Educare al rispetto

16 Marzo 2021 – Della donna è da rilevare, anzitutto, l’eguale dignità e responsabilità rispetto all’uomo: tale uguaglianza trova una singolare forma di realizzazione nella reciproca donazione di sé all’altro e di ambedue ai figli, propria del matrimonio e della famiglia. Quanto la stessa ragione umana intuisce e riconosce, viene rivelato in pienezza dalla Parola di Dio: la storia della salvezza, infatti, è una continua e luminosa testimonianza della dignità della donna. […]. Purtroppo il messaggio cristiano sulla dignità della donna viene contraddetto da quella persistente mentalità che considera l’essere umano non come persona, ma come cosa, come oggetto di compravendita, al servizio dell’interesse egoistico e del solo piacere: e prima vittima di tale mentalità è la donna. (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, dai nn. 22 e 24, 22 novembre 1981)

 

La terza parte dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio si apre con un monito che è stato da molti giustamente ripreso: “Famiglia, diventa ciò che sei!”. Un monito che è anche un auspicio secondo il quale la famiglia nel disegno di Dio Creatore e Redentore può davvero trovare la sua piena identità ed anche la sua missione. Come si organizzano i compiti della famiglia cristiana? Prima di tutto nella formazione di una comunità di persone, poi nel servizio alla vita; con la partecipazione allo sviluppo della società e con la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa. Nell’ambito del primo gruppo di compiti, dopo alcuni paragrafi che il Papa dedica alla natura indissolubile della comunione di amore che si instaura fra i coniugi, l’esortazione si sofferma sui diritti e compiti della donna. Una privilegiata attenzione che il Sinodo ha voluto rimarcare con spirito profetico richiamando l’eguale dignità e responsabilità della donna rispetto all’uomo. Fondare questa uguaglianza di maschio e femmina nel disegno della Creazione è di vitale importanza per riconoscere alla donna dei diritti che la storia ha spesso negato. Donna è Maria Vergine attraverso cui il Verbo si fa carne, donna è Maddalena a cui per prima si rivolge Cristo risorto. La Parola di Dio è una fucina di donne che hanno inciso profondamente nella società a cui appartenevano e la Chiesa non può che riconoscere il pieno diritto delle donne di accedere ai compiti pubblici e vedere nel contempo riconosciuto l’onore e l’onere – spesso affidato loro in esclusiva – del lavoro domestico e dell’accudimento della prole. Se da un lato le donne non dovrebbero essere costrette al lavoro fuori casa e dovrebbero, se lo vogliono, potersi occupare solo della casa senza perdere in rispetto e dignità da parte degli uomini; così le donne oggi devono poter competere con gli uomini in ogni ambito del sapere e del lavoro umano. C’è da sviluppare un’attenzione più che alla parità, alla complementarietà, in un progetto organico che vede uomini e donne cooperare per lo sviluppo della società e nel contempo una crescita armonica delle famiglie. Purtroppo come nel passato le donne sono state vittime di una sottomissione indebita, ancora oggi subiscono discriminazioni che non hanno fondamento alcuno e sono da condannare con determinazione. Dalla strumentalizzazione della persona come cosa derivano tante forme di iniquità come la schiavitù, l’oppressione dei deboli, la prostituzione e la pornografia. Ci sono, poi, alcune categorie di donne che più di altre subiscono le discriminazioni che derivano da una visione materialista della realtà: sono le spose senza figli, le vedove, le separate, le divorziate, le madri nubili. A tutte queste persone il Papa rivolge un’attenzione speciale. Sono ormai passati quarant’anni da questa presa di posizione di Giovanni Paolo II, ma da allora la Chiesa non ha mai abbassato la guardia nei confronti della fragilità con cui spesso il genere femminile deve confrontarsi nel suo approccio al mondo. Non più tardi di una settimana fa, in occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, così ha scritto l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini: “L’uomo senza la donna, la donna senza l’uomo cantano la malinconica elegia dell’incompiuto. Contro la viltà del prepotente, contro la violenza ottusa che colpisce, contro la pretesa aggressiva di possedere, contro la perfidia dell’umiliare, alzerò il grido della protesta. E sarò la voce di ogni donna ferita, di ogni giovinezza negata, di ogni bellezza sfruttata, di ogni fedeltà tradita”. Se la contemporaneità non ha fatto tanti passi in avanti in questo senso, compito della comunità cristiana non è in prima istanza quello di produrre leggi a protezione della donna – onere che va alle istituzioni – quanto quello di educare le coscienze ad un rispetto che dovrebbe essere naturale, ma spesso non si dà come dovrebbe. È vitale per la crescita armonica delle nostre famiglie che le donne si sentano libere di essere professioniste, mogli e madri in un contesto sociale che valorizzi sempre il loro ruolo senza approfittarsi di esse o sminuirne gli sforzi. Al di là di decreti e quote rosa, sono le anime che devono essere educate e questo, ancora una volta, è in famiglia che avviene fin dai primi anni di vita. Una convivenza fra maschi e femmine che si alimenta di rispetto, accoglienza e comprensione in un cammino lungo e a tratti faticoso ma in cui non ci si può fermare. (Giovanni M. Capetta​)

 

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