Migrantes Torino: ieri la Festa dei Popoli con mons. Nosiglia

7 Gennaio 2021 –

Torino – Ieri mattina il Duomo di Torino ha accolto una rappresentanza delle Cappellanie etniche della diocesi nella celebrazione della Messa dell’Epifania. Come ogni anno la Migrantes di Torino organizza la Festa dei Popoli che solitamente ha inizio con la celebrazione eucaristica e prosegue nel pomeriggio con le esibizioni delle comunità tra musica, danza e teatro. Quest’anno, vista l’emergenza sanitaria, la giornata dedicata ai popoli è stata celebrata con la sola funzione religiosa presieduta dall’Arcivescovo e co-celebrata da alcuni dei sacerdoti a capo delle singole cappellanie. Erano presenti le comunità filippina, romena, latino-americana, anglofona, francofona, lusofona, brasiliana, peruviana, srilankese, ucraina, ecumenica. Ad animare la celebrazione il coro multietnico e le preghiere dei fedeli nelle diverse lingue. L’arcivescovo, mons. Cesare Nosiglia nell’omelia ha ringraziato le comunità etniche ricordando il grande legame di fratellanza che ci unisce e la Migrantes per la testimonianza di unità e fede che dà nel suo lavoro quotidiano accanto alle sorelle e ai fratelli migranti. «Sul territorio colgo ‘segni di speranza’», a partire dalle famiglie, dalle aziende, dalle nostre comunità che si «aprono» all’altro. Mons. Nosiglia ha richiamato le parole dell’enciclica “Fratelli tutti” e la frase di Papa Francesco “Siamo tutti sulla stessa barca”, a proposito del difficile periodo che la pandemia ci costringe a vivere e della necessità di sentirsi parte di un’unica umanità.  

«Siamo più poveri, ma più solidali – ha affermato Sergio Durando, direttore della Migrantes di Torino -. L’anno appena trascorso è stato difficile, ma ci siamo scoperti capaci di trovare nuove forme per restare accanto a chi ha bisogno”». Durando, al termine della celebrazione, ha lanciato una provocazione affermando che l’accoglienza non basta più. È giunto il momento di valorizzare le ricchezze culturali dei nostri fratelli, di andare oltre allo stereotipo che vede il migrante, in quanto tale, appartenere alla categoria degli ‘svantaggiati’. Siamo chiamati a un altro compito: quello di rendere cittadini i migranti!».

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