4 Febbraio 2021 – Gesù esce dalla sinagoga e va nella casa di Simone: inizia la Chiesa. Inizia attorno ad una persona fragile, malata: “la suocera di Simone era a letto con la febbre”. Gesù la prende per mano, la solleva, la libera e lei, non più imbrigliata dentro i suoi problemi, può occuparsi della felicità degli altri: “ed ella li serviva”.
La vera guarigione genera l’atteggiamento di servizio, che fa passare la persona da uno stato di paralisi a una disponibilità sollecita e pronta. È sempre questa la prima e più rilevante vittoria sul male che affligge il mondo.
Un miracolo dimesso, poco vistoso, senza neppure una parola da parte di Gesù, eppure ci ispira a credere che lo spazio di Dio, il luogo dove atterra la sua potenza, è tutto l’uomo, anche i suoi limiti.
Dopo il tramonto del sole, finito il sabato con i suoi divieti (proibito anche visitare gli ammalati) tutto il dolore di Cafarnao si riversa alla porta della casa di Simone. È l’umanità che raggiunge Gesù in piedi, sulla soglia, tra la casa dove Lui è e la strada dove loro vivono: luogo fisico e luogo dell’anima, il luogo dove Dio incontra ogni uomo, in tensione tra certezze (le sue fatiche, i dolori) e speranze (di guarigione, di salvezza).
Da quell’abbraccio scaturiscono le guarigioni, preludio di una nuova creazione, operata da Dio in Gesù e raccontata al ritmo della Genesi: ‘e fu sera e fu mattino …’.
Un mattino che da lì a poco Gesù inizia con la preghiera: “al mattino presto si alzò quando era ancora buio e, uscito, si ritirò in luogo deserto e là pregava”. Pur assediato, sa inventare spazi. Di notte! Quegli spazi segreti che danno salute all’anima, a tu per tu con Dio.
Simone lo insegue, con ansia; lo raggiunge e interrompe la preghiera: “tutti ti cercano”. E Gesù non si sottrae alla richiesta ma, mostrando che Lui non è nato per fermarsi ma per camminare, risponde: “andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là: per questo infatti sono venuto!”.
Il ‘tutti’ di Pietro, come il nostro, non coincidono con il ‘tutti’ di Dio.
Non certo perché Dio nasconda qualcosa; ma perché noi non siamo portati a guardare ‘altrove’.
Per questo, ‘emigrare’ è anche un moto dello Spirito! (p. Gaetano Saracino)