I bambini, primavera della vita

30 Marzo 2021 – L’accoglienza, l’amore, la stima, il servizio molteplice ed unitario – materiale, affettivo, educativo, spirituale – per ogni bambino che viene in questo mondo dovranno costituire sempre una nota distintiva irrinunciabile dei cristiani, in particolare delle famiglie cristiane: così i bambini, mentre potranno crescere «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52), porteranno il loro prezioso contributo all’edificazione della comunità familiare e alla stessa santificazione dei genitori. (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n.26, 22 novembre 1981)

«Lasciate che i bambini vengano a me… perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio». È ancorandosi a queste così perentorie parole di Gesù che Papa Giovanni Paolo II sviluppa il suo discorso sui diritti del bambino e sulla specialissima dignità personale che dobbiamo riconoscere ad ogni nostro figlio, tanto più se piccolo e bisognoso di tutto, malato, sofferente o disabile. Che ruolo hanno i bambini nel mondo? Che posto occupano nei nostri pensieri? Sappiamo offrire loro gli strumenti perché siano protagonisti del loro futuro? Con l’invito a che la Chiesa sia sempre accogliente nei confronti della vita fin dal suo concepimento e di ogni bambino che nasce, il Papa ci sprona ad un’attenzione particolare di cui la famiglia non può che essere la prima protagonista. È l’attenzione di un ascolto qualificante dei nostri figli. Considerarli degni di un ascolto serio, che non riguarda solo il soddisfacimento dei bisogni primari e secondari (quante volte si pensa di barattare servizi e favori al posto di tempo e comprensione!), quanto piuttosto la capacità di entrare in sintonia con i loro sentimenti, con la loro visione del mondo, con quella loro propensione a ciò che è essenziale, davvero centrale nella vita. Ascoltare così i bambini apre orizzonti imprevedibili e fa bene anche a noi adulti invitandoci a liberarci di tante apprensioni per sovrastrutture che possono far perdere energie preziose. Possiamo abbeverarci alla fantasia dei bambini e riscoprire attraverso il loro sguardo la passione per la vita che in noi tende talvolta a scemare. Riconoscere la dignità dei nostri figli vuol dire anche saperli donare al mondo. Essi sono frutto dell’amore sponsale, ma dal giorno della loro nascita non sono proprietà dei genitori e questa è una verità difficile da far propria. Padri e madri sono chiamati ad un amore superiore a quello dell’attaccamento fisico, essi sono chiamati ad amare la libertà dei loro figli e quindi ad educarli perché nella vita siano sempre più liberi e coraggiosi, non schiavi di nessun potere. Oltre ai tanti diritti essenziali che il Papa ricorda, i bambini hanno diritto ad un’educazione che li faccia crescere non solo nell’obbedienza delle regole, ma nella piena consapevolezza di sé, dei propri talenti e dei propri limiti, pronti per affrontare a testa alta le sfide dell’esistenza. Infine la cura del bambino – dice ancora il Papa – «è la primaria e fondamentale verifica della relazione dell’uomo all’uomo». In sostanza stare con i bambini, accudirli, trascorrere del tempo con loro ci rende più umani, ci abitua a saper ritrovare ritmi più naturali, ma soprattutto ci riconcilia con la vita, ci provoca con una costante sollecitazione alla positività, a guardare al futuro con speranza. Il Papa cita il suo discorso all’assemblea generale delle Nazioni Unite, il 2 ottobre 1979 in cui aveva chiamato i bambini «primavera della vita». Esattamente dieci anni dopo quel discorso, il 20 novembre 1989, fu emanata la Convenzione sui diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite. Come non immaginare che anche il Papa e la Chiesa abbiano contribuito a quel testo fondamentale e punto di riferimento per il mondo, ma oggi a che punto siamo? Inutile fare del facile disfattismo, molti passi sono stati fatti, ma certo ci sono ancora tanti traguardi da raggiungere: solo quando non ci sarà più infanzia abusata, solo quando non ci saranno più bambini schiavizzati in condizione disumane di lavoro, solo quando non ci saranno più bambini soldato, solo allora potremo chiamare umana la nostra civiltà. (Giovanni M. Capetta – Sir)

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