sfida che nel 2020 si è fatta più complessa. A partire dal permesso di soggiorno, molte delle persone che abbiamo incontrato ci hanno manifestato la difficoltà di ottenerlo o rinnovarlo (per mancanza di requisiti tra i quali spicca l’iscrizione anagrafica). L’abolizione della protezione umanitaria (che veniva riconosciuta a molti richiedenti con vulnerabilità sanitarie o sociali), si aggiunge a criticità e difficoltà pregresse. Più in generale – sottolinea oggi il Centro Astalli presentando il Rapporto 2021 – il moltiplicarsi di ostacoli burocratici, uniti alla situazione di emergenza ingenerata dalla pandemia con molti uffici chiusi al pubblico, il rallentamento dell’attività delle commissioni territoriali e delle procedure di ricorso, la digitalizzazione di molti servizi, hanno finito per escludere un numero crescente di migranti dall’accoglienza e dai servizi territoriali aumentandone incertezza e disorientamento. Quanto all’accoglienza le realtà della Rete territoriale nel 2020 hanno dato ospitalità complessivamente a 882 persone (soprattutto in convenzione Siproimi/SAI), secondo un modello di intervento che mette al centro la promozione della persona e che costruisce integrazione da subito. Il nuovo decreto immigrazione convertito in legge a dicembre 2020 pur allontanando la logica di un sistema di accoglienza pubblico che rimanda le opportunità di inclusione a una “seconda fase” accessibile a pochi rimane ancora largamente insoddisfacente per numeri di posti messi a disposizione sul territorio nazionale e di Comuni che aderiscono alla rete di accoglienza del Ministero dell’Interno. Le conseguenze dei decreti sicurezza sono ancora ben visibili. Il 36% delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio del Centro Astalli Palermo non risultava iscritta al Servizio Sanitario Nazionale: nella maggior parte dei casi si tratta di migranti che vivono in Italia da tempo, ma che per difficoltà relative alla residenza o al titolo di soggiorno non sono riusciti ad accedere o hanno perso l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica. In tale contesto diventa più difficile motivare le persone a investire tempo in percorsi di integrazione: molte hanno fretta di trovare un’occupazione qualsiasi (anche in nero o sottopagata), per non rischiare di perdere il permesso di soggiorno. Questa situazione andrà rapidamente a scapito della qualità del loro futuro in Italia e priverà la società italiana del contributo che persone giovani e motivate potrebbero dare alla società.

 

Temi: